di FABRIZIO PALOMBI
La materia erotica di Lou von Salomé.

Salomè (Dieterle, 1953).
La recente ripubblicazione di alcuni importanti scritti teorici di Lou von Salomé, La materia erotica (Mimesis), rende nuovamente disponibile al lettore italiano un volume utile per comprendere la straordinaria vivacità intellettuale di una delle figure femminili più intriganti del panorama europeo tra XIX e XX secolo. Salomé, nata nel 1861 a Pietroburgo, in una famiglia di tradizioni militari e di origine francese, si trasferisce in giovane età in Europa occidentale dove intesse precocemente intense relazioni culturali e amicali con importanti intellettuali del tempo come Friedrich Nietzsche, Paul Rée e Rainer Maria Rilke. Nel 1887 sposa l’iranista Friedrich Carl Andreas con il quale resterà legata sino alla morte di quest’ultimo, avvenuta nel 1930, malgrado un matrimonio non consumato e nonostante la natura conflittuale del rapporto.
L’antologia mantiene il titolo della prima edizione italiana del 1979, riproponendo cinque saggi pubblicati in un periodo che s’estende dal 1900 (Riflessioni sul problema dell’amore) sino al 1921 (Il narcisismo come doppio orientamento) permettendo al lettore di ripercorrere un importante tratto dell’evoluzione teorica dell’autrice. I testi appaiono ancor più significativi considerando il sovrapporsi della loro cronologia con quella della fase teorica del “primo” Freud che inizia con l’Interpretazione dei sogni, del 1899 per concludersi con Al di là del principio di piacere, del 1920. Un dato storico significativo per interpretare la fase iniziale dell’itinerario teorico di Salomé, il suo incontro con le teorie freudiane, avvenuto nel 1911, e per valutare il suo successivo contributo al movimento psicoanalitico.
Il lettore percepisce facilmente lo scarto stilistico che intercorre tra il primo dei saggi presentati, impregnato da una concettualità filosofica, distante dalla scrittura di Sigmund Freud, e quelli successivi, segnati dal lessico psicoanalitico. Sono presenti anche riferimenti ad altri psicoanalisti come Alfred Adler, Sándor Ferenczi e Carl Gustav Jung, sebbene, quest’ultimo venga prevalentemente criticato per salvaguardare l’ortodossia freudiana. Si rileva, prescindendo da tale iato, anche la presenza costante di due registri che attraversano l’intera raccolta; essi sono costituiti dalla tematica amorosa e da quella dei paradossi generati dalla divisione soggettiva. Si potrebbe sostenere che per Salomé la materia erotica si sovrapponga alla stessa esistenza individuale e che la sua paradossalità ne costituisca la riposta ricchezza.
Lo scritto con il quale esordisce l’antologia coglie l’amore soprattutto nella sua facoltà di restituire all’individuo l’illusione della pienezza e unitarietà della propria vita. Salomé insiste, tuttavia, anche sulla problematicità dell’esperienza amorosa che, per sopravvivere a lungo, non può evitare di confrontarsi con le proprie contraddizioni: infatti, «un eterno rimanere estranei nell’eterna vicinanza» sarebbe, secondo l’autrice, «il segno più pertinente e inalienabile» dell’amore (Salomè 2018, p. 46). Una tesi, non priva di carattere autobiografico, sostenuta dalla convinzione secondo la quale sarebbe «sempre una stella irraggiungibile che noi amiamo, e ogni amore è sempre nella sua profonda essenza una segreta tragedia, ma proprio per il fatto di esserlo riesce ad avere effetti così potentemente produttivi» (ibidem).

Salomè (Bene, 1972).
Riflessioni analoghe, seppur diversamente articolate, compaiono anche nel secondo testo, intitolato Il tipo femmina (1914), dove il tema dell’amore viene accostato a quello della differenza sessuale. Le tesi di questo scritto orbitano intorno a due paradossi che descriverebbero la femminilità riflettendosi nella differente eroticità propria dei due sessi. Una simile eterogeneità, che oggi definiremmo di genere, è influenzata dalle ricerche contenute nei Tre saggi sulla teoria sessuale di Freud. Tra queste, innanzitutto, l’interpretazione del femminile come potenzialità di scindere e unire la «sessualità e la pulsione dell’io» (ivi, p. 56). Sembra utile ricordare anche una sorta di corollario, di questa tesi sulla femminilità proposta da Salomé, costituito dalla capacità della donna di vivere facendo coincidere la massima vitalità con l’estrema sublimazione (ivi, p. 61).
Il saggio intitolato «Anale» e «sessuale» (1915) e quello dedicato alla Psicosessualità (1917) si schierano esplicitamente dalla parte della psicoanalisi difendendola soprattutto dall’accusa di riduzionismo sessuale che diverrà rapidamente molto celebre sino a trasformarsi, addirittura, in un luogo comune. Lo scritto del 1915 sostiene il valore della sessualità infantile e delle scoperte freudiane relative alla fase anale nella convinzione che «dietro il normale disgusto e […] resistenza di noi tutti non di rado rest[a] nascosto un sapere» (ivi, p. 69). Salomé intende stigmatizzare quanti hanno liquidato come indecente la teoria psicoanalitica tentando di rischiarare particolari nessi problematici interni a essa riguardanti, più specificamente, il rapporto della sessualità con le funzioni anali.
Lo scritto del 1917 costituisce una ferma replica a coloro che hanno ironizzato sulla centralità della sessualità in Freud giungendo, talvolta, a identificarla pedissequamente con un generico e metafisico élan vital di tono bergsoniano; il bersaglio polemico è, in questo caso, costituito soprattutto da Pierre Janet. Il testo polemizza anche con quegli studiosi che attaccano le teorie freudiane per il loro dogmatismo pansessualista (ivi, p. 105). Queste pagine difendono tenacemente la classica impostazione psicoanalitica poiché «l’assunto che l’inizio della sessualità coincida con quello della vita stessa […] è da intendersi il più concretamente possibile» (ivi, p. 107). Salomé evidenzia, inoltre, il valore delle scelte lessicali di Freud che sarebbero molto precise poiché il baricentro della sua teorizzazione deve essere individuato proprio nella sessualità e non nella genericità di un principio vitale.
Il narcisismo come doppio orientamento (1921) manifesta, ancora, la decisa adesione dell’autrice al progetto psicoanalitico in un senso piuttosto classico, che sarà messo in discussione durante il secolo scorso, ma che, in quel periodo, costituisce quasi una sorta di leitmotiv. Salomé sostiene, infatti, che il metodo freudiano sia finalizzato a «esplorare i fatti viventi nascosti nel modo più ampio possibile e toccandone le massime profondità» (ivi, p. 134). Tale convinzione conduce la sua analisi della duplicità, insita nel narcisismo, la cui centralità psicoanalitica, deriverebbe dalla complessa articolazione di un’ambiguità produttiva. Tale concetto, infatti, può essere pensato, almeno dal primo Freud, come «stato limitato a un singolo stato della libido» ma anche come «nostra porzione di amor proprio che accompagna tutti gli stadi» (ivi, p. 133). La materia erotica di Lou von Salomé, in conclusione, è un’antologia affascinante che restituisce un importante pezzo della storia del movimento psicoanalitico marcando la sua distanza storica ma anche evidenziando aspetti di grande attualità.

Wilde Salomé (Al Pacino, 2011).
Riferimenti bibliografici
S. Freud, L’interpretazione dei sogni, in Opere complete, vol. III.
Id., Tre saggi sulla teoria sessuale, in Opere complete, vol. V.
Id., Al di là del principio del piacere, in Opere complete, vol. IX.
Id., Opere complete di Sigmund Freud, a cura di C. Musatti, Bollati Boringhieri, Torino 1967-1980.
L. von Salomé, La materia erotica. Scritti di psicoanalisi, Mimesis, Milano 2018.
*In copertina Gustave Moreau, Salomè e la testa di san Giovanni Battista, 1875, Museo d’Orsay di Parigi.