Il volume intitolato La mente umana raccoglie cinque saggi, finora inediti in lingua italiana, del grande psicologo Lev S. Vygotskij. Nell’Introduzione al volume, Luciano Mecacci, forse il principale studioso della figura di Vygotskij in Italia e uno tra i più importanti nel mondo, traccia un nitido profilo teorico del rivoluzionario ricercatore russo. Uso intenzionalmente il termine “ricercatore”: l’etichetta di scienziato schiaccerebbe troppo il pensiero di Vygotskij su una lettura riduzionista; quella di studioso darebbe l’impressione di una psicologia tutta speculativa e filosofica, come ancora ne circolavano parecchie ai tempi in cui egli visse e lavorò. E ricercatore sul campo lo fu sul serio, soprattutto con gruppi di bambini e ragazzi, addirittura in Uzbekistan, in una regione periferica dell’impero sovietico. Non a caso uno dei saggi pubblicati è dedicato alla funzione psichica del gioco nel bambino e un altro ai difetti cognitivi, che lo stesso Vygotskij ebbe modo di osservare e studiare con ragazzi che vivevano in contesti sociali e culturali svantaggiati.

La figura di Vygotskij e il suo contributo alla psicologia e alla pedagogia sperimentali sono stati per decenni oggetto di alterne fortune. Da un lato, nella Russia staliniana i suoi scritti sono stati ignorati, secondo una strategia di autocensura promossa per necessità dagli stessi allievi e collaboratori, in testa Lurija e Leont’ev. La condanna ufficiale dei sovietici riguardava in parte le posizioni politiche dell’autore, vicino a Trotskij e che rifiutò sempre di omaggiare formalmente Stalin nei suoi scritti; in parte dipendeva dalla diffidenza verso una scienza “borghese”, quindi decadente, come la psicologia. Dall’altro lato, complice anche la destalinizzazione cominciata nella seconda metà degli anni cinquanta del secolo scorso, il pensiero di Vygotskij è stato ampiamente riscoperto e rivalutato in Occidente e in modo particolare negli Stati Uniti d’America, dove è nato un movimento di psicologia neo-vygotskjiana. Ma anche di questa fase di rinascita Mecacci mette in rilievo i limiti, dovuti non solo a traduzioni spesso inaccurate o parziali degli scritti del maestro, che finirono per dare del suo pensiero una rappresentazione troppo univoca e unilaterale. Mecacci può dirlo senza tema di smentita, dal momento che è il traduttore della nuova, e ormai definitiva, edizione italiana del principale saggio vygotskijano, Pensiero e linguaggio, uscita per i tipi della Laterza nel 1990. Egli lamenta pure il fatto che le innovative ipotesi sviluppate da Vygotskij siano state integralmente arruolate all’interno del nascente paradigma delle scienze cognitive, facendo dello psicologo un cognitivista ante litteram, anche per via di una non sempre congrua assimilazione con le teorie di Jean Piaget.

Di fronte a una fortuna critica così alterna, Mecacci si sforza di riaffermare l’assoluta novità del pensiero di Vygotskij, che non si lascia affatto riassumere nell’idea di un influsso determinante dell’ambiente “socio-culturale” sulla formazione mentale del bambino e del ragazzo. A ragione il curatore afferma che una simile verità appartiene a tutta la psicologia sperimentale moderna e che l’originalità del contributo vygotskijano va cercata altrove. Il riferimento a un fattore sociale, sia pure coniugato con un fattore culturale, nella vita della mente è troppo vago e può dare adito a malintesi. Si potrebbe pensare che scopo dello sviluppo delle facoltà cognitive sia l’adeguamento a una norma già stabilita all’interno del contesto, appunto “socio-culturale”, in cui il bambino o il ragazzo si trovano a vivere. Vygotskij ha in mente una pedagogia assai più libera e creativa, il cui referente non è l’appartenenza sociale dell’individuo, bensì il suo radicamento storico. Ciò implica evidentemente il riconoscimento non solo del fatto che l’individuo è un processo in continuo divenire, ma anche che la realtà che circonda l’individuo è fatta da una o da una serie di processualità in divenire. L’impianto teorico della psicologia sperimentale vygotskijana si regge dunque, più che su un presupposto “socio-culturale”, su una condizione “storico-culturale”. Di qui viene anche la particolare ispirazione etica del lavoro sul campo e della produzione saggistica di Vygotskij: la formazione della mente e lo sviluppo delle sue capacità creative non mirano a saldare l’individuo al gruppo di appartenenza, ma al contrario a stimolarne la partecipazione autonoma al mondo che lo circonda.

Da questo punto di vista, come sottolinea opportunamente il curatore, è significativo il trattamento che l’autore riserva ai temi del gioco e dell’immaginazione. Il senso dell’attività ludica è secondo Vygotskij quello di mettere il bambino o il ragazzo a confronto con obiettivi che non può ancora raggiungere. Il gioco apre dunque un orizzonte di esplorazione del mondo che, al pari del “discorso interno” teorizzato in Pensiero e linguaggio, rappresenta un’inesauribile riserva creativa per l’individuo. Anche se non è un tema specificamente trattato nei saggi qui pubblicati, è bene ricordare che Vygotskij si è interessato in modo approfondito alla psicologia dell’arte. Mi permetto allora di suggerire che, se c’è un motivo filosofico indubbiamente presente nel pensiero di Vygotskij non è certo quello delle speculazioni più o meno metafisiche sull’anima o sullo spirito, ma è quello più circoscritto e definito criticamente dello statuto creativo della percezione e della sensibilità. In altre parole, egli pratica, non da filosofo ma psicologo sperimentale, un’estetica nel senso letterale del termine: aisthesis in greco vuol dire “percezione”, “sensazione”. Ne è conferma la collaborazione che egli portò avanti con il grande regista e teorico dell’immagine Sergej M. Ėjzenštejn. Analogamente l’immaginazione, che Vygotskij considera una facoltà esclusivamente umana, non va pensata come una sorta di facoltà dell’irreale e del fantastico. L’immaginazione va piuttosto intesa come un processo della mente, in cui emergono in modo evidente ed esemplare le valenze progettuali del pensiero. L’immaginazione non nasce per trasportarci nel regno del non esistente, ma per radicare le nostre esistenze (in divenire) nel processo vivente della storia.

Lev S. Vygotskij, La mente umana. Cinque saggi, a cura di Luciano Mecacci, Feltrinelli 2022. 

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