Voltarsi, cercare di forzare il tempo fino ad afferrare l’illusione di tornare indietro, di raggiungere il momento in cui qualcosa poteva essere ancora cambiato e qualcuno poteva essere ancora salvato: il ritorno è un gesto di umiltà, una resa di fronte al proprio orgoglio, un tentativo di opporsi alla fragile debolezza che, a volte, rende la vita un monotono succedersi di azioni meccaniche. Ritornare significa, pertanto, anche avere la forza di proiettarsi in una possibilità diversa, vale a dire di pensarsi in una posizione altra rispetto a quella abitualmente assunta: si torna quando si ha paura di non riuscire a stringere più nulla tra le mani, di disperdersi nella memoria propria e altrui, di non appartenere più a nessun luogo di quelli precedentemente abitati. Questo movimento di ritorno è al centro del film di Gabriele Salvatores il cui titolo ricalca il breve romanzo omonimo di Arthur Schnitzler, Il ritorno di Casanova (1918).

Apprezzato da Thomas Mann (cfr. Schnitzler 2006, p. 475), il testo di Schnitzler non è il semplice racconto di una delle avventure di Giacomo Casanova, bensì un percorso di introspezione e riflessione che affronta tematiche fondamentali dell’esistenza, prese nella loro opposizione: vivere e morire, tornare e restare, agire e meditare. Orizzonte generale di sfondo è la comprensione dell’inevitabile invecchiamento del proprio corpo, resa ancora più grave dalla percezione di uno sguardo di qualità differente da parte degli altri. Nel film di Salvatores, questo romanzo è cruciale nella misura in cui esso è il finzionale oggetto di adattamento del lungometraggio di Leo Bernardi (Toni Servillo), un regista affermato che, durante i sopralluoghi precedenti alla lavorazione del film, incontra casualmente una donna, Silvia (Sara Serraiocco), della quale si innamora. I due avviano una relazione ma, poco dopo, alla notizia della gravidanza di lei, Bernardi si ritrae, anche nel timore di diventare padre in età avanzata.

Il tema di una contrapposizione tra gioventù e vecchiaia attraversa l’esistenza di Bernardi per riflettersi sul suo film in lavorazione: Casanova (interpretato da Fabrizio Bentivoglio), ormai invecchiato, intende soddisfare il desiderio di possedere Marcolina (Bianca Panconi), una giovane donna che incontra nella tenuta in cui viene ospitato nel corso del suo viaggio di ritorno verso Venezia. La strategia del film-nel-film (analoga a quella di un sogno-nel-sogno) amplifica la duplice matrice finzionale che emerge in modo efficace sin dalla scena introduttiva in cui si alternano due sequenze continue: da una parte, Casanova, un uomo di spalle che attraversa degli angusti corridoi umidi fino ad aprire una botola e a riemergere di fronte all’orizzonte notturno della laguna di Venezia, in cima alla sommità della cupola di San Marco; dall’altra, la traiettoria di un robot aspirapolvere che, senza fili, si muove autonomamente nella casa vuota di Bernardi, riorientando i suoi movimenti in base agli ostacoli che incontra.

Per entrare in sintonia con la complessità del film che, nel meccanismo di sovrapposizione e moltiplicazione di piani e storie rischia di essere una problematica fonte di disorientamento nel corso della visione, è di aiuto soffermarsi rapidamente sulla genesi del testo di Schnitzler, autore anche di Doppio sogno (Traumnovelle, 1926) da cui Stanley Kubrick ha liberamente preso ispirazione per il suo Eyes Wide Shut (1999). Schnitzler, scrittore e medico austriaco, aveva chiaramente risentito dell’influenza delle ricerche di Sigmund Freud che, in concomitanza della pubblicazione delle rispettive opere, aveva avuto modo di intrattenere uno scambio epistolare con lui in cui spesso, come si legge in una lettera inviata l’8 maggio 1906, si era detto colpito per l’«ampia convergenza» tra le loro «concezioni in non pochi problemi di natura psicologica ed erotica» (Schnitzler 2001, p. 83), fino a confessargli, in una successiva missiva del 22 maggio 1922, di averlo negli anni evitato «per una specie di “timore del sosia”» (Freud 1960, p. 312) che si risolveva in una consapevolezza: l’evidenza che Schnitzler «sapesse per intuizione – ma in verità a causa di una raffinata autopercezione – tutto ciò che io [sc. Freud] con un lavoro faticoso ho scoperto negli altri uomini» (ibidem).

Seppure in modo tangenziale, il film di Salvatores sembra rimandare alla dialettica tra i due, vale a dire tra un’attitudine al vivere votata all’osservazione degli altri e un’altra dedita all’esperienza con gli altri, attitudini rispettivamente incarnate da Bernardi e dal personaggio raccontato da Schnitzler. Se, dal punto di vista stilistico-formale, è sostanziale la differenza tra l’adozione del bianco e nero per la storia di Bernardi e quella del colore per la vicenda di Casanova, questo andamento doppio – in cui Bernardi è il sosia di Casanova, e viceversa – viene ricompreso da due elementi che completano il film pur restando ai margini: l’esergo, tratto dall’epilogo de La tempesta di William Shakespeare e Keep The Streets Empty For Me (Fever Ray, 2009), il brano musicale che accompagna integralmente la prima scena. «Ora i miei incantesimi | si sono tutti spenti, | la forza che possiedo | è solo mia, ed è poca» (Shakespeare 2004, p. 211): queste parole, che ben si adattano alla decadenza di Casanova, trovano una certa prosecuzione nel brano di Fever Ray e, in particolare, in due passaggi che riguardano la memoria («memory comes when memory’s old») e una richiesta di aiuto rivolta a una persona in cui si ripone fiducia («take me home before the storm»), entrambi risonanti con la figura di Bernardi.

Oltre alle tante corrispondenze interne tra il regista e Casanova, i rapporti triangolari che descrivono gli equilibri narrativi dei “due film” – Leo Bernardi, Silvia e il giovane regista rivale Lorenzo Marino (Marco Bonadei); Casanova, Marcolina e il tenente Lorenzi (Angelo Di Genio) – si sciolgono in una delle scene esteticamente più belle e sentite del film, il duello tra Lorenzi e Casanova, entrambi nudi, in un prato verde isolato: la pelle glabra contro i muscoli tesi, gli agili scatti contro i passi moderati, la fierezza del futuro contro la rassegnazione del passato. Giovane o vecchio, si tratta pur sempre di un corpo sottomesso a una volontà che è, soltanto apparentemente, quella di chi lo possiede: in realtà, la volontà del corpo è il tempo – e sembra questo il messaggio al centro del film di Salvatores (e anche di quello di Bernardi). Le interpretazioni di Toni Servillo e di Sara Serraiocco – il primo preso in un continuo meccanismo di veglia onirica che si esaurisce nella mania di controllare gli elettrodomestici della sua casa, paradossalmente sensibili al suo umore; la seconda, viva in una presenza fantasmatica che abita la soglia di un’allucinazione – rendono testimonianza di questo andamento continuo e frammentario.

Del resto, come Servillo, nel suo personaggio, confessa a Silvia la prima volta in cui si incontrano, il suo è un “film sul tempo che passa” e, in questa scena, è fin troppo chiara l’allusione a una funzione registica che coincide fatalmente con la persona di Salvatores. Ecco, quindi, che per non rompere il delicato equilibrio tra le due narrazioni occorre rivolgersi a ciò che c’è fuori dal film stesso, al contrasto tra la vita reale e la rappresentazione della vita degli altri. In fondo, già nelle scene finali in cui Bernardi viene invitato a presentare il suo Ritorno di Casanova alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, inizia a sciogliersi l’artificio finzionale che non può che risolversi con la sua ricongiunzione con la donna amata poiché, a differenza del personaggio pensato da Schnitzler, Bernardi dovrà cedere al trionfo del “giovane” Lorenzo Marino che vince il Leone d’Oro. Eppure Silvia – che non ha trovato i biglietti e non ha potuto vedere il film –, riemergendo dall’acqua di Lido, gli va incontro, quasi a negare l’importanza di un Casanova vincente nella dolorosa parabola di una vita che non smette di essere il suo doppio.

Riferimenti bibliografici
S. Freud, Lettere (1873 – 1939) in Id., Opere, vol. VI, Bollati Boringhieri, Torino 1960.
A. Schnitzler, Il ritorno di Casanova, Adelphi, Milano 1975.
Id., Sulla psicoanalisi, SE, Milano 2001.
Id., Diari e lettere, Feltrinelli, Milano 2006.
W. Shakespeare, La tempesta, Feltrinelli, Milano 2004.

Il ritorno di Casanova. Regia: Gabriele Salvatores; sceneggiatura: Gabriele Salvatores, Umberto Contarello, Sara Mosetti; fotografia: Italo Petriccione; montaggio: Julien Panzarasa; interpreti: Toni Servillo, Fabrizio Bentivoglio, Sara Serraiocco, Natalino Balasso, Alessandro Besentini, Bianca Panconi, Antonio Catania, Sara Bertelà, Marco Bonadei, Elio De Capitani, Angelo Di Genio; produzione: Indiana Production, Babe Film, Rai Cinema, Edi Effetti Digitali Italiani; distribuzione: 01 Distribution; origine: Italia, Francia; durata: 90’; anno: 2023.

Share