Sono due le modalità attraverso cui poter leggere Continente Sicilia, il titolo della mostra che si è appena conclusa al Centro Internazionale di Fotografia di Palermo e che, dopo venticinque anni, ha riportato Franco Zecchin nel capoluogo siciliano. La prima possibilità di lettura ci viene data da un ricordo dello stesso fotografo milanese: “Continente” e “Sicilia” indicavano, infatti, le due differenti fessure delle cassette postali collocate a Messina, nei pressi dell’imbarco dei traghetti. Estrema propaggine meridionale, la Sicilia era considerata nel suo rapporto inscindibile con l’Europa e, al contempo, come un luogo geografico a sé stante, ultimo avamposto da attraversare prima di raggiungere il continente. E, del resto, Fernand Braudel aveva individuato proprio nella Sicilia quella soglia che divide in due il Mediterraneo, quella zona di frontiera fra la sponda nord e quella meridionale del mare, fra l’Oriente e l’Occidente. Continente e Sicilia, dunque. Ma è sempre Braudel a suggerirci un’altra modalità attraverso cui guardare al titolo della mostra: per lo storico francese, la Sicilia era un continente in miniatura, un microcosmo allo stesso tempo rinchiuso in se stesso e aperto all’infinità di contatti che, nei secoli, ne hanno costruito l’identità. Continente, Sicilia.
Giocare con le parole, muoverle, significa certo aprirsi alla possibilità di molteplici punti di vista e nuovi interrogativi. E, tuttavia, a richiamare qui questo “spostamento” è lo scarto che si produce tra le parole del titolo. Uno spazio indeterminato che diventa urgenza, manifesta cioè la necessità di dover tener conto della difficoltà stessa in cui ci si imbatte ogni qualvolta ci troviamo ad affrontare un corpus fotografico che racconta la Sicilia. Un’esigenza, questa, che richiede allora l’adozione di uno sguardo critico, di un’attitudine capace di guardare all’immagine della Sicilia come una formazione complessa, stratificata e che, come tale, richiede di essere indagata.
Sono oltre novanta — tutte in bianco e nero — le fotografie che compongono Continente Sicilia, un corpus che copre gli “anni siciliani” di Franco Zecchin, dal 1975 al 1994. Giunto a Palermo da Milano, Zecchin si unì, poco più che ventenne, alla squadra di fotografi del giornale L’Ora, ritrovandosi a documentare la mattanza che, proprio in quegli anni, iniziava ad abbattersi su Palermo con la cosiddetta “Seconda Guerra di Mafia”. E ad aprire il percorso della mostra è proprio una di quelle immagini che hanno portato all’attenzione dell’intera nazione la ferocia di Cosa Nostra: è la fotografia dell’assassinio di Benedetto Grado, ucciso dai corleonesi a Palermo, nel 1983 — l’immagine è diventata famosa anche per l’utilizzo improprio che, successivamente, ne fece Benetton.
E di morti e sangue ci raccontano anche altre foto: il boss Stefano Bontade, ucciso a Palermo nel 1981, il procuratore capo Gaetano Costa, assassinato nel 1980; e poi Paolo Amodeo, freddato nella sua salumeria nel quartiere Brancaccio di Palermo, nel 1982, fino ad arrivare alla strage di Capaci, che colpì il giudice Giovanni Falcone, nel 1992. Della strage di Via D’Amelio, che uccise il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta, Zecchin ci mostra solo un gatto ferito dall’esplosione e che cammina tra i detriti, ultimo residuo di vita in un’immagine impregnata di morte. Gli scatti realizzati durante i processi, così come le immagini dei funerali delle vittime — tra queste vi è anche Peppino Impastato — completano il quadro di quella parte di storia siciliana segnata dai colpi delle armi da fuoco e dal tritolo.
Così come è stata fin qui descritta, la mostra potrebbe apparire come una ricostruzione fotografica della guerra di mafia. In realtà, le immagini finora tracciate costituiscono solo una piccola parte del corpus fotografico esposto. La potenza di Continente Sicilia consiste, infatti, nella capacità di disinnescare la forza brutale di queste immagini attraverso il loro montaggio tra altre foto. Ed è ancora una volta nello spazio del tra che si gioca la possibilità di costruire una narrazione diversa, non più determinata unicamente dall’immaginario mafioso.
Che cosa vediamo, allora? Le feste religiose incontrate a Palermo e nel resto della regione, la condizione dei malati all’interno degli ospedali psichiatrici, la miseria delle case nei quartieri più poveri di Palermo; a queste, si alternano immagini di spazi urbani, scene di vita quotidiana — come il bacio di una coppia sul belvedere di Monreale — le maschere di carnevale e quelle delle feste nei salotti borghesi della città. Al dovere di cronaca, il fotografo affianca impegno civile e una ricerca estetica mai banalizzante, non diaframmata da una conoscenza pregressa e stereotipata, ma capace di restituire l’immagine della Sicilia nella sua complessità poliedrica.
Sebbene questa rimanga chiusa nella sua unicità insulare, nel suo essere micro-continente, il lavoro di Franco Zecchin ci mostra come la Sicilia non può essere rappresentata attingendo a quel serbatoio di cliché che hanno contribuito a reiterare nel tempo l’immagine di una regione ferma nel tempo e asservita ai poteri forti. La realtà siciliana è invece densa, porosa e, soprattutto, inserita nei cambiamenti sociali e culturali che, nel periodo in cui il fotografo milanese si trova in Sicilia, stavano attraversando l’Italia. Sono soprattutto le immagini dei movimenti studenteschi, delle lotte nelle Università e delle occupazioni della base americana di Comiso a mostrarci la Sicilia come luogo di sperimentazione politica, come terreno recettivo e aperto.
Se la Sicilia racchiude in sé l’identità di un continente, il lavoro di Franco Zecchin ha indagato, attraverso il suo obiettivo fotografico, le diverse stratificazioni e sfaccettature che ne compongono l’immagine. Soprattutto, le fotografie di Zecchin si inseriscono in quel tra che lega “Continente” e “Sicilia”, ri-giocando nuovamente quello spazio indefinito attraverso nuove possibilità di lettura. Del resto, tra il continente e la Sicilia vi è solo una striscia di mare. O, forse, solo una buca delle lettere.
Riferimenti bibliografici
F. Braudel, Memorie del Mediterraneo, Bompiani, Milano 1998.
F. Zecchin, Continente Sicilia, Postcart Edizioni, Roma 2019.
*L’immagine di anteprima è un dettaglio di: Panchina. Palermo 1985. © Franco Zecchin