Nel corso di oltre cinquant’anni di instancabile attività di ricerca, di appassionata scrittura critica, di tenace organizzazione culturale, Amedeo Quondam ha più volte fatto il punto sul panorama complessivo degli studi dedicati alle forme letterarie e alle istituzioni culturali delle società di Antico Regime. Decennio dopo decennio, le soglie dei suoi magnifici volumi hanno costituito, infatti, altrettante appassionate discussioni in merito allo stato dell’arte, nella convinzione che il dialogo tra gli studiosi e le discipline contribuisca a rendere possibile una «ricognizione archeologica» della storia del Rinascimento e del Classicismo che «non si accontenti di galleggiare sulla superfice confortevole dei paradigmi» (Quondam 2007, p. 15).

Proprio la sfida nei confronti di ostinati luoghi comuni, a partire dalla «favola triste» della decadenza della cultura italiana tra Cinque e Seicento sino alla «invidia della Riforma», caratterizza il punto di partenza per decostruire vulgate sclerotizzate e, nel caso dell’italianistica, straordinariamente tenaci. In apertura del monumentale studio dedicato ai moralisti italiani, d’altronde, Quondam espone un’importante dichiarazione metodologica: «Ritengo che i luoghi comuni, come tutte le idee reçues, siano una cosa seria, su cui riflettere con cura, anche quando, nel loro straordinario riuso, perdono ogni rapporto con le ragioni che li hanno formati per la prima volta; anche quando non si pongono più alcun problema di pertinenza e di senso rispetto ai contesti argomentativi in cui sono impiegati» (Quondam 2010, p. 11). La riflessione in merito al luogo comune prepara e rafforza lo studio sistematico e approfondito delle categorie originarie del Classicismo di Antico regime, un fenomeno indagato a partire dalla decisa e irrevocabile constatazione in merito alla «nostra radicale distanza» da una «cultura “tradizionale” per struttura e funzioni» (Quondam 2010, p. 23). La salutare presa di distanza dall’oggetto di indagine, comporta lo sforzo di «comprendere il valore originario» di parole e concetti solo in apparenza immutati nei loro significati: da conversazione alla coppia antichi e moderni, da censura a gentiluomo.

Se nel volume la Forma del vivere. L’etica del gentiluomo e i moralisti italiani il luogo comune consisteva nell’asserzione che «Machiavelli ha liberato la politica dalla morale», il primo e più antico luogo comune sfidato da Quondam, com’è noto, riguarda il giudizio tutto negativo relativo alla Corte come ambiente politico e culturale proprio delle società di Antico Regime. Questa sfida, per certi versi temeraria nei lontani anni settanta, spiega l’interesse profondissimo e ostinato per il Cortigiano di Baldassar Castiglione e per la sua «storia eccezionale» e «straordinaria» (Quondam 2016, p. 9). Una lunga fedeltà nei confronti non tanto di un autore quanto di un caso di studio che tiene insieme alcuni tra i più rilevanti fenomeni del maturo Rinascimento (tutti magistralmente indagati nei suoi lavori dal Nostro): la definizione del Classicismo, il ruolo modellizzante delle corti, l’impatto della stampa sulle modalità di produzione e di diffusione dei testi letterari

La sfida nei confronti della vulgata relativa al Classicismo, il petrarchismo, le Corti, nel caso di Quondam, ha tenuto insieme estro individuale e organizzazione di imprese collettive, la lunga durata (per quello che riguarda i fenomeni presi in esame) e i tempi lunghi (per quello che riguarda lo studio stesso di tali fenomeni). Sin dalla Premessa, con auspicio che apre Le “carte messaggiere”, uno dei primi volumi della collana “Europa delle Corti”, progettata e diretta dallo stesso Quondam, infatti, si evocano i «tempi lunghi» necessari per ricostruire a pieno un fenomeno assai complesso e remoto (e al tempo poco pressoché sconosciuto) come la storia dei libri di lettere in volgare del Cinquecento italiano. La ricerca collettiva veniva, in quell’occasione, presentata come uno «strumento di aggregazione e di comunicazione non effimera» (Quondam 1981, p. 7). Quest’ultima definizione può essere estesa alle principali istituzioni di ricerca fondate e dirette da Quondam: l’Istituto di studi rinascimentali di Ferrara, il Centro interuniversitario Biblioteca Italiana telematica, il Centro studi «Europa delle Corti», l’Associazione degli Italianisti (ADI).

Posso testimoniare, d’altronde, che il volume per il quale Quondam si è concesso di mostrare più orgoglio, a mia memoria, è stato il Catalogo degli oltre centocinquanta volumi della già menzionata collana di «Europa delle Corti», una vera e propria costellazione di monografie, raccolte di saggi, edizioni il cui impatto sugli studi relativi alla storia letteraria, culturale, politica, artistica dell’Italia e dell’Europa del Rinascimento è stato notevole. Uno studioso della storia del libro che ha amato a tal punto i libri da appassionarsi alla nascita dei libri altrui quanto ai propri.

Quanto ho detto sin qui costituisce un omaggio, senza dubbio inadeguato, alla passione di Amedeo Quondam per la dimensione collettiva dello studio, per l’attività di promozione e di organizzazione della cultura. Si tratta di un aspetto della sua personalità che si univa ad una straordinaria abilità come insegnante ed oratore che gli permetteva di affrontare, con invidiabile sprezzatura, temi complessi e grandi questioni. Ma chi ha letto i suoi libri sa bene che Quondam è stato anche uno scrittore straordinario, capace di dare vita a libri estremamente originali e, per certi aspetti, nonostante il costante dialogo con gli altri studiosi, profondamente personali.

Si prenda, per fare un solo esempio, il suo poderoso, ultimo volume: Un guerra perduta. Il libro letterario del Rinascimento e la censura della Chiesa. A partire da una «reazione a caldo» seguita alla lettura di un saggio la cui tesi non lo aveva convinto (proprio per la sua contiguità con un pernicioso luogo comune in merito alla supposta devastazione della cultura italiana da parte della Contro Riforma) Quondam ha costruito un’indagine sistematica relativa all’«impatto della censura ecclesiastica sulla letteratura italiana» alla fine della quale si mostra la sostanziale sconfitta del censore. Tale contro-storia si dispiega tenendo insieme uno studio di carattere quantitativo, fondato su dati di carattere bibliografico e filologico, e continue, felicissime divagazioni. Queste ultime, introdotte a viva forza nel flusso dell’indagine bibliografica, si caratterizzano per una notevole verve non priva di elementi narrativi e di sottili sfide al lettore. Basterà indicare i titoli di alcuni di questi saggi nel saggio per evocare il brio con il quale Quondam ha costruito il volume: Entra in scena il gesuita Possevino; La letteratura  che muore e la letteratura che vive: da Roma bernesca a Venezia incognita; L’orgoglio (punito) degli scrittori moderni: il caso di Ferrante Pallavicino; Il censore avveduto (e patetico e feroce): Vincenzo Bonardo.

Nel rievocare la peculiare storia di questo libro, volutamente magmatico, Quondam ammette che «può capitare che un libro nasca per caso, in modo del tutto imprevisto, mentre sei impegnato a fare altre cose e hai in mente altre cose ancora da fare, anche con urgenza, e il tempo non basta mai» (Quondam 2022, p. 11). Allo stesso tempo, rievoca il momento felice in cui «lo spirito di polemica», dalla quale il volume era nato sotto forma di recensione battagliera, «si è venuto trasformando in tante curiosità d’indagine, perdendosi felicemente in quelle digressioni mai progettate che son la cosa più bella del nostro lavoro» (Quondam 2022, p. 12). Chi ha avuto il privilegio di conoscerlo sa con quanta passione Quondam ha amato l’indagine, la ricerca, la scrittura, il confronto, il suo lavoro.

Riferimenti bibliografici
A. Quondam, Premessa, con un auspicio in Le «Carte messaggiere». Retorica e modelli di comunicazione epistolare: per un indice dei libri di lettere del Cinquecento, Bulzoni, Roma 1981.
Id., La conversazione. Un modello italiano, Donzelli, Roma 2007.
Id., Forma del vivere. L’etica del gentiluomo e i moralisti italiani, il Mulino, Bologna 2010.
Id., L’autore (e i suoi copisti), l’editor, il tipografo. Come il Cortegiano divenne un libro a stampa. Nota ai testi di L e Ad, Bulzoni, Roma 2016.
Id., Un guerra perduta. Il libro letterario del Rinascimento e la censura della Chiesa, Bulzoni, Roma 2022.

Amedeo Quondam, Penna in Teverina, 31 agosto 1943 – Roma, 29 marzo 2024.

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