Leggendo Lezione sulla cultura popolare (Colombo 2025), un breve libello che raccoglie un ampiamento dell’ultima lezione tenuta il 13 novembre 2024 da Fausto Colombo – prima del suo commiato accademico dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove insegnava Sociologia dei processi culturali, e della sua prematura scomparsa (1955-2025) – ci accorgiamo di come buona parte dello studio sui media possa essere ricondotto a una semplice questione di metodo.

Tutta la carriera di Colombo, che è una di quelle carriere impossibili da sintetizzare in poche parole, è stata peraltro proprio un elogio alla semplicità del metodo, oscillando in continuazione tra il polo del rigore e quello dell’immaginazione. Lo testimoniano innanzitutto i tantissimi insegnamenti da lui tenuti in molti dei primi corsi di laurea interfacoltà di Scienze della comunicazione che sono sorti a bizzeffe negli anni novanta. Lo testimonia anche la sua vastissima produzione scientifica, che nonostante abbia toccato in più occasioni temi che almeno agli inizi potevano risultare ancora abbastanza inusuali per l’accademia, è sempre stata accompagnata da un rigoroso procedere metodologico che si è alimentato da spinte immaginative di impatto, evidenti nella definizione di cultura sottile (Colombo 1998) o nella visione etico-ecologica dell’ecosistema mediale (Colombo 2020). È dunque naturale che in questo volumetto, il cui contenuto va ben oltre la mera “lezione” da cui è tratto e che gli dà il titolo (citando volutamente il Barthes della nota lezione sulla semiotica letteraria), si leggano non solo i percorsi di questa impostazione metodologica e i risultati di una ricerca quarantennale, ma soprattutto se ne delinei il senso e l’eredità.

Due sono gli assi di senso di questo procedere, delineati da Colombo con la sua consueta prosa rigorosa e lineare fatta di frasi brevi e incisive, citazioni e rimandi abbondanti ma misurati. Il primo è l’applicabilità estensiva di questo metodo ben oltre i confini della sociologia. Nonostante l’intento di costruire un metodo puramente “sociologico”, ponendo sotto la sua lente tutti i prodotti della cultura popolare senza distinzione alcuna, il sociologo non si limita a leggerli come meri risultati di uno specifico processo produttivo, ma li fotografa come corpi vivi che fluttuano in continuazione, e si riconfigurano grazie ad agenti diversi come il lavoro dei media, le pratiche della creatività umana, le forme di ricezione e molto altro. Per poter analizzare questo continuo ricircolo non serve però decentrare il prodotto, anzi, è più che mai necessario porlo al centro del proprio modello: come afferma Colombo nel secondo capitolo, non bisogna infatti mai “rimuovere” dal pensiero e dal proprio agire il fatto che «la cultura si compone di oggetti, attitudini, comportamenti, modi di fare e di dire», e soprattutto che «tutto ciò si sostanzia nei suoi prodotti visibili» (Colombo 2025, p. 45).

Se il risultato di questa riflessione è uno schema fortemente prodotto-centrico, Colombo riesce tuttavia a calibrare lo sguardo ponendo il prodotto al centro di un ecosistema culturale complesso. Una sorta di rettangolo d’irradiazione formato da quattro vertici che agiscono sul prodotto stesso in modo diverso e in termini attivi e retroattivi: i contesti, le strutture, i generi/le tendenze e le soggettività. In questo modo non solo riesce a superare definitivamente le derive testo-centriche di buona parte della semiotica novecentesca, ma le riconfigura come caratteristiche culturali nel senso più estensivo del termine, evitando sia le aporie sociosemiotiche, sia la chiusura nei confini della sola sociologia. Gli studiosi dei media e degli audiovisivi possono difatti ritrovare in questi quattro poli molte categorie concettuali utilizzate da tempo nei loro comparti disciplinari: i caratteri dell’autorialità, le classificazioni di genere, le logiche produttive e le forme della ricezione, ma anche meccanismi più complessi come l’imitazione, l’intertestualità e la serialità, che rientrano parimenti nelle categorie delle strutture e delle tendenze.

Analizzare in questo modo i prodotti non è dunque mai un’azione solo sociologica, ma può portare la ricerca verso territori inaspettati e inesplorati: ecco allora che il rigore si trasforma in immaginazione, il secondo asse di senso del volume. Lavorare in questi termini permette infatti di superare ogni forma di confine esclusivista, per cogliere in termini inclusivi elementi difficilmente individuabili con i soli strumenti estetico-analitici delle singole discipline. Non ci sorprendono, in questo senso, i tanti riferimenti al cinema, presenti come esempi di soggettività che si possono esprimere secondo logiche sia autoriali che produttive o riorganizzative. Ne sono un esempio prototipico la storia «delle maschere dello spettacolo popolare» (ivi, pp. 58-59), ossia quelle figure che la Barsotti (2007) avrebbe definito attori-autori, o che oggi possiamo definire autori o brand intermediali, come Totò e Franca Valeri, ma anche i Massimo Boldi e Christian De Sica dei cinepanettoni e Checco Zalone (gli esempi italiani sono dovuti al fatto che il volume è circoscritto alla sola cultura popolare del nostro paese). Inevitabile, poi, il riferimento al cinema anche tra i generi e le tendenze, tra cui Colombo cita il crime, il giallo transmediale e gli spaghetti western (Colombo 2025, pp. 60-61). Facendo convergere nell’analisi dei prodotti tendenze/generi, soggettività (tutte quelle coinvolte, anche quelle più nascoste), strutture e contesti si può allora spingere con rigore la ricerca oltre il conosciuto, e attivare l’immaginazione per cogliere quei segnali che spesso l’analisi dei soli prodotti fa rimanere latenti.

Da questi due assi di senso, messi alla prova nell’analisi de L’inferno di Topolino nella terza e ultima parte del volume (dopo una prima dedicata ad alcune mappature delle definizioni di cultura popolare), emerge allora la grande eredità di questo volume e di tutta la carriera di Colombo: la semplicità di questo metodo, e forse di tutti i metodi definibili come tali. Secondo il sociologo, infatti, per essere rigorosi e immaginativi non serve costruire modelli complessi: è sufficiente una «proposta semplice» (ivi, p. 45) come questa, ma che possa funzionare anche per oggetti e soggetti più complessi. Un esempio di questi è il cantautore Franco Battiato, che per Colombo ha agito «dissolvendo la distinzione artificiosa tra cultura d’élite e cultura popolare» (ivi, p. 39). Certo, per applicare questo metodo è necessario accettare i «media come veicoli di una vera e propria cultura popolare, sia pure con caratteristiche proprie come quella di grandi pubblici o audiences, eterogenei socialmente dal punto di vista del capitale economico, relazionale e culturale ma unificati proprio dal consumo di determinati prodotti mediali» (ivi, p. 41). Assodato ciò, possiamo valutare i prodotti della cultura popolare come dispositivi che riflettono paesi, territori e tendenze, e la cui analisi ci permette di ricostruire quello spazio di costruzione delle identità collettive che è la cultura popolare veicolata e costruita dai media.

Al termine della sua carriera, Colombo ribadisce ancora una volta con forza come la ricerca nell’ambito dei prodotti della cultura popolare e dei media debba configurarsi come una riflessione pubblica: una riflessione che rivendichi la possibilità di ripensare in modo critico tutti gli oggetti che ci circondano, i consumi culturali che viviamo e persino quegli oggetti che di primo acchito ci sembrano dimenticabili, se li consideriamo attraverso certe categorie concettuali. Solo in questo modo la ricerca nell’ambito dei media può agire sia come parte integrante dell’ecosistema culturale, che come una pedagogia diffusa tale da rinsaldare in chiunque vi si approcci la capacità di orientarsi nel mondo in qualunque epoca e spazio.

Riferimenti bibliografici
A. Barsotti, Eduardo, Fo e l’attore-autore del Novecento, Bulzoni, Roma 2007.
F. Colombo, La cultura sottile: media e industria culturale in Italia dall’Ottocento agli anni Novanta, Bompiani, Milano 1998.
Id., Ecologia dei media: manifesto per una comunicazione gentile, Vita e pensiero, Milano 2020.

Fausto Colombo, Lezione sulla cultura popolare, Vita e pensiero, Milano 2025.

Share