«Ora, il presente libro si getta a capofitto tra le scoperte del futuro, tanto roboanti quanto chiaroscurali, di una civiltà planetaria guidata sia dai progressi sia dalle allucinazioni dell’Occidente» (Sisto 2023, pp. 29-30). Davide Sisto torna con un nuovo libro, I confini dell’umano. La tecnica, la natura, la specie (2023), edito da il Mulino per la collana Faustiana, diretta da Aldo Schiavone e dedicata al destino dell’Occidente. Si tratta di un saggio effettivamente chiaroscurale che, come di consuetudine per l’autore, si muove tra le discipline e le prospettive. Spaziando dalla sociologia alla filosofia, passando per riferimenti più pop, Sisto sviluppa i propri argomenti impiegando nozioni proprie dei Digital e Death Studies, per creare nuove prospettive su temi classici quanto attuali.
Il problema che si articola in queste pagine è sostanzialmente di orientamento e dunque non solo epistemologico ma soprattutto pratico, in riferimento alle nuove configurazioni dell’umano all’interno della «cittadinanza digitale mondiale» (ivi, p. 44), ovvero la dimensione comunitaria di quell’umanità odierna che l’autore definisce come «post-digitale» (ivi, p. 144). Il saggio rintraccia la genesi, più che la genealogia, della posizione umana all’interno di un ambiente sovra-saturato dalla tecnica. La nostra ibridazione coi dispositivi e le realtà digitali sarebbe, secondo l’autore, l’esito e il perpetuarsi di un fenomeno intimamente Occidentale, poiché imperniato sull’impiego della tecnica da parte degli esseri umani per superare i propri confini organici, di specie e naturali.
Nel primo capitolo, Sisto ripercorre alcune tappe del pensiero contemporaneo, principalmente euro-atlantico, partendo dal tecno-ottimismo dei futurologi e della cibernetica d’inizio Novecento, per passare poi attraverso i decenni bui dei conflitti mondiali e del conseguente pensiero di retroguardia, introdotto da filosofi pessimisti come Martin Heidegger (ivi, p. 21) o addirittura apocalittici come Gunther Anders (ivi, p. 23). All’avanzare delle innovazioni tecnologiche e delle inevitabili rivoluzioni sociali annesse, scaturirebbe dunque, secondo l’autore, uno scetticismo intellettuale per cui le contraddizioni del progresso verrebbero messe a nudo dai critici dell’alienazione, sia essa materiale, spirituale o politica, come nel caso del motto Thatcheriano del «There Is No Alternative» (ivi, p. 24).
Si entra ora nel vivo della questione che preme a Sisto, che si chiede: «Ha tuttavia senso un atteggiamento di prevalente prudenza e retroguardia? Rifiutare il cambiamento culturale legato alla tecnologia, limitandosi a una sterile contrapposizione tra la tradizione e il progresso?» (ivi, p.25). La risposta dell’autore è chiaramente negativa, e prosegue infatti affermando che: «L’Occidente sembra […] pronto in via definitiva a spianare la strada all’unificazione globale di una nuova umanità, la cui crescita – debordante – avviene nel nome del progresso, dell’autonomia e dell’emancipazione […]. [L]e cose non devono ancora avvenire. Stanno, di fatto, già accadendo e pure velocemente» (ivi, p. 25). Sisto dimostra grande sicurezza nei propri argomenti con una scrittura decisa, a tratti assertiva, ma sempre dinamica e intrigante nei continui ribaltamenti di scena. In effetti, la sincerità con cui viene appoggiato fin da subito un certo tecno-ottimismo, non impedisce all’autore di affrontarne le molte criticità nel corso del libro.
Nel secondo capitolo viene dedicata molta attenzione alle novità introdotte dalla rivoluzione digitale rispetto all’ambiente umano, specialmente rispetto ai confini dello spazio e del tempo che dovrebbero delimitarlo. I mezzi digitali, e in particolare lo smartphone, segnerebbero una nuova ontologia umana in virtù della loro ubiquità planetaria, dell’interconnessione globale e della loro pervasività in ogni ambito della vita quotidiana, compreso quello sanitario, come evidenziato dal periodo pandemico. Secondo Sisto, queste trasformazioni puntano al factum di un’unificazione globale in corso secondo un modello socioculturale propriamente occidentale, al netto delle variazioni sul tema (ivi, p. 38). In questo punto, come altrove, sembra essere un po’ scarna la trattazione delle differenze geografiche e dei modelli culturali alternativi che potrebbero opporsi a questa pre/visione sociologica che sussume in una traiettoria univoca tutta la globalità (digitale); si pensi, per esempio, anche solo alla comunità Amish, all’interno del contesto occidentale stesso.
Ad ogni modo, il saggio cerca di approfondire un altro aspetto della questione, ovverosia le possibili criticità interne, e forse per questo tende a trascurare quelle esterne al paradigma di riferimento. D’altro lato, è interessante osservare il procedimento argomentativo, quasi elenctico, di inversioni dialettiche operato da Sisto nei confronti dei pensatori di «retroguardia», per mostrare il lati benefici del meticciamento tra umanità e digitale. Tra questi, Sisto menziona il fatto che la digitalizzazione di molte risorse culturali avrebbe creato un «surplus di realtà vissuta» (ivi, p. 48), donando paradossalmente ancora più consistenza ontologica a quegli oggetti come libri, quotidiani, vinili, etc. (ivi, p. 59) rispetto a quando mancavano di un segno digitale che li archiviasse nell’ambiente online e che ne creasse, per dirla alla Deleuze, un referente virtuale delle proprie potenzialità.
Lo stesso discorso allora varrebbe anche con le memorie digitali delle biografie degli utenti, e in questo senso si attiverebbe un principio di «resistenza all’oblio» (ivi, p. 87): grazie all’intelligenza artificiale e all’archivio di tracce digitali lasciate durante la vita, si possono già creare degli avatar interattivi e in grado non solo di replicare i pattern comunicazionali del defunto, ma anche di apprenderne di nuovi. Pur limitandosi ai semplici profili social, Sisto sottolinea che questa rivoluzione dimostra «il ruolo del superamento tecnologico del transitorio all’interno della dialettica biologica tra la vita e la morte» (ivi, pp. 94-95). Assieme alla dialettica tra salute e malattia (ivi, p. 13), alterata dalla biomedicina, e a quella tra distanza e vicinanza (ivi, p. 14), modificata dalle telecomunicazioni, anche la mediazione tra stato organico e inorganico viene quindi a sfumarsi.
Di nuovo, alla sensazione di orrore e repulsione pronti a innescarsi di fronte a queste nuove pratiche di cordoglio digitale, Sisto risponde rammentando che si tratta semplicemente dell’«aggiornamento tecnologico di un comportamento atavico» di manipolazione della biografia dei morti da parte dei vivi (ivi, p. 104), e che effettivamente trova conferma già nella pratica stessa della sepoltura, volendo considerare il cadavere come traccia analogica di tale biografia.
Dell’ibridazione tra corpo analogico e digitale si occupa appunto l’ultimo capitolo, che ritorna sulla questione chiave dei «confini della pelle» (ivi, p. 120). A tal proposito, l’autore espone i capisaldi della teoria transumanista, primo tra tutti lo slogan politico «Rigettate il contenitore» del corpo: microchip, impianti, protesi, tutto vale nella corsa asintotica per l’immortalità. Questa corsa però, come sottolinea Sisto, contravviene ai principi di giustizia sociale siccome richiede delle risorse economiche e materiali inaccessibili per la stragrande maggioranza della popolazione mondiale.
Si tratta allora di combattere l’ibridazione che, come umanità post-digitale, già siamo e sempre più saremo? Non proprio. Si tratta piuttosto di mantenere un equilibrio critico e accogliente del progresso, per non scambiare la quantità (di anni vissuti) con la qualità (della vita), tra il desiderio di illimitato e le condizioni di salvaguardia che lo rendono possibile (ivi, p. 181). E infine, mediare tra le paure da retroguardia e un progresso inarrestabile.
Nonostante le fonti e l’ordine del discorso siano poco differenziati, il volume rimane importante nella propria agilità e accessibilità, grazie all’ampio insieme di elementi analizzati sotto una prospettiva ottimista e diplomatica. Ri/disegnare i confini dell’umano sarà quindi una sfida inevitabile, ma non per questo una tragedia annunciata.
Riferimenti bibliografici
G. Deleuze, Differenza e ripetizione, Raffaello Cortina, Milano 1997.
L. Ems, Virtually Amish. Preserving Community at the Internet’s Margins, MIT Press, Londra 2022.
Davide Sisto, I confini dell’umano. La tecnica, la natura, la specie, il Mulino, Bologna 2023.