“Entrate, coraggio”: è questo l’invito di Lydia Deetz – Winona Ryder allo spettatore, parole pronunciate mentre guarda in macchina, immediata rottura della quarta parete. É impossibile ignorare la proposta, che non si limita solo al rimanere seduti sulla propria poltrona a guardare la storia che scorre sullo schermo; questa volta, è un incitamento ad accompagnare lo stesso Tim Burton nella discesa nel suo mondo, nei suoi ricordi, nella sua stessa vita, tornando con Beetlejuice Beetlejuice a una storia che si era interrotta nel 1988.
Nel sequel di Beetlejuice, la narrazione riprende mostrando Lydia alle prese con la sua nuova carriera da presentatrice televisiva. Ha raggiunto la fama grazie a un programma dove lucra sulla sua capacità come medium, affiancata da un compagno interessato unicamente al suo successo e costantemente ossessionata dalla visione dei morti che la circondano. All’improvviso viene avvisata della morte del padre Charles da Delia, matrigna con la quale ha sempre avuto un rapporto travagliato, riflesso in parte anche nella relazione con sua figlia adolescente Astrid. L’ossessione di Lydia per i non morti crea un ulteriore distanza tra madre e figlia, in cui il genitore risulta del tutto inaccessibile alla ragazza. Pur essendosi trasferita lontano da Winter River per dimenticare gli avvenimenti del passato, la veglia funebre la riporta insieme alla sua disfunzionale famiglia alla Ghost House dove è cresciuta. Tornando nel suo territorio, la minaccia di Beetlejuice (mai del tutto svanita dagli incubi della donna) comincia a farsi sempre più concreta, affiancata però dai problemi non risolti che la inseguono nel mondo dei vivi. L’ironia sulla morte viene portata sin da subito all’estremo, rivelando sempre più sfaccettature dell’aldilà, dove si sviluppa una storia parallela a quella dei Deetz per via del risveglio di Delores, ex moglie di Beetlejuice, decisa ad annientarlo per averla fatta a pezzi poco dopo le nozze.
Beetlejuice Beetlejuice non è solo un omaggio al film culto degli anni ottanta. È un’opera che non parla più solo di fantasmi, ma che piuttosto analizza le fantasmatiche presenze che hanno da sempre caratterizzato la carriera di Burton, tornando costantemente sotto forma di pattern narrativi nei suoi lavori; pensiamo al complesso rapporto con la famiglia e ad una concezione dell’adolescenza come fase caratterizzata dalla solitudine. Lydia è stata già nel primo film un perfetto specchio della prima giovinezza del regista: portata al continuo scontro con i propri genitori per via della loro incapacità di comprenderla, felice solo nel proprio isolamento. Si sente veramente accettata solo nel momento in cui fa amicizia con i Maitland, coppia di fantasmi con cui si trova (forzatamente) a convivere. Il suo personaggio in età adulta è ancora immerso in una situazione poco stabile a livello familiare, tormentato dal ricordo degli avvenimenti che l’avevano vista protagonista da ragazza e incapace di creare con sua figlia quel rapporto di fiducia che lei stessa avrebbe desiderato.
Lydia Deetz si conferma come personaggio-intercessore del regista, per conto del quale parla, dando corpo sullo schermo alla sua crescita personale e artistica, riassunta attraverso il percorso della protagonista. Il ruolo di mediatrice assume un’ulteriore sfumatura metacinematografica nel momento in cui a interpretarla è la musa di Tim Burton, Winona Ryder, che torna a recitare il ruolo con cui è stata resa nota al grande pubblico. Questa volta, però, rivela le debolezze del suo personaggio, mostrandone le imperfezioni e l’umanità – quello che realmente la distingue dai personaggi che popolano l’oltretomba. Quando si troverà costretta a razionalizzare le sue paure per salvare chi ama e per poter finalmente andare oltre la sua adolescenza, il regista stesso utilizza il suo corpo per mettere in scena i propri traumi. La differenza rispetto a Beetlejuice, in cui il terrore (e di conseguenza ogni problema) svanisce nel momento in cui lo spirito viene richiamato nell’oltretomba, è la volontà di elaborare e razionalizzare il proprio passato, affrontando tutto ciò che è rimasto irrisolto.
Quando Lydia incontra nuovamente Beetlejuice, non scappa da lui ma accetta di collaborare per salvare Astrid dall’aldilà, dove corre il rischio di essere intrappolata per sempre per via dell’inganno di una fantasma che cerca di rubarle la vita. Una volta superato il confine del viaggio spettrale, i rapporti non potranno più essere gli stessi. Tra madre e figlia avviene un riavvicinamento che diventa un simbolico passaggio di testimone generazionale, dall’attrice che ha segnato la prima parte della carriera di Burton (Ryder) a quella che ha preso parte ai lavori più recenti (Ortega). Lo stesso spirito non è condannato nuovamente alla prigionia nell’aldilà ma esplode davanti agli occhi di Lydia dopo un incantesimo, simbolo di un definitivo scioglimento delle tensioni irrisolte tra i personaggi, che entrano in una nuova fase della loro vita e della loro relazione. Ora che uno dei simboli più noti dell’universo creativo di Burton è stato distrutto, è possibile anche per il regista guardare avanti dopo aver elaborato attraverso il formato filmico la propria interiorità.
Non è più possibile credere a una possibile coesistenza tra il mondo dei fantasmi e quello dei vivi, tra un universo fantastico e quello reale, nascondendosi nelle proprie fantasie. Non a caso, la canzone eseguita dal coro funebre per il funerale di Charles è proprio Day-O (Banana Boat Song) di Harry Belafonte, in precedenza simbolo della finale convivenza tra i Maitland e i Deetz. Non si tratta di un tributo, ma di un saluto.
Nel finale, Lydia Deetz torna nuovamente a guardare in camera, fissando lo spettatore dritto negli occhi, questa volta per chiudere definitivamente il suo show televisivo, riprendere in mano la sua storia e il rapporto con la figlia. Le parole pronunciate da Lydia – Winona sembrano ancora una volta palesare i sentimenti di Burton e suonano come un’innegabile conclusione, quantomeno momentanea, di un percorso (anche di vita) che sperimenterà strade differenti: “Questa è l’ultima puntata. Ho passato così tanto tempo a parlare con i morti che ora è giunto il tempo di vivere”.
Beetlejuice Beetlejuice. Regia: Tim Burton; sceneggiatura: Alfred Gough, Miles Millar; fotografia: Haris Zambarloukos; montaggio: Jay Prychidny; musiche: Danny Elfman; interpreti: Michael Keaton, Winona Ryder, Catherine O’Hara, Justin Theroux, Monica Bellucci, Arthur Conti, Jenna Ortega, Willem Dafoe; produzione: Warner Bros. Pictures, Marc Toberoff, Dede Gardner, Jeremy Kleiner, Tommy Harper, Tim Burton; distribuzione: Warner Bros. Entertainment Italia; origine: USA, Regno Unito; durata: 104’; anno: 2024.