La vita della critica

di ILARIA PIPERNO

Matteo Marchesini, Casa di carte e Poesie italiane 2018. 

La critica letteraria è viva, gode di ottima salute e continua a esercitare quel potere di serio scandagliamento e proficua sistematizzazione del passato e presente letterario a cui aspira. Questo viene da dire dopo aver letto Casa di carte. La letteratura italiana dal boom ai social di Matteo Marchesini, e il volume da lui curato Poesie italiane 2018.

Non per pura provocazione, per carità, ma nel tempo le cicliche inchieste sulla vitalità della letteratura e della critica letteraria nostrana si sono susseguite con una tale costanza da far immaginare un abisso senza fondo, un pozzo oscuro senza possibilità di risalita. E invece eccola qui quella distesa chiarezza, la speculazione marcata ma senza fronzoli che illumina il nostro presente letterario, ancorata senza ombre alla storicità – ben diversa dallo storicismo  ̶ eppure in grado di immergersi a fondo nella contemporaneità per illuminarne i meccanismi più o meno nascosti, dare una seconda vita a scrittori poco frequentati o tentare onestamente una “critica della critica”.

Nel leggere questi due volumi quello che salta agli occhi è, prima di tutto, la possibilità preziosa di osservare il critico al lavoro. Questa sembra un’ovvietà, eppure così non è, non in questi nostri tempi in cui la critica letteraria fatica a trovare spazi ampi in cui esprimersi, che non possono essere le recensioni su quotidiani e riviste che hanno costituzionalmente un diverso fine. «Matteo Marchesini è il miglior critico della sua generazione» (che è poi la mia) recita la quarta di copertina di Casa di carte prendendo a prestito una citazione di Alfonso Berardinelli.

Personalmente non so se questo sia vero, di sicuro per chi sfoglia queste pagine è impossibile non confrontarsi con una mente libera, che sa donare agli altri qualcosa che la critica, a mio avviso, deve saper donare: non soltanto giudizi, quanto la problematicità profonda e motivata di essi nel corso della storia, presente e passata, disegnare un orizzonte per il lettore, dare respiro, innescare polemiche, anche, se e quando necessario, perché, per fortuna o per disgrazia, la critica letteraria si fonda su un terreno non ingegneristico né economico, quanto speculativo e senziente.

Un chiaro esempio del crinale in cui si muovono – o dovrebbero muoversi – gli interrogativi del ragionare critico ce lo offre Marchesini proprio all’inizio della sua Premessa a Poesie italiane 2018: «Come tutti i compiti al tempo stesso vaghi e potenzialmente sterminati, anche quello di fotografare un anno di poesia italiana può essere preso alla leggera o assunto con una certa angoscia» (Marchesini 2019, p. 5). E ancora: «Come stabilire gradi e livelli, come scegliere in mezzo a quelle suggestioni inafferrabili o a quelle immagini scontornate o viceversa troppo, troppo chiare? Quale collezionare, tra gli innumerevoli embrioni o spettri lirici che dopo una certa dose danno assuefazione, prendono per stanchezza e persuadono a trattarli come cosa salda?» (ivi, pp. 6-7).

Del suo volume Casa di carte si era parlato nell’inverno del 2018 proprio a causa di una polemica editoriale: il volume doveva essere pubblicato dalla casa editrice Bompiani, ciò non è avvenuto per la scelta dell’autore di non assecondare la richiesta dell’editore di eliminare alcune pagine riguardanti alcuni scrittori italiani contemporanei. Tutto ciò a libro finito e con copertina pronta. Siamo felici che un altro editore abbia deciso di pubblicare questo libro, perché sarebbe stato davvero un grande peccato non poterlo leggere. Che gioia ritrovare l’amato Saba finalmente compreso nel saggio Perché Umberto Saba non è popolare in Italia, che sollievo osservare Bassani tornare a nuova vita nelle pagine di Bassani, postumo a priori, che sorpresa capire con chiarezza perché Domenico Rea sia rimasto sepolto dal boom mentre Arbasino vi abbia trovato i natali, nei due saggi che Marchesini dedica loro.

Casa di carte è sì una raccolta di saggi, ma è così organica – nel senso migliore del termine – da far dimenticare che sia una raccolta, è invece una visione compatta della nostra letteratura, un sincero atto critico in fieri. Viene da pensare alle pagine di De Benedetti in Il romanzo del Novecento, quell’opera capitale basata sui corsi universitari tenuti dal critico forse meno accademico della sua generazione.

È notevole che Marchesini abbia voluto inserire anche un saggio dedicato alla critica tematica, Letteratura e vergogna, che così giustifica:

Il dilagare di questo genere di critica indica la progressiva marginalizzazione dello “specifico” letterario. I Grandi Temi su cui si basano monografie e manuali sono spesso oggetti astratti, puri contenitori, termini da motore di ricerca informatico […] Credo che la cosiddetta critica tematica abbia senso solo se il tema coglie insieme un’ossessione personale […] e una costellazione di testi ben illuminati nelle loro affinità e differenze stilistiche, prospettiche, storiche. Dei risultati non posso ovviamente giudicare; resta il fatto che solo davanti alla “vergogna”, per i fili che intreccia in me in un unico nodo, mi sono sentito autorizzato a tentare questa strada (ivi, p. 246).

 

In questo breve passaggio emerge il valore grande di questo libro ma, viene da dire, dell’operare critico tout court di Marchesini: si ha la percezione che avere fiducia nella critica non sia poi una cattiva idea, che il ragionamento non sia una ciarla, il giudizio non sia chiacchiericcio narcisistico, ma che il critico abbia una mente pulsante, un cuore che batte e una cultura poderosa intrisa di sensibilità.

E che proprio alla critica, quando si dona così, valga la pena ancorarsi nel nostro tempo per capire lo scompiglio della nostra letteratura senza sentirsi persi.

 Riferimenti bibliografici
M. Marchesini, Da Pascoli a Busi. Letterati e letteratura in Italia, Quodlibet, Macerata 2014.
Id., Casa di carte. La letteratura italiana dal boom ai social, Il Saggiatore, Milano 2019.
Id., a cura di, Poesie italiane 2018, Elliot, Roma 2019.

*L’immagine di anteprima dell’articolo è Il castello di carte (Jean-Baptiste-Siméon Chardin, 1737).

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