Cambieremo uniforme

di SAMUEL ANTICHI

Innocence di Guy Davidi.

Undici anni dopo Five Broken Cameras (2011), Guy Davidi porta alla Mostra del cinema di Venezia il suo nuovo documentario, Innocence, presentato nella sezione Orizzonti. Se nel primo caso il regista co-firma il film insieme a Emad, un bracciante palestinese che vede nel cinema una forma di resistenza per denunciare i soprusi e i crimini compiuti dall’esercito israeliano nei territori occupati, nel suo nuovo lavoro Davidi concentra l’attenzione su come la militarizzazione abbia un ruolo chiave nella definizione dei caratteri identitari della nazione. Il servizio di leva in Israele è infatti obbligatorio e tutti, quindi, sia uomini che donne, vengono formati ai valori e principi della disciplina militare. Prima di arrivare al vero periodo di servizio, tre anni per gli uomini e due per le donne, con il raggiungimento della maggiore età, fin da giovanissimi gli israeliani si devono confrontare con una società fortemente militarizzata. Il sistema educativo, fin dalla primissima età, è impostato per fare in modo che i bambini vengano indottrinati allo spirito patriottico e militare attraverso l’esaltazione dei valori e delle imprese dell’esercito.

Il film si apre mostrando le lettere e i bigliettini che i bambini dell’asilo disegnano per i soldati. In seguito, ci vengono mostrate delle immagini di giovani ragazzi e ragazze delle scuole medie mentre vanno in gita al poligono di tiro, per sparare con i fucili. “Non siete obbligati a sparare”, comunica una soldatessa, nonostante il bambino che si rifiuti di imbracciare il fucile venga chiamato a mettersi davanti a tutti gli altri per motivare la propria scelta. Oltre a concentrare l’attenzione sull’importanza dell’esercito nel proteggere i confini del territorio, gli insegnanti pongono l’accento su quanto bisogna essere onorati di prestare servizio militare, “Cosa c’è di meglio che morire per il proprio paese?” domanda l’insegnante ad una classe di bambini delle elementari. “Dipende”, risponde una di queste. Centrali all’interno del film sono però le storie e i racconti di alcuni soldati e soldatesse che dopo essersi arruolati hanno manifestato il proprio dissenso e disgusto verso il sistema militare e che, tuttavia, non essendo riusciti a sopportare il peso di aver fatto parte di questa macchina di morte e distruzione, si sono tolti la vita.

Attraverso le lettere e i diari che hanno scritto durante il servizio militare, Innocence restituisce voce a quei soldati, a quei giovanissimi uomini e donne. La lunga gestazione del film è stata dovuta non alla mancanza di casi simili ma alla reticenza di genitori che non volevano condividere la tragica fine dei lori figli, di riprendere in mano quelle pagine che avevano dato tanto dolore oppure leggerle addirittura per la prima volta dopo anni. Le esperienze e le storie dei soldati e delle soldatesse ci vengono mostrare inoltre attraverso i filmati di famiglia, ripresi durante l’infanzia e l’adolescenza fino all’arruolamento. C’è chi è fin da subito contrario al servizio militare ma spinto dai genitori e chi invece cerca nell’esercito una forma di riscatto, di indipendenza, di maturazione, “mi voglio arruolare per scappare dalla tua protezione”, scrive una donna arruolatosi e poi suicidatasi in una lettera al padre ex-militare. L’educazione militare in uno stato in conflitto è comunque un’educazione alla violenza, all’odio. “Questo è il posto giusto in cui stare”, dirà un soldato sdraiato sulla spiaggia di Gaza durante un raid aereo notturno, ammirando le bombe che colpiscono gli edifici. “Morte agli arabi”, sono le grida al cielo dei manifestanti durante le proteste contro la mancata liberazione di un prigioniero israeliano in territorio palestinese.

Un altro aspetto centrale nella formazione dell’individuo e nel suo processo educativo è la continua (ri)elaborazione del trauma della Shoah, che fa del popolo ebraico così come delle future generazioni israeliane un popolo di sopravvissuti, di vittime dell’odio nazionalista e razzista. Nel film vediamo come praticamente tutti i bambini vengano portati, almeno una volta, a vedere i campi di concentramento nazisti. Questo naturalmente svolge un ruolo essenziale nella costruzione di una memoria culturale traumatica, consolidando una narrazione che fa del popolo israeliano un’eterna vittima da una parte, e dall’altra, attraverso questo racconto, sembra quasi mascherare o giustificare le operazioni di occupazione e pulizia etnica a danno dei palestinesi.

Una realtà paradossale, che confonde, spiazza, come confuso e spiazzato è il milite ignoto, inquadrato dall’alto, che vaga nel deserto in uno spazio senza barriere, senza confini. Figura persa nel paesaggio. “Cambieremo il mondo. Cambieremo uniforme”, sono le sue parole di speranza.

Innocence. Regia: Guy Davidi; sceneggiatura: Guy Davidi; interpreti: Guy Davidi, Nikita Stewart, Arye Bar El, Ido Tako; montaggio: Guy Davidi; produzione: Sagafilms, Danish Documentary Production (Sigrid Dyekjaer), Medalia Productions (Hilla Medalia), Making Movies (Kaarle Aho), Real Lava; origine: Danimarca, Israele, Finlandia, Islanda; durata: 100’; anno: 2022.

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