Periodo fertilissimo per i fashion studies. Se un volume come La moda e il corpo di Patrizia Calefato (Carocci, 2021) ha operato al tempo stesso una summa e un rilancio del rapporto tra abbigliamento, corpo e sue estensioni, e se uno studio come L’abito necessario di Sara Martin (Diabasis, 2022) ha mostrato il ventaglio dei modi possibili di parlare di cinema vestimentario, le articolazioni del discorso in questi anni si sono spinte in territori tutti da esplorare. Si pensi a Exhibit! di Luca Marchetti e Simona Segre Reinach (Bruno Mondadori, 2017), dedicato alla riflessione sulle mostre di moda, a Catwalks di Vittorio Linfante (Bruno Mondadori, 2022) che ricostruisce la storia delle sfilate fino all’epoca digitale, a Fashion Film di Alessandro Amaducci ed Eleonora Manca (Kaplan, 2021), per non parlare del monumentale (e aggiornatissimo) La moda contemporanea in due volumi di Fabriano Fabbri (Einaudi, 2019-2021), oltre che della ricerca filosofica sull’estetica della moda portata avanti da Giovanni Matteucci e Stefano Marino.
Segnali di vivacità, con corsi di laurea che si confermano, riviste specializzate che crescono, convegni nazionali e internazionali, centri di ricerca ormai molto noti in giro per l’Italia (Università Cattolica di Milano, Università di Bologna, ecc.). L’arrivo in libreria di I media e la moda. Dal cinema ai social network (Carocci, 2022) corona e completa in modo assai brillante il quadro che abbiamo delineato. Fin dal titolo, si capisce come i due curatori – Adriano D’Aloia e Marco Pedroni, tra i primi a occuparsi da anni di un territorio scientifico spesso guardato con sufficienza, e non solo in area accademica – abbiano voluto considerare inseparabili i due aspetti. La moda è una disciplina? Difficile da affermarlo: non possiede un suo settore scientifico ufficiale e compare al massimo timidamente in qualche declaratoria di aree di arte contemporanea. È un medium? Più probabile, secondo gli autori, che usano la congiunzione principalmente nel titolo ma poi spiegano che moda e media vivono una simbiosi che permette più facilmente di parlare di moda mediatizzata, tanto quanto l’intera nostra esistenza lo è, per la condizione contemporanea che viviamo.
Tutto questo deve però essere calato in una realtà fatta di pratiche sociali, di culture e subculture, di mutamenti frenetici del presente dove l’atto vestimentario e le mode nel senso plurale (e persino non legato all’abbigliamento) permeano ogni nostra azione. Se è impossibile per ciascuno di noi prescindere da una qualsiasi decisione su come vestirci in casa e fuori casa – anche i più disinteressati al proprio aspetto – è altrettanto datata l’idea di osservare staticamente l’orizzonte materiale. L’incarico che attribuiamo all’abito di significare qualcosa non prevede (più) messaggi univoci, discorsi strutturati da emettere all’esterno; si tratta piuttosto di strumenti di conoscenza del mondo, aperti a sfumature e progressivi slittamenti che rimodellano rapidamente ogni certezza sociale acquisita e aprono al cambiamento, alla trasformazione, alla ridefinizione continua del sé (che cos’è del resto lo snobismo se non la fissità del gusto e della moda, ovvero il contrario stesso della natura dell’oggetto di cui parliamo)?
Il volume è diviso in 18 capitoli di diversi contributori (tra cui il compianto Vincenzo Del Gaudio, con un saggio sulla fashion performance di rara acutezza), nei quali ogni aspetto del rapporto tra moda e ambiti culturali, sociali, mediali viene affrontato con competenza e lucidità. Elencarli tutti in sede di recensione sarebbe impossibile ma vale la pena sottolineare alcune delle linee più originali e promettenti: il rapporto tra fashion e culture digitali (videogame, social media, brand virtuali); la nuova attenzione posta sulle relazioni con media tradizionali come cinema/TV/fumetto ecc.; il tema dell’editoria che cambia (dalla carta alla Rete, con tutto l’annesso dei blog e delle nuove piattaforme comunicative); ancora una volta il corpo, wearable, e le tecnologie che lo organizzano e lo reinventano.
Certamente, I media e la moda non nasconde la sua ambizione di riuscire a sistematizzare un campo per sua stessa natura incontenibile e difficile da fissare, ma si tratta di paletti simili a quelli di uno slalom gigante, piantati a una certa distanza l’uno dall’altro, sopra un territorio montagnoso molto più ampio, il cui posizionamento si può ridisegnare da un momento all’altro, dove l’incertezza dei confini disciplinari va considerata una ricchezza impagabile, piuttosto che un limite per la penetrazione in ambito accademico e nella legittimazione culturale.
I media e la moda. Dal cinema ai social network, a cura di Adriano D’Aloia e Marco Pedroni, Carocci editore, Roma 2022.