Da quando la filosofia è entrata nelle università – vicenda antica, ma non quanto la storia della filosofia stessa – il loro incontro non ha più smesso di produrre nuovi tipi filosofici. Professori universitari, per limitarci all’epoca moderna, furono Baumgarten, Kant, Fichte, Hegel e Schelling. Non lo fu Leibniz, ultimo filosofo a esercitare il mestiere di “sapiente di corte”; e non lo volle essere Spinoza, per difendere la sua libertà di pensiero dalle possibili ingerenze delle autorità accademiche. Professore fu Nietzsche, ma non in discipline filosofiche; si può anzi dire che andò in congedo permanente dall’insegnamento proprio per intraprendere l’attività di pensatore. Filosofo “universitario” fu anche Gilbert Simondon. L’espressione “filosofo universitario” si presta a un possibile malinteso. Non è mia intenzione tacciare di accademismo un pensatore originale come fu senza dubbio il filosofo francese. Con questa etichetta voglio invece sottolineare il carattere del suo stile di pensiero: nel modo di impostare ed esporre la sua riflessione, si avverte un’esigenza sistematica e didattica, che ha nella ricezione di un’aula universitaria la sua destinazione principale. Lo si riscontra anche nei saggi principali, come Del modo di esistenza degli oggetti tecnici. E come accade a tutti colori i quali aderiscono totalmente a un’idea, Simondon ha finito per rimanere a lungo un pensatore esoterico, conosciuto da una cerchia ristretta di studiosi; del suo contributo non si è subito riconosciuta l’importanza capitale.
In un testo pensato per l’insegnamento come Immaginazione e invenzione, Simondon si rivolge innanzi tutto a un pubblico di studenti e studiosi. Il pensiero di Simondon ha come propria destinataria ideale la comunità scientifica degli specialisti di diverse discipline. Trattandosi della Francia, patria di Condorcet, ma lo stesso varrebbe probabilmente per la Germania di Humboldt, la comunità scientifica che ha in mente Simondon è anche la fucina di una classe di esperti, capaci di governare e guidare i cambiamenti sociali. Basta rileggere le pagine finali della lettera Sulla tecno-estetica per rendersi conto fino a che punto Simondon coltivasse un’immagine tecnocratica del sapere e del suo rapporto con la società.
Immaginazione e invenzione, di cui Roberto Revello cura in maniera impeccabile l’edizione italiana, si colloca all’interno di questo quadro. Si tratta di un testo pensato per il corso di Psychologie générale, che Simondon tiene alla Sorbona dal 1964 al 1984. Per la mentalità universitaria francese del tempo, un filosofo come Simondon può tenere ancora una cattedra di psicologia, anche se di “psicologia generale”. D’altro canto ci si aspetta da un filosofo la capacità di confrontarsi con le ipotesi e i metodi d’indagine della scienza sperimentale. Da una parte vediamo l’eredità della scuola francese di epistemologia, di Bachelard e soprattutto di Canguilhem; dall’altra troviamo, nel riconoscimento dell’importanza che il sapere scientifico ha per la filosofia “pura”, l’impronta di una tradizione che conta pensatori come Taine, Bergson, Sartre e Merleau-Ponty.
Tutte queste spinte agiscono nel testo di Simondon: un testo ricchissimo di informazioni sulle diverse teorie filosofiche, psicologiche e perfino biologiche sull’immaginazione e la creatività, oltre che di osservazioni, spesso sorprendenti e inaspettate, sui diversi usi e le differenti accezioni di concetti come immagine, simbolo e invenzione. Simondon ci parla di scoperta scientifica, innovazione tecnologica e creatività artistica; ma anche del rapporto fra propriocezione e configurazione della motricità corporea, dell’importanza della dimensione immaginaria e simbolica nella formazione psichica dell’individuo, perfino di fantascienza, dei mass media, e dell’immaginario erotico. Parallelamente il testo ricostruisce, per temi e questioni più che attraverso una pedissequa sequela di epoche e scuole, il pensiero sull’immaginazione di filosofi e scienziati, soprattutto dell’età moderna e contemporanea.
Immaginazione e invenzione è a tutti gli effetti un compendio sistematico e critico delle principali teorie scientifiche e filosofiche moderne sull’immaginazione. Simondon non manca però di esplicitare la sua posizione in merito. Un po’ à la Hegel, espone la propria posizione avendo attraversato tutte le altre posizioni, passate e presenti. O meglio: espone la serie di teorie di cui si occupa usando la propria teoria come paradigma interpretativo di quelle precedenti. È chiaro però che la sua teoria risulta dal confronto con quelle che l’hanno preceduta. Il sapere filosofico è l’esito, sempre rivedibile, di un movimento circolare dal passato al presente e dal presente al passato. L’oggetto principale di questa indagine storico-teorica è l’immagine mentale, di cui Simondon dà giustamente una definizione e una descrizione all’inizio del libro. Essa è un «sottoinsieme relativamente indipendente all’interno dell’essere vivente»:
L’immagine è un fascio di tendenze motorie, anticipazione a lungo termine dell’esperienza dell’oggetto; nel corso dell’interazione tra l’organismo e l’ambiente, essa diviene sistema di ricezione dei segnali incidenti e permette all’attività sensomotoria di esercitarsi in modo progressivo. Successivamente, quando il soggetto è nuovamente separato dall’oggetto, l’immagine, arricchita di apporti cognitivi e integrando la risonanza affettivo-emotiva dell’esperienza, diviene simbolo. Dall’universo dei singoli interiormente organizzato, tendente alla saturazione, può emergere l’invenzione che mette in gioco un sistema dimensionale più potente, capace di integrare più immagini complete secondo il modo della compatibilità sinergica. Dopo l’invenzione, quarta fase del divenire delle immagini, il ciclo ricomincia, con una nuova anticipazione dell’incontro dell’oggetto, che può essere la sua produzione (Simondon 2023, p. 9)
In questo modo Simondon ci dà un quadro generale di ciò che possiamo intendere quando parliamo di immaginazione nei diversi campi dell’esperienza umana, dall’arte alla tecnica. Non rinuncia però a indicare una propria ipotesi interpretativa, che già emerge in nuce dal passaggio appena citato. L’immaginazione coincide con il ciclo della vita e lo plasma: è una delle forme eminenti in cui si realizza il processo di individuazione – concetto centrale per comprendere il pensiero di Simondon – attraverso cui diventa percepibile e si esprime una forma di vita. Si può dire che l’immaginazione è il processo di individuazione, considerato dal punto di vista dell’interiorità dell’essere vivente. O forse – ma qui mi spingo un passo oltre Simondon – l’immaginazione è proprio l’interiorizzazione del processo di individuazione che porta un essere vivente ad assumere una specifica forma di vita. E dunque l’immaginazione è insieme ciò che unisce e ciò che separa il singolo vivente dal ciclo universale della vita, di cui è partecipe, ma che inevitabilmente lo eccede.
Riferimenti bibliografici
G. Simondon, Sulla tecnica, Orthotes, Napoli 2017.
Id., Del modo di esistenza degli oggetti tecnici, Orthotes, Napoli 2021.
Gilbert Simondon, Immaginazione e invenzione, a cura di R. Revello, Mimesis, Milano 2023.