Gianfranco Baruchello (1924–2023), artista tra i più significativi nel panorama italiano e internazionale del secondo dopoguerra, ha attraversato con indipendenza le principali tendenze dell’arte del XX Secolo. Pittore, cineasta e scrittore, ha realizzato installazioni, oggetti e progetti tra arte e agricoltura. Mondi Possibili è il titolo di una mostra a cura di Carla Subrizi presso l’Accademia dei Lincei nella rinascimentale Villa Farnesina, a conclusione delle attività intraprese dalla Fondazione Baruchello nel centenario della sua nascita. La curatrice, storica dell’arte e docente alla Sapienza, nonché compagna di lavoro e di vita di Baruchello per più di trent’anni e Presidente della Fondazione, ha progettato e messo in atto un sistema di approfondimento e di esposizione articolato in una modalità particolarmente congeniale al fare di un artista, che ha sempre declinato la sua ricerca su un doppio registro: quello dell’idea e quello della produzione.
Gianfranco Baruchello ha spesso utilizzato la parola “sistema“ per definire una sua modalità di operare. Alla corrispondente voce nella Psicoenciclopedia Possibile leggiamo: «Ricerca della possibilità di produrre, nei diversi modi dell’arte, uno spazio dove le contraddizioni possano coesistere dando luogo a una serie di piccoli sistemi da proporre come alternativa ai grandi sistemi della politica, della religione, della ideologia» (2020). L’esposizione è stata ideata in concomitanza di un Convegno Internazionale di Studi e il progetto nel suo insieme è una lente che ha dato la possibilità di mettere a fuoco ed entrare all’interno del pensiero e dell’opera dell’artista che, come disse Duchamp, faceva “dei grandi quadri bianchi, con delle cose piccole piccole che bisogna guardare da vicino”.
Punto di partenza per questo lavoro di avvicinamento e approfondimento è stato l’importante Convegno Internazionale che si è tenuto il 23 e il 24 gennaio 2025, dove trenta relatori hanno dedicato i loro interventi ad indagare la ricerca dell’artista attraverso una innovativa impostazione. Promosso dall’Accademia Nazionale dei Lincei – con un Comitato scientifico formato da Roberto Antonelli, Lina Bolzoni, Piero Boitani, Carla Subrizi, Claudio Zambianchi e Alessandro Zuccari – in collaborazione con la Bibliotheca Hertziana diretta da Tristan Weddigen, la Facoltà di Lettere e Filosofia della Sapienza Università di Roma, e la Fondazione Baruchello, il Convegno ha ripercorso tutta l’opera dell’artista, dagli inizi e fino al 2023, senza osservare rigide griglie tematiche o cronologiche. Gli intrecci, le giustapposizioni, i dialoghi tra opere di Baruchello e quelle di altri artisti, hanno restituito un panorama complesso, fatto di echi e risonanze, di tematiche e ricerche mai abbandonate nel corso di circa sette decenni di lavoro.
Uno degli elementi che ha caratterizzato questo sistema è stato, oltre al grande lavoro di ideazione iniziato già prima della pandemia, l’approccio metodologico adottato da Carla Subrizi e dalla Fondazione: mettere a disposizione dei relatori, diversificando per ognuno di noi, documenti d’archivio, testi, opere e materiali inediti, connessi ai temi affrontati dal convegno e permettendo così approfondimenti su diversi livelli. Questi materiali fotografati, digitalizzati e resi fruibili per l’occasione, in un continuo scambio di riflessioni e centramenti hanno dato vita a un esteso gruppo di lavoro. La possibilità per ognuno di noi di avere accesso a un ampio materiale di studio relativo a un singolo argomento ha consentito il passaggio da un momento storico di produzione a un momento storico di ingresso nel discorso dell’arte favorendo la configurazione di scenari narrativi inediti. Come è stato sottolineato alla fine del Convegno, i documenti hanno prodotto qualcosa di più di un dialogo: una forma di laboratorio di ricerca che si è avvertita durante i lavori. Ideata in continuità con questa fase di approfondimento, la mostra Gianfranco Baruchello. Mondi Possibili, inaugurata alla fine dei lavori, si articola fra l’interno e l’esterno di Villa Farnesina, dove le opere di Gianfranco Baruchello dialogano con quelle presenti nelle sale.
Ma come rintracciare il passato nella dimensione del presente? Come confrontarsi con gli affreschi di Raffaello, Peruzzi o del Sodoma? Carla Subrizi dopo una intensa frequentazione di questi spazi racconta la sua riflessione:
Ho pensato che non dovessero dialogare gli artisti ma le opere, perché le opere sono un qualcosa che va oltre il loro tempo. Mettere in cortocircuito storie, immaginari, iconografie, non solo per individuarne le fonti ma per capire come le opere siano entità in continua trasformazione, in cui sopravvive il passato nel presente, arrivando a dire sempre qualcosa di nuovo. I Mondi possibili sono territori di confine, anche tra presenza e assenza.
Il percorso espositivo inizia nei giardini della Villa dove è stata piantumata l’opera del 2009 Giftpflanzen, gefahr! (Piante velenose, pericolo!). Questo giardino di piante velenose è un’installazione permanente che permette di rileggere un giardino storico con una risonanza che viene da lontano. Le riflessioni intorno alla natura e al vegetale in rapporto con l’ambiente iniziano per Baruchello già negli anni settanta con il grande esperimento tra arte e agricoltura Agricola Cornelia sui terreni da lui acquistati nella periferia romana per sottrarli alla dilagante speculazione edilizia, in seguito diventati un giardino negli anni ottanta e dal 1998 sede della Fondazione.
Entrando all’interno della Villa nella Loggia di Amore e Psiche affrescata da Raffaello, si incontrano quattro sagome di teste bianche, queste opere sono “teste aperte”: al loro interno si addensano disegnate a china ciò che Baruchello definisce tra il 2014 e il 2016 un “pulviscolo” di immagini: un mormorio indistinto che richiama sistemi fragili di associazioni tra pensieri, percezioni, stati d’animo. Un mormorio che – come dice il titolo Murmur – si diffonde nell’ambiente circostante. Le opere tornano ad una riflessione iniziata nel 1964 sul tema del corpo e riconducono a una dimensione interiorizzata, del corpo che si apre al mutamento, alla metamorfosi. Baruchello rilegge in quegli anni Ovidio e Apuleio e pensa a “la trasformazione di un essere o di un oggetto in un altro di natura diversa”.
Quando si arriva alla Loggia di Galatea, affacciata sul Tevere e dipinta da Raffaello con la storia della Ninfa di cui s’innamora il Ciclope, anche questa narrata da Ovidio, troviamo il Fiume (1982 – 1983), opera composta da 11 tele dipinte con smalti industriali e china, che per la prima volta viene allestita in orizzontale sviluppandosi in parallelo sul lato lungo della loggia. Per la curatrice “è l’opera perfetta per questo ambiente: un autoritratto biografico e un’allegoria del tempo come flusso, che si connette alle riflessioni sull’arte, l’agricoltura e l’ecologia”. Il fiume bloccato nelle sue anse simboleggia una crisi personale che l’artista viveva tra la fine degli anni sessanta i primi anni ottanta e che diviene consapevolezza di una crisi ambientale. Lungo il corso del fiume possiamo osservare elementi storici e culturali che emergono nel caratteristico linguaggio visivo di Baruchello. L’azzurro dell’acqua, nota l’artista, suggerisce l’oblio.
Il tema dell’ambiente, ma con una visione più politica, si ritrova nella riflessione sulla casa e l’abitare che l’artista intraprende sempre negli anni settanta attraverso disegni, dipinti e oggetti che evocano intimità e memoria. Nel 1979 il libro L’Altra casa con una prefazione di Jean-François Lyotard edito da Galilée, approfondisce questo legame. La Casa in fil di ferro (1975) è una struttura fragile e aperta, che evoca viaggi della mente più che di possesso territoriale. Nella Sala del Fregio, dove si narrano le fatiche di Ercole, quest’opera appare come un disegno nello spazio, è un invito a superare muri e confini attraverso il pensiero, proprio come Ercole affronta ostacoli e prove nel suo percorso.
Una presenza quasi inaspettata ma forse tra le più significative è il piccolo lavoro su due strati di plexiglass con disegni a smalto industriale e china del 1966 dal titolo Oh, Rocky Mountains Columbine. Si tratta di un’opera realizzata a New York, ed è probabilmente proprio dal contesto americano che deriva il titolo. La Rocky Mountain Columbine (o Aquilegia coerulea) è una pianta erbacea perenne con fiori azzurri che cresce nei boschi delle Montagne Rocciose (Rocky Mountains) e classificata come velenosa. Questo lavoro fa parte della serie di plexiglass esposti a New York nel 1964 e 1966, in cui l’artista utilizza l’espediente della riduzione di immagini e parole per far coesistere realtà e immaginazione in uno stesso spazio. Nel dialogo con gli affreschi della Saletta Pompeiana, si crea un ambiente stratificato che invita all’osservazione. Elementi come fiori, un uccello e lacrime rosse trovano risonanza nel colore delle pareti e con la decorazione della sala.
Al piano superiore, dopo aver attraversato un cantiere di restauro, nella Sala di Alessandro Magno e Roxane dove sono affrescate le gesta dell’uomo che aveva costruito uno dei più grandi imperi della storia, troviamo esposta a Roma per la prima volta Il Monumento ai non eroi (1962): una stele dipinta di bianco ironica nella sua austerità. Alla mitologia dell’eroe, all’idea del monumento, Baruchello risponde con una riflessione sui non eroi, su coloro che, a causa di una guerra, sono scomparsi nell’oblio della storia. Il bianco della pittura annulla una serie di oggetti (una feluca da Carabiniere, stemmi, libri e giornali) assemblati sulla stele di legno privandoli della loro funzione simbolica.
Questa esposizione mostra come le opere di Gianfranco Baruchello possono creare connessioni inedite tra storia, politica, sogno e natura, attraversando non solo i confini temporali ma anche quelli tra realtà e immaginazione. Una ricerca che rende possibile il dialogo tra epoche diverse, svelando aspetti nascosti della Storia e del nostro immaginario collettivo. Secondo Carla Subrizi: “Baruchello sarebbe stato felice di questa mostra soprattutto per il suo rapportarsi con i maestri del passato, da Leonardo da Vinci a Bruegel, da lui citati in numerosi appunti”. Per Gianfranco Baruchello i maestri erano coloro che avevano già pensato al posto suo, come se ricongiungendosi a un pensiero già stato formulato questo può diventare qualcosa da cui ripartire. Non gettare via il passato, ma incorporarlo nel proprio immaginario per continuare a far vivere quello che è stato già fatto e pensato. Un’altra possibilità per fare mondi.
Riferimenti bibliografici
G. Baruchello, Psicoenciclopedia possibile, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Treccani, Roma 2020.
G. Baruchello, J. F. Lyotard, L’Altra casa, Galilée, Parigi 1979.
A. Bonito Oliva, C. Subrizi (a cura di), Baruchello. Certe Idee, Electa, Milano 2011.
S. Hecker, Conversation with Carla Subrizi, in S. Hecker e T. Kittler (a cura di), Art and Intimacy in Modern Italy: Entangled Lives, Bloomsbury, London 2025.
C. Subrizi, Psicoenciclopedia possibile. Note a margine. L’arte come esperimento del sapere, Treccani, Roma 2020.
Gianfranco Baruchello. Mondi possibili, a cura di Carla Subrizi, 25 gennaio 2025 – 3 maggio 2025, Villa Farnesina, Roma.
* In copertina foto di Alessia Calzecchi.