Gino Galli è stato un pittore futurista, poco noto ai più. Dopo un promettente esordio nelle mostre e nelle principali pubblicazioni del movimento, è infatti progressivamente scomparso dalla scena artistica nazionale. La mostra al Museo Laboratorio di Arte Contemporanea della Sapienza di Roma si impegna ora a sottrarre Galli all’oblio, per restituire alla storia la biografia e l’operato artistico di uno degli esponenti del primo Novecento italiano. I curatori, il giornalista Edoardo Sassi e la ricercatrice Giulia Tulino, con il coordinamento scientifico di Ilaria Schiaffini, direttrice del Museo, hanno abilmente integrato le scarne informazioni finora note con ulteriori scoperte, rinvenute da archivi, riviste, biblioteche, e dai taccuini dell’artista, ripresi per la prima volta in questa importante occasione.

Chi ha conosciuto Gino Galli, lo ricorda come un giovane tormentato, dal carattere schivo e il temperamento da bohémien. Rifuggiva i circoli culturali mondani, ma frequentava il vivace studio romano di Giacomo Balla, e dell’artista era l’allievo prediletto, tanto che il maestro gli affidò l’istruzione della sua primogenita, Luce. Senza contare il suo stretto legame con Giuseppe Bottai, destinato a diventare uno dei protagonisti dell’amministrazione fascista.

Gli estremi cronologici della vita di Galli (1893-1944), che compaiono anche nel titolo dell’esposizione, non sono un dato riportato per prassi, ma intendono far emergere fin da subito l’apporto innovativo dell’indagine condotta dai curatori. Talmente oscura la sua figura agli studi, che spesso persino le informazioni anagrafiche erano riportate in modo errato. I documenti, le foto e la cinquantina di opere presenti in mostra fanno chiarezza anche sugli aspetti meno noti dell’artista, radunando preziosi materiali inediti. Molti dei dipinti, infatti, sono stati rintracciati per la prima volta dopo oltre un secolo dalle esposizioni presso la Casa d’Arte Bragaglia, il tempio dell’avanguardia futurista a Roma.

Pochissime sono le opere provenienti da collezioni pubbliche, come Insieme dinamico e coloristico di una peschiera (1914) e Dinamismo meccanico e animale (1916) della Fondazione Brescia Musei. Sassi e Tulino hanno seguito gli scarsi indizi a disposizione per rintracciare il resto nelle collezioni private, persino recuperando dipinti dimenticati in cantina, sottraendoli così alla rovina. L’operazione non si traduce in una semplice esibizione dei ritrovamenti, già di per sé eccezionali. I due hanno infatti ricostruito la storia espositiva delle opere e hanno tentato di datare quelle di cui non si conosceva l’anno di realizzazione, disponendole in un ordine cronologico che rende immediatamente chiari i vari momenti della ricerca creativa di Galli, anche nella fase in cui aveva smesso di esporre pubblicamente, ma non di impugnare i pennelli.

Apre la mostra il Ritratto della madre (1910), la sua prima opera conosciuta, che tanto aveva colpito Elica Balla, figlia di Giacomo, che a distanza di anni ricordava di averla vista da bambina il giorno in cui la nonna la portò in visita presso lo studio del pittore adolescente. Dai luminosi esordi divisionisti, si passa all’entusiastica adesione al Futurismo, proprio grazie agli insegnamenti di Giacomo Balla. Sia nei quadri dell’epoca che nelle illustrazioni di “Roma Futurista”, emerge chiaramente il segno sicuro di Galli, avviluppato in linee vorticose, che ben restituiscono quel dinamismo tanto caro all’estetica dell’avanguardia. Già in questa fase si intuisce il carattere peculiare della sua pittura, ragione del progressivo distacco dal movimento: egli applica sovente la grammatica futurista a quadri di soggetto più tradizionale, come I calzolai (1918-19) ed emerge chiaramente la sua fascinazione per l’occulto in opere enigmatiche come Le fasi della vita, dove i temi di amore e morte condividono la tela in una composizione visionaria su sfondo urbano.

Galli rifuggirà l’astrattismo ammanierato per approdare a tematiche più vicine al Realismo Magico di matrice bontempelliana: paesaggi, ritratti e nature morte sfilano lungo il percorso espositivo, bagnati da una calda luce solare, dove vedute e oggetti si caricano di un fascino suggestivo, sospesi in una dimensione senza tempo. Tra i volti, spicca quello di Bice Pupeschi, attrice e amante di Arturo Bocchini, capo della polizia segreta fascista. Oltre a costituire una rarissima rappresentazione della famosa donna (di lei si conosceva soltanto una foto a cavallo), l’opera costituisce la prova del possibile coinvolgimento di Galli nella rete di spionaggio politico del regime, di cui Pupeschi era confidente. La ritrattistica s’illanguidisce cromaticamente nelle rappresentazioni di corpi nudi, di cui sono riportati in mostra alcuni raffinati esempi, tra cui quello di un uomo – probabilmente l’amico Bottai – colto in un intimo atto di autoerotismo.

Come un cerchio che si apre e si chiude sullo stesso tema, la mostra termina con un’altra maternità, stavolta di carattere sacro. La Madonna con Bambino (1941) è l’ultima opera conosciuta di Galli, che riverbera di una luce giallognola e tremolante, testimone dell’inquietudine interiore che attanagliava il pittore verso la fine della sua vita. La mostra è un vero e proprio inno alla ricerca, in grado di fare luce sull’esistenza di un artista dimenticato. Esibisce tanto le eccellenti opere quanto l’impegno per la meticolosa ricostruzione della vicenda creativa di un pittore perlopiù trascurato dalla critica. Soprattutto, emerge l’incredibile risultato che ottiene uno studio quando diventa lavoro di squadra, che intreccia idee e competenze dei due curatori.

Il ricco catalogo edito da De Luca arricchisce di ulteriori voci le indagini su Galli. Oltre alla prefazione di Claudia Salaris, sui diversi aspetti del rapporto di Galli con il Futurismo scrivono Giancarlo Carpi, Antonella Pesola, Enrico Bitotto e Tommaso Mozzati, mentre Massimo Rossi Ruben problematizza l’irragionevole scomparsa dal sistema arte del  pittore dalla «mano felice», come lo descriveva Enrico Crispolti. Di estremo interesse sono anche le puntuali descrizioni di chi si è occupato della revisione conservativa e diagnostica delle opere in vista dell’esposizione, permettendo interessanti scoperte, come la corretta datazione di Simultaneità. Donna-Bimbo-Piante (1914), finora genericamente attribuita alla fine degli anni dieci.

La mostra, inoltre, non può dirsi chiusa in se stessa, anzi apre ulteriori piste di indagine anche al pubblico in visita: sullo schermo del Museo scorrono le opere note di Galli attualmente disperse, di cui sono state ritrovate le foto all’interno dei taccuini dell’artista. Un invito aperto di Sassi e Tulino a partecipare alla loro avventurosa “caccia al tesoro”, aggiungendo ulteriori tasselli al mosaico composito dell’arte italiana del XX secolo.

Riferimenti bibliografici
E. Sassi, G. Tulino, a cura di, Gino Galli (1893-1944). La riscoperta di un pittore tra Futurismo e Ritorno all’ordine, De Luca Editori d’arte, Roma 2023.

Gino Galli (1893-1944). La riscoperta di un pittore tra Futurismo e Ritorno all’ordine. A cura di Edoardo Sassi e Giulia Tulino, MLAC – Museo Laboratorio d’arte Contemporanea, Sapienza Università di Roma, 10 marzo 2023 – 06 maggio 2023.

Share