Così come nella vita di Leonardo, anche nell’esposizione a lui dedicata a Parigi, tutto ha inizio nello studio del Verrocchio. A questa prima fase di apprendistato i curatori dedicano larga parte del percorso, sottolineando così come questi primi anni al seguito del maestro fiorentino siano determinanti nella formazione dell’artista. La mostra infatti si concentra soprattutto sulla ricerca e l’indagine artistica condotta da Leonardo nel corso della sua vita. Da qui la scelta di esporre un’immensità di studi, di disegni preparatori e di reflettografie. Le opere che incontriamo si presentano quindi come il retroscena della creazione dell’artista, permettendoci di comprendere quale indagine si celi dietro il suo genio.  Come racconta Vasari il periodo di apprendistato presso il Verrocchio ha inizio grazie al padre di Leonardo, Pietro, che chiede all’amico di accogliere il figlio a lavorare con sé, dopo avergli portato alcuni dei suoi disegni (Vasari 1986, p. 549). Egli accetta probabilmente più per il talento del ragazzo che per l’amicizia con il padre. Secondo Vasari infatti il maestro è da subito stupefatto dal talento del giovane artista.

All’inizio Leonardo, com’era abitudine per i giovani appena arrivati, deve adempiere i compiti più ingrati: si occupa del materiale, fabbrica o pulisce i pennelli, prepara i diversi pigmenti per i colori, dalla terra di Siena al nero vegetale. Accanto a queste attività poco gratificanti, ma indispensabili all’acquisizione delle competenze artigianali, egli riceve un insegnamento di natura politecnica. Verrocchio infatti è architetto, ingegnere, pittore, scultore e orafo e riceve commissioni di ogni tipo, ed è proprio seguendo le sue molteplici attività che Leonardo si forma. La collaborazione tra maestro e allievo è da subito stretta e intensa. Il Battesimo di Cristo è una delle opere in cui questa collaborazione è più evidente.

La scena raffigura Giovanni Battista, che versa dell’acqua su Cristo sotto lo sguardo di due angeli inginocchiati sulle rive del Giordano. Sebbene il quadro originale non sia presente, la sua riflettografia permette di vedere il disegno preparatorio dei drappi di Giovanni Battista, dipinti da Verrocchio, e i tronchi d’albero nel paesaggio, poi eliminati da Leonardo per far spazio a un decoro più vaporoso delle montagne. Leonardo dipinge l’angelo radioso all’estrema sinistra e Vasari racconta che questa figura impressionò talmente tanto Verrocchio che il maestro decise, dopo quell’episodio, di non prendere più in mano un pennello.

«Lionardo lavorò uno angelo, che teneva alcune vesti; e benché fosse giovanotto, lo condusse di tal maniera, che molto meglio de le figure d’Andrea stava l’angelo di Lionardo. Il che fu cagione c’Andrea mai più volle toccare colori, sdegnatosi che un fanciullo ne sapesse più di lui» (Vasari 1986, p. 550).

Osservando i due angeli, vediamo infatti che Leonardo supera il maestro. L’angelo del Verrocchio ha un’espressione fissa e sembra stupito nel trovarsi accanto una figura più espressiva di lui, mentre l’altro presenta un movimento tipicamente leonardesco: la torsione del busto contrasta con l’orientamento della testa. Confrontando quest’opera con la prima in assoluto che incontriamo nella mostra, l’Incredulità di San Tommaso del Verrocchio, ci accorgiamo che il maestro fiorentino eccelle nella rappresentazione scultorea del movimento e che Leonardo sviluppa la stessa capacità nella pittura.

Questa scultura in bronzo fu commissionata a Verrocchio nel 1467 dal Tribunale della Mercanzia. Durante il suo apprendistato rappresentò per Leonardo la prima fonte di ispirazione. Il giovane artista, come tutti i suoi biografi affermano, ebbe infatti un’importante attività di scultore all’interno della bottega. Intorno al 1478 Leonardo trovò una forma di espressione autonoma della lezione del Verrocchio. Essendo la forma nient’altro che un’illusione che il mondo, nel suo perpetuo movimento, cerca continuamente di strappare, il pittore allora non può che negarla. Questo assalto violento contro la forma, Leonardo lo realizza attraverso il disegno e nomina questa sua necessità di tradurre il movimento componimento inculto. Lo Studio di Vergine e bambino detta Madonna della frutta è stato scelto dai curatori come una delle manifestazioni eclatanti di questa novità leonardesca.

Oltre alla scultura, un altro degli esercizi imposti nello studio del Verrocchio, consiste nel disegnare degli «studi di drappi». Alcuni di questi sembrano essere stati realizzati come progetti di quadri, altri costituiscono probabilmente dei semplici esercizi. Questi disegni incoraggiano Leonardo a sviluppare uno degli elementi chiave del suo genio artistico: la capacità di usare l’ombra e la luce al fine di rafforzare l’illusione del volume degli oggetti rappresentati in due dimensioni. È così che il giovane artista apprende il chiaroscuro, una delle tecniche, che costituiranno il suo manifesto artistico. Oltre a questa prima tecnica, lo studio dei drappi gli consentirà anche di svilupparne un’altra, quella dello sfumato che, a detta del Vasari, proclamò Leonardo come l’inventore della maniera moderna di dipingere.

Allo studio dei drappi la mostra dedica una cospicua parte, esponendo tra i vari disegni il Drappo per una figura seduta di Leonardo e uno Studio per il mantello di S. Anna, realizzato in vista del quadro S. Anna, la vergine e il bambino con l’agnellino. In totale vi sono ben undici opere tra quadri e disegni dedicati alla figura di S. Anna. Infatti Leonardo, prima di intraprendere l’esecuzione del suo quadro, ne ha immaginate diverse composizioni. Con questo studio, dedicato al mantello, Leonardo concepisce una nuova disposizione dell’abito della Vergine rispetto a quello che aveva realizzato per la versione del 1500 su pietra nera, conservato oggi alla National Gallery di Londra. Il mantello qui cade naturalmente ed è animato da diverse pieghe, che danno l’impressione di un avvolgimento continuo della stoffa.

È con la Madonna Benois Leonardo afferma per la prima volta una personalità artistica fortemente indipendente in termini di realizzazione formale. Il quadro è caratterizzato da un’atmosfera tenebrosa. La Vergine è seduta, avvolta da un’aurea scura. La sola fonte di luce è quella che proviene dal suo viso e da quello del bambino, che tiene sulle ginocchia. Le forme dietro si distinguono appena. Qui Leonardo fa ampio uso del chiaroscuro e questo gli permette di giocare sulle prospettive e di sottolineare la profondità dei campi, accentuando così il carattere drammatico della scena.

Leonardo integra ne la Madonna Benois il risultato di esperimenti e osservazioni, che ha realizzato lavorando al disegno Studio per la Madonna del gatto. Si tratta di un lavoro giovanile, che da sempre ha incuriosito la critica, poiché non c’è certezza che Leonardo abbia poi realizzato quest’opera su tela. Il bambino in queste due opere si torce in maniera simile, cercando di afferrare maldestramente il fiore dalla mano della madre. Maria ha il ginocchio sinistro sollevato e mantiene il figlio con la mano sinistra e sorride di fronte all’interesse inquisitorio che lui manifesta.

La scelta di affiancare numerose tele agli studi preparatori ad essi dedicati riguarda anche un altro quadro: L’Adorazione dei Magi, che però è assente. In compenso il Louvre espone diversi studi dei personaggi, oltre ad uno studio per la prospettiva, una riflettografia del quadro finale e uno studio per la composizione del quadro. È fortemente probabile che Leonardo si sia ispirato qui a un’opera di Sandro Botticelli sullo stesso tema. La maggior parte dei personaggi rappresentati nel disegno stanno combattendo e ciò indica che Leonardo ha deciso di non rispettare la tradizione, che voleva che i re magi fossero in un momento di festa. La grande assente di questa mostra è sicuramente la Gioconda, che da un’altra sala del Louvre sembra spiarci, mentre siamo impegnati ad osservare altre figure femminili, che sono avvolte nel suo mistero e che, anche per datazione storica, le cedono il passo.

Riferimenti bibliografici
V. Delieuvin, La Sainte Anne, Louvre éditions, Città di Castello 2012.
W. Isaacson, Léonard de Vinci, Presses polythechniques et univeritaires, Lausanne 2019.
J. Koering, Léonard de Vinci Dessins et peintures, Hazan Éditions, Paris 2007.
R. Tucker, P. Crenshaw, Un autre regard sur Léonard de Vinci, Rizzoli, New York 2011.
G. Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori ed architetti, Einaudi, Torino 1986.
F. Zöllner, Léonard de Vinci, Taschen, Köhn 2017 .

Leonardo da Vinci, Muséè du Louvre, Parigi, 24 ottobre 2019 – 24 febbraio 2020.

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