«Salutiamo Bersagliera!»: con queste parole, “Pizzicarella la Bersagliera” fa il proprio ingresso in Pane, amore e fantasia (1953) di Luigi Comencini. A cavallo di un asino e vestita solo di stracci, la giovane donna dal volto sorridente di Gina Lollobrigida è destinata a conquistare il cuore di diversi personaggi del film, ma anche quello degli spettatori e delle spettatrici, che in pochi anni trasformeranno l’allora venticinquenne attrice in una diva di prima grandezza, conosciuta in tutto il mondo.
Iniziare un articolo in ricordo di Gina Lollobrigida evocando una sequenza di Pane, amore e fantasia può apparire forse banale. È sufficiente però leggere o anche semplicemente scorrere gli articoli, le fotografie, le citazioni e i video che hanno invaso i nostri schermi dopo la scomparsa di Lollobrigida – o, meglio, della Lollo – per comprendere quanto la sua figura sia ancor oggi legata alla Bersagliera, che più di ogni altro personaggio ha modellato la sua immagine. Se fino a pochi anni prima l’attrice interpretava brave ragazze forse non così indimenticabili, prestandosi perlopiù al ruolo di «giovane donna responsabile, tranquilla e amante della famiglia, con un sorriso riservato e modi rispettosi» (Gundle 2009, p. 245), i due Pane, amore e… che la vedono protagonista la eleggono a esempio perfetto di una femminilità rurale, povera e tipicamente italiana, prorompente ma anche dolce, ardita ma di buon cuore, tipicamente incarnata da quelle maggiorate nate proprio grazie a lei (e grazie ad Altri tempi, 1950, di Alessandro Blasetti).
Non rifuggendo scelte spesso coraggiose, ma mettendosi anzi in gioco tra film per il vasto pubblico e altri più impegnati, Lollobrigida ripropone per tutta la sua carriera il modello che l’ha lanciata, declinandolo in modi differenti, attraverso l’enfasi di questa o quella caratteristica, ma mantenendo sempre una certa coesione: come riassume al meglio Jandelli, le sue «sagge, argute e disincantate figlie del popolo […] transitano dal neorealismo alla commedia, dal melodramma al film d’autore e infine sbarcano a Hollywood forti di un successo popolare unanimemente tributato alle loro forme generose ma anche alla loro disinvoltura di interpreti» (Jandelli 2007, p. 123).
Ecco allora che, pur abbandonando il piccolo borgo rurale del dittico di Comencini, la Lollo offre il proprio volto a una serie di eroine dell’Italia del dopoguerra, ricche di spirito ma povere di denaro, che vanno dalla moglie fedifraga de Le infedeli (1953) di Mario Monicelli e Steno alla giovane ribelle pronta a tutto per amore di La legge (1959) di Jules Dassin, passando per l’innamorata in cerca di una vita migliore de La provinciale (1953) di Mario Soldati, per la dolce prostituta de La romana (1954) di Luigi Zampa o per l’emigrata tornata in patria di Anna di Brooklyn (1958) di Vittorio De Sica e Carlo Lastricati. Ritratti di ragazze forti e sensuali, ma anche e soprattutto comuni, che parzialmente influenzano la rappresentazione della Lollo al di fuori del grande schermo: l’attrice si impone infatti fin da subito sì come una diva, ma anche come una donna vera, «emblema della semplicità» (Gilardelli 2013, p. 80) tutta italiana.
Proprio l’italianità, spesso tradotta in una strabordante gioia di vivere e in una voracità fisica e caratteriale, è non a caso un’altra caratteristica chiave delle figure da lei interpretate, soprattutto durante il suo fortunato trasferimento a Hollywood. Già eletta dalla stampa estera a esempio di bellezza italiana, tanto da guadagnarsi – tra i tanti – l’emblematico titolo di «Sexy Signora» (Anonimo 1951, p. 12) sulla nota “Life Magazine”, la Lollo si impone in Europa e oltreoceano non solo per kolossal in costume come Solomon and Sheba (1959) di King Vidor, ma anche per pellicole dove la sua anima nazionale può sprigionarsi con pienezza. Dopo essere stata una profuga di guerra in Never So Few (1959) di John Sturges o una prostituta innamorata in Go Naked in the World (1961) di Ranald MacDougall, è in particolare nelle commedie brillanti che può dare sfogo al temperamento che l’ha resa famosa: tanto in Come September (1961) di Robert Mulligan, quanto in Strange Bedfellows (1965) e in Buonasera, Mrs Campbell (1968) di Melvin Frank, Lollobrigida interpreta italiane esuberanti e vitali, dal carattere spesso indomito e irruento, ma nel profondo sempre buone.
Forza d’animo e italianità vanno poi di pari passo alla sensualità da maggiorata, che mai abbandona anche nella fase più matura della sua carriera cinematografica. Simbolo di una femminilità determinata ed indipendente, la Lollo gioca infatti spesso con il proprio corpo, oltre che con l’altro sesso. Se in Io, io, io… e gli altri (1966) di Alessandro Blasetti è protagonista di un passo a due in camera da letto con Walter Chiari e in Un bellissimo novembre (1969) di Mauro Bolognini incarna l’oggetto del desiderio del giovane adolescente protagonista, particolarmente chiacchierato è l’episodio sempre firmato da Bolognini de Le bambole (1965), dove le sue evocate nudità sono state addirittura accusate, per richiamare anche un articolo del tempo, di «oltraggio al pudore» (Anonimo 1965, p. 21).
Il cinema è naturalmente il grande amore della Lollobrigida, ma non certo l’unico. Ricordare la Lollo significa infatti confrontarsi con una personalità eclettica, che si muove anche tra televisione, musica, fotografia e arte, senza mai venir meno all’immagine e allo stile che l’hanno sempre contraddistinta. Come noto, la «donna più bella del mondo» – per citare il titolo dell’omonimo film (1955) di Robert Z. Leonard da lei interpretato – dedica gli ultimi anni della sua vita alla fotografia, come ricorda il volume Italia mia (1972). Nondimeno, diverse sono le seppur rapide incursioni nel mondo del disco o quelle sul piccolo schermo; mezzo, quest’ultimo, che, a sentir lei, le «incute un senso di smarrimento, quasi di paura» (Barbicinti 1965, p. 16). Brani come Roma, Roma, Roma (1969), apparizioni in varietà quali Stasera Rita (1965) o sceneggiati a puntate come il celebre Le avventure di Pinocchio (1965) di Luigi Comencini dimostrano la poliedricità di una diva come la Lollo, che forse oggi più che mai meriterebbe di essere maggiormente studiata.
A ogni modo, se si è voluto iniziare questo omaggio richiamando la prima sequenza di Pane, amore e fantasia, sembra doveroso concluderlo rievocando l’epilogo del successivo Pane, amore e gelosia (1954), sempre di Luigi Comencini. Su un treno in partenza per il nord, la Bersagliera è pronta a iniziare una nuova vita con il timido carabiniere di cui è da sempre innamorata, lasciandosi alle spalle sia i luoghi in cui è cresciuta, sia l’amico maresciallo Carotenuto, dal volto di Vittorio De Sica. Proprio quest’ultimo è giunto in stazione per salutarla e, mentre lei si allontana sul treno ormai in corsa, le urla: «Salutammo ‘a bersaje!». Proprio come noi, oggi, salutiamo per sempre Gina Lollobrigida.
Riferimenti bibliografici
Anon., Letters to the Editors: Sexy Signore, in “Life”, vol. 31, n. 13, 24 settembre 1951.
Anon., Lollo: oltraggio al pudore, in “Noi donne”, a. XXI, n. 51, 25 dicembre 1965.
B. Barbicinti, La Lollo passa alla canzone, in “Radiocorriere”, a. XLI, n. 48, 22-28 novembre 1964.
A. Gilardelli, Lollo vs. Marilyn. La rappresentazione del corpo femminile nel cinema e sulle riviste degli anni Cinquanta, in “Immagine. Note di storia del cinema”, n. 7, 2013.
S. Gundle, Figure del desiderio. Storia della bellezza italiana, Laterza, Roma-Bari 2009.
C. Jandelli, Breve storia del divismo cinematografico, Marsilio, Venezia 2007.
G. Lollobrigida, Italia mia, Salani, Milano 1972.
Gina Lollobrigida, Subiaco 1927 − Roma 2023.