Riley, protagonista di Inside Out (Pete Docter, 2015), è cresciuta, ha nuovi amici e ha sviluppato un solido senso del sé. Le sue emozioni primarie – Gioia, Tristezza, Rabbia, Paura, Disgusto – si impegnano per affrontare e sostenere al meglio una delle fasi più ostiche dello sviluppo umano: la pubertà. Periodo di cambiamenti fisici e caratteriali, nella ricostruzione finzionale della mente della protagonista questa si configura come un dispositivo di allarme con il quale si chiudeva il primo film. Ancora silente, ma pronto a scattare e a indurre cambiamenti fisiologici e comportamentali sostanziali, in Inside Out 2 (Kelsey Mann, 2024) lo stato confusionale e tensivo presuppone un rinnovamento del setting emozionale rappresentato dall’introduzione dell’antropomorfizzazione dell’allarme emotivo: l’Ansia.
Nella mente di Riley la complessità interiore e radicata nell’inconscio cognitivo è strettamente legata alla configurazione filmica dell’intreccio diegetico, che nel secondo capitolo si apre ad una strutturazione ulteriormente complessa di personaggi e figurazioni narrative interni alla protagonista. L’esteriorità, al contempo, è la rappresentazione finzionale di quello che accade nella complessa macchina delle emozioni: come il linguaggio dell’animazione, l’artificiosità della mente si configura come l’industria produttiva attraverso la quale si esplicita la messa in forma cinematografica.
L’intera costruzione di Inside Out 2 si configura come una struttura metatestuale che rimedia il concetto filmologico di messa in scena e messa in forma, nella quale il teatro rappresentato dalla mente in cui si muovono e agiscono le emozioni altro non è che un dispositivo rappresentazionale che presuppone meccanismi di costituzione delle azioni dell’essere umano e la progressione dell’intreccio narrativo del film. Da una tale prospettiva, la reazione agli stimoli esterni da parte di Riley, che portano alla produzione di sensi affettivi legati al cambiamento determinato dall’adolescenza, può accostarsi a quella prodotta dalle reazioni empatiche e simpatetiche dello spettatore rispetto agli oggetti filmici.
Intorno alla metà degli anni novanta nel frangente della post-teoria cognitivista le emozioni hanno iniziato ad assumere un valore preponderante nella considerazione delle questioni legate alla sfera affettiva dell’esperienza filmica (Plantinga 2009, p. 101). La confluenza delle risposte empatiche e simpatetiche nei confronti dell’oggetto filmico e dei soggetti rappresentati costituisce il fenomeno di interazione e reazione agli stimoli esperenziali legati alla percezione cognitiva ed emotiva delle immagini e della loro configurazione attraverso la messa in forma cinematografica.
Ma cosa succede quando quelle stesse emozioni assumono connotati antropomorfici diventando esse stesse dei personaggi, e l’artefatto filmico costituito dall’animazione si esplicita come una trasformazione del referente reale a favore di una ricostruzione finzionale della mente umana?
L’introduzione delle emozioni secondarie – Ansia, Imbarazzo, Invidia, Ennui – riconfigura l’assetto iconografico della mente, con l’implementazione di nuovi dispositivi di controllo (come la consolle per la gestione delle sensazioni e reazioni agli stimoli esterni, o la piattaforma di lancio per i ricordi legati alle convinzioni, che vanno a costituire il senso del Sé), e l’esplicitazione delle configurazioni di meccanismi come l’immaginazione e il sogno.
Inside Out 2, ancor più che il primo capitolo, utilizza l’animazione digitale – con, in alcuni casi, l’ibridazione con tecniche di animazione tradizionale in 2D – come mezzo per esplicitare una ricollocazione strutturale della mente umana in prospettiva di produzione di senso affettivo in forma figurativa. La Pixar è la fabbrica dell’immaginazione, in cui la computer grafica si pone come strumento in grado di dare forma a immaginari complessi altrimenti impossibili: questa configurazione produttiva viene trasposta nel film attraverso una comparazione specularmente coincidente con il luogo della mente deputato alla produzione di immaginazione, con animatori che disegnano in tradizionale i frames che andranno a costituire le proiezioni mentali di Riley una volta messi in sequenza secondo l’ordine dettato dal direttore artistico dello Studio, Ansia. Quest’ultima assume un ruolo centrale nel determinare il cambiamento comportamentale della ragazzina: affermando sulle emozioni primarie la sua volontà di salvaguardare Riley dalle prospettive future, le emozioni complesse cercano di determinare la crescita di una coscienza basata sulla capacità di imporre una nuova versione del Sé, sostituendo a livello inconscio i ricordi positivi che avevano determinato la costituzione della consapevolezza infantile. Questa, però, si configurava come un albero dalle solide radici e dalle prosperose ramificazioni, che permetteva a Riley di crescere integra e resiliente. Le consapevolezze erronee, determinate dall’intervento di emozioni sbagliate, creano un senso di Sé precario e una crescita disfunzionale. Gioia non sa come fermare Ansia, e probabilmente non può farlo: si domanda se crescendo la spensieratezza possa affievolirsi nella vita di Riley, ignorando invece che Ansia – come Tristezza nel primo film – può essere utile se calibrata alle altre emozioni.
La creazione di molteplici consapevolezze del sé non è determinata dalle singole relazioni e reazioni empatiche, ma dalla compartecipazione delle emozioni semplici e di quelle complesse; è il soggetto a richiamarle attivamente attraverso l’esperienza, che si configura come l’interazione tra individuo e ambiente. Dal punto di vista testuale, la relazione tra spettatore e oggetto filmico può essere, dunque, intesa come «l’esperienza viva, “molecolare”, contingente, che il film dispone, sollecita e guida per lo spettatore» (Eugeni 2008, p. 11). Le emozioni – in quanto personaggi – e la costruzione artefattuale del dispositivo-mente in Inside Out 2 si pongono come l’esplicitazione di un complesso apparato in cui si intersecano diegesi ed esperienza: la narrazione si indirizza verso la rappresentazione dell’attività emozionale attraverso il linguaggio dell’animazione, che a ben vedere presuppone una costruzione artefattuale e figurativa dei meccanismi cognitivi; l’esperienza spettatoriale, al contempo, presuppone una convergenza empatica nei confronti dell’oggetto filmico in quanto tale, ma anche simpatetica verso i personaggi.
La forte caratterizzazione delle differenti emozioni porta lo spettatore ad identificarsi affettivamente con una o più di esse, convergendo in una autoreferenzialità che però si gioca quasi completamente a livello inconscio: più che con Riley, definita attraverso caratteri di fotorealismo determinati dall’implementazione della computer grafica, lo spettatore compartecipa alle vicende trasposte all’interno della mente, identificandosi con una o più emozioni che, però, sono al contempo la base per quello stesso meccanismo empatico che determina la reazione emotiva di fronte l’artefatto filmico. Inside Out 2 si bilancia attraverso una duplice forma ibrida di prodotto finzionale improntato sulla costruzione di una narrazione sulle emozioni e da analizzare attraverso le emozioni, in un continuo scambio relazionale fondato sul linguaggio dell’animazione come artefatto tecnico e tecnologico deputato alla costruzione dell’immaginazione filmica. Una fabbrica dei sogni in cui i registi sono gli stati emozionali intenti a costruire la narrazione della vita.
Riferimenti bibliografici
R. Eugeni, Soggetto, senso, emozioni: lavorare sul film, ancora, in G. Carluccio, F. Villa (a cura di), Dentro l’analisi. Soggetto, senso, emozioni, Kaplan, Torino 2008.
C. Plantinga, I film e le emozioni, in A. D’Aloia, R. Eugeni (a cura di), Teorie del cinema. Il dibattito contemporaneo, Cortina, Milano 2017.
Inside Out 2. Regia: Kelsey Mann; sceneggiatura: Meg LeFauve; musiche: Andrea Datzman; interpreti: Amy Poehler, Phyllis Smith, Maya Hawke, Kensington Tallman, Liza Lapira, Lewis Black, Tony Hale, Ayo Edebiri, Adèle Exarchopoulos, Paul Walter Hauser; produzione: Pixar Animation Studios, Walt Disney Pictures; distribuzione: The Walt Disney Company; origine: Stati Uniti d’America; durata: 96’; anno: 2024.