Il 13 dicembre scorso è morto Giannalberto Bendazzi (nato nel 1946), giornalista e critico cinematografico, studioso di cinema d’animazione fra i più noti e influenti a livello mondiale, grazie ad un lavoro storico di anni che, se si vuole, è culminato nel progetto Animazione. Una storia globale, uscito in Italia per Utet nel 2017, a seguito dell’edizione originale americana (2016). L’opera è la prosecuzione ideale di quello che è forse il libro-bussola della sua produzione, Cartoons (1988), un volume che ha rappresentato per molte persone nel campo dell’animazione la propria personale chiamata o vocazione. Ma la sua ricerca presenta tanti, tantissimi altri preziosi contributi, per esempio su autori specifici, come “i suoi” Bruno Bozzetto, Aleksandr Alexeieff, e Quirino Cristiani, oppure su tematiche estetiche o storico-culturali, spesso materia di suoi interventi sparsi. Il sito a lui dedicato è sicuramente un buon punto di inizio per una ricognizione dei suoi scritti.
Bendazzi è stato poi fra i membri fondatori della Society for Animation Studies (1987), e accademico per alcuni periodi: titolare della prima cattedra in Italia di Storia del cinema d’animazione (Milano); poi, all’estero, professore alla Griffith University (Brisbane) e alla Nanyang Technological University (Singapore). Nel 2019 ha poi ricevuto la Laurea Honoris Causa a Lisbona, in occasione della XXXI conferenza della Society for Animation Studies. Appena si è diffusa la notizia della sua morte, su un social come Facebook non sono mancati i ricordi e le manifestazioni di stima, riconoscenza e affetto per la sua figura, da parte di suoi amici, amiche, collaboratori, collaboratrici, tanto in Italia quanto all’estero. Non solo. A dimostrare il valore della sua lezione – e, in un certo senso, dell’uomo – si sono potuti leggere post di persone che da varie parti del mondo lo ringraziano per essere stato, come anticipato, loro fonte di ispirazione in determinate scelte. In un certo senso, qualcosa che potrebbe riguardare in piccolo anche il sottoscritto.
Ho conosciuto Bendazzi in occasione di una intervista che mi concesse per parlare dell’edizione americana della sua storia globale dell’animazione. Fu alcuni anni fa. Ricordo bene un po’ di momenti di quella giornata, e a posteriori mi sembra utile provare a menzionarli, perché possono raccontare un tratto della persona che non credo sia emerso molto nei “necrologi” letti. Era un uomo colto, molto colto. Quel giorno ho avuto la percezione – e l’ho tutt’ora – che il suo sapere fosse frutto di una cultura, per così dire, empirica. Non dava per scontato nulla e rimaneva saldamente ancorato agli “oggetti” dei propri interessi. Fra le tante cose, ricordo che mi mostrò la sua copia de Il dottor Zivago (1957) illustrato da Alexeieff, un meraviglioso libro d’arte di cui sapeva tutto. Dopo aver pranzato, mi portò poi nel suo “antro”, cioè una parte della sua biblioteca che si trovava fuori dal suo appartamento, per mostrarmi altri libri in suo possesso. Fra questi c’era, per esempio, una voluminosa edizione Gallimard di illustrazioni di Henri Michaux. Mi colpì molto. A quel tempo non avevo iniziato a studiare come si deve autori, autrici e questioni legate all’animazione, ma sapevo qualcosa dello scrittore e artista belga, e non immaginavo – mea culpa – di poter trovare un appassionato in Bendazzi. Il quale, successivamente, mi raccontò molto altro di sé.
Uno degli argomenti di cui parlammo fu, per forza di cose, la sua esperienza accademica. In merito, penso che diffidasse dell’accademismo degli accademici e delle accademiche, di certo gergo e mancanze di esperienze dirette, dalla ricerca di film poco noti ma essenziali a quella di fonti determinanti e materiali inediti (mancanze magari nascoste dall’abuso in libertà di certa retorica pseudo-filosofeggiante). Aveva insegnato in università sì, ma rivendicava il fatto di essersi occupato di cinema, d’animazione e no, come una propria decisione di vita a prescindere dalle necessità lavorative. Si definiva critico e storico – dell’animazione – ma non penso sia sbagliato dire che nella sua metodologia ci sia anche un po’ di antropologia, quantomeno per come fu il suo rapporto con alcuni animatori e il modo in cui ha contribuito a sviluppare il campo del cinema animato.
Ad ogni modo, quello che è stato e che rimane il lascito di Bendazzi nell’animazione è “qualcosa” di cui si è scritto e, speriamo, si continuerà a scrivere a lungo. Meno nota, ma credo ugualmente interessante in questo contesto, è invece la riflessione critica del nostro a proposito di certi autori e temi legati al cinema dal vivo, qualcosa che ce lo presenta per quel che era, uno studioso di cinema a tutto tondo. A posteriori, si potrebbe poi dire che quanto da lui scritto in merito non è affatto slegato dalla sua produzione, per così dire, maggiore, cioè i libri dedicati al cinema animato. Anzi, rifletterebbe un certo modo di fare critica che poi, in quei libri, si è sviluppato in modi più precisi nel giudizio e complessi nella forma.
A questo proposito, può valer la pena soffermarsi un poco sull’ultima pubblicazione italiana di Bendazzi, Gag. Il cinema comico da Woody Allen a Totò (2021). Si tratta di un libro in cui l’autore ha raccolto, aggiornandoli, alcuni suoi scritti che risalgono ai primi anni della sua attività di critico cinematografico. Letti oggi, sono pezzi che colpiscono per l’asciuttezza stilistica e l’accuratezza del ragionamento, soprattutto per quanto riguarda le pagine su Allen (Bendazzi si è occupato dei primi film del regista americano, quelli che riconduce al periodo ispirato allo slapstick). In generale, le due qualità che ho menzionato – asciuttezza e accuratezza – sono poi diventate qualità ricorrenti nella sua prosa. Quanto invece al metodo, basterebbe leggere il primo intervento del libro, cioè quello dedicato al “film comico”. Qui si trova una lettura critica resa attraverso la combinazione di due approcci, storico (verso la materia trattata) e pedagogico (verso il lettore/la lettrice), che in seguito saranno delle costanti nella sua attività. Infine, per ricordare che tipo di maestro fosse Bendazzi, credo valga la pena citare un passaggio dove ci presenta una sua definizione di cinema d’animazione:
Occorre richiamare, a questo punto e per terminare, la definizione anticipata in apertura: “Animazione è tutto ciò che gli uomini, in diversi periodi storici, hanno chiamato animazione”. Essa non è tautologica, come potrebbe apparire a prima vista, perché fa riferimento a un elemento che è esterno al ragionamento astratto e al mondo delle pure parole. Fa cioè riferimento all’atteggiamento in varie epoche espresso dagli specialisti del settore, attivi in tutto il mondo, diversi per culture e condizioni sociali e politiche, ma concordi nelle opinioni. Essa ci informa che un linguaggio chiamato animazione esiste come forma autonoma, e che ha un suo ruolo e un suo spazio. Ci informa che ha tale suo spazio nella storia, come ogni altra rilevante attività umana. Inoltre, tale definizione ha il pregio di arrestare la tentazione del virtuosismo intellettuale, del capello che viene spaccato nella speranza di coglierne l’essenza profonda. L’esperienza fatta sul campo, oltre e più che nelle biblioteche, convince chi scrive che le definizioni sono necessarie e fruttifere, ma a patto che non inneschino dibattiti cavillosi. La pura dialettica è spesso deleteria per la comprensione della vita e/o dell’opera creativa.
Il brano proviene da uno dei contributi contenuti nel volume Zibaldone animato (2020). Lo si legge alla fine di «In teoria, l’animazione», in cui Bendazzi ci ricorda come l’animazione non sia né un genere né una appendice di qualche altra arte ma un modo di vedere e far vedere, con le sue basi storiche ed i suoi possibili sviluppi. Credo sia una citazione esemplare: esaustiva senza essere prescrittiva, autorevole senza essere autoritaria. Riflette bene che tipo di maestro fosse.
Riferimenti bibliografici
G. Bendazzi, Animazione. Una storia globale, Utet, Torino 2017.
Id., Gag. Il cinema comico da Woody Allen a Totò, Amazon 2021.
Id. Zibaldone animato, Marsilio, Venezia 2020.
Giannalberto Bendazzi, Ravenna 1946 – Genova 2021.