Le saghe dei supereroi sono venute a costituire un nuovo genere cinematografico, il cinecomic supereroico, che si caratterizza per la sua capacità di inglobare all’interno di una narrativa derivata dai fumetti, elementi estetici provenienti da tutto lo spettro dei generi del cinema popolare. Fantascienza, fantasy, action e noir fungono da riferimenti primari, ma sono presenti, in misura variabile, anche elementi provenienti da adventure, war movie, horror e persino dalla commedia romantica. Inoltre il carattere transgenerazionale della serialità che lo definisce e l’universo simbolico entro cui si dipana la sua mitopoiesi, rendono il cinecomic supereroico un ottimo teatro per la messa in scena dei processi culturali che attraversano la società occidentale. Jeffrey, per esempio, vede nell’idea di corpo postumano, da esso propagandata, una risposta alla crescente tecnologizzazione della società. Addirittura, si spinge a indicare nel corpo supereroico un legame con il concetto di cyborg di Donna Haraway: il corpo del superuomo, come quello dell’uomo/macchina diventa un possibile esempio di autodeterminazione dell’individuo, al di fuori delle strutture culturali binarie del capitalismo patriarcale.

Si consideri poi come i nuovi cinecomic supereroici appartengano a un tipo di cinema che, facendo largo uso di set digitali e personaggi animati, propone una riflessione sullo statuto ontologico dei corpi che esso rappresenta. Il cinema digitale, nota infatti Cappabianca, è un cinema che, non raffigurando le tracce di una corporeità legata a un referente reale, è in grado di costituirsi in una sorta di mondo astratto delle idee, tale da rimandare all’universo simbolico degli archetipi. Tenendo presente questi presupposti, si può, allora, interpretare il recente Aquaman di James Wan come una rappresentazione di alcuni corpi archetipici, che abitano una particolare geografia dell’immaginario fantastico.

In primo luogo, il corpo di Jason Momoa, che interpreta il protagonista Arthur, va letto come paradigma del corpo eroico del cinema fantasy (nella variante heroic fantasy). Questo genere, che ruota attorno alle gesta di un guerriero in un mitico tempo arcaico, fa dell’immagine di un corpo perfetto il canone per la rappresentazione dell’umano. Il perfect body di Arthur incarna proprio tale modello. È un corpo che ancora cerca appiglio in un referente organico, facendosi segno di quel concetto di mascolinità tradizionale legata al culto dell’eroe guerriero.

Laddove però questo tipo di corpo eroico è definito dalle proprie azioni risolutive, in una narrazione volta a esaltarne le qualità fisiche e la sessualità, qui esso risulta desessualizzato, oltreché incapace di trovare una propria giustificazione narrativa, attraverso la messa in atto della propria forza. Il ruolo classicamente maschile di vettore dell’azione eroica si sposta, invece, verso un corpo femminile. L’atlantidea Mera, infatti, non solo dà il via alla narrazione vera e propria, ma ne determina anche lo svolgimento. Il riferimento alla storia di Pinocchio, allora, in cui l’eroe si riconosce, non appare fuori luogo. Arthur, al contrario di Mera, corpo agente, è esattamente come una marionetta: un simulacro agito da forze esterne.La geografia dell’immaginario fantastico che questo corpo deve attraversare, in tale prospettiva, assume un’importanza che va oltre la necessità di fornire uno sfondo all’azione. I luoghi che la caratterizzano si costituiscono come dei segni rappresentativi di quei generi cinematografici che Wan ritiene più rilevanti nella costruzione del cinecomic supereroico. Essi forniscono una sublimazione simbolica per la realtà, ridotta a ri-costruzione mitica/cinefila. All’interno di questa, il corpo eroico intraprende un viaggio costruito sulle coordinate dello schema narrativo del viaggio dell’eroe mitico, per poter rinegoziare le proprie funzioni.

Atlantide è così una rielaborazione della megalopoli postmoderna, rappresentata secondo coordinate visive cyberpunk, debitrici degli anime e di Blade Runner (Scott, 1982). Una civiltà proiettata nel futuro, ma ancora incatenata alle dinamiche di un antico potere totalitario, retto da quei valori militari che, secondo Masters, forniscono la base a ogni moderna rielaborazione tecnologica dell’umano. Qui il corpo eroico affronta il proprio doppio, il fratello cattivo Orm. Cioè, come in un gioco di specchi, il simulacro dei valori patriarcali, la cui affermazione, per tradizione dovrebbe appartenere all’eroe.

Successivamente alla fuga da Atlantide, si ha uno spostamento dal deserto del Sahara a una Sicilia fittizia, metonimia per l’Italia filmica di pellicole come Vacanze romane (Wyler, 1953). Abbandonato il luogo topico dell’action/adventure anni ottanta e arrivato nel luogo della commedia romantica, il corpo eroico si trova privo di un sistema di riferimento identitario. Per trovarne uno inizia un processo di riconfigurazione valoriale, imparando a svolgere la nuova funzione di catalizzatore del desiderio femminile. All’interno di tale processo si inserisce, inoltre, la necessità di superare due delle varianti che l’identità maschile assume nel regime discorsivo della rappresentazione del corpo fantastico: i corpi mutanti del cyborg/arma vivente e del mostro.

Il primo (il villain Black Manta con il suo esoscheletro cibernetico) rappresenta l’evoluzione dell’apparato di potere di Atlantide: il desiderio di completo e totale controllo di una mascolinità forgiata da un sistema industriale-militare. Non a caso appare tra le rovine di un Impero romano da peplum, in mezzo a statue semidistrutte, cioè in mezzo a simulacri di un modello classico di umanità che risulta antiquato rispetto a quello cibernetico. Il secondo emerge, invece, dagli abissi di un mare in tempesta e assume la forma ibrida di mostruosi uomini-pesce, i Trench. All’interno di un set per un horror di matrice lovecraftiana, si presenta, dunque, quell’antico pericolo ontologico posto dall’ibridazione con l’Animale, capace di trascinare il corpo dell’eroe nel completo annullamento identitario del mostruoso.Infine l’ultima tappa del percorso di questo viaggio coincide con quella che Campbell, ne L’eroe dai mille volti, descrive come la caverna del drago al centro del mondo. Wan fa coincidere questo topos mitico con un luogo topico della fantascienza classica – il centro della Terra de Il viaggio al centro della Terra (Levin, 1959). Nel regno di un genere che, indagando l’impossibile, propone inedite definizioni di umano, l’eroe conquista un nuovo statuto ontologico.

È interessante come ciò non avvenga attraverso lo scontro con un drago, immagine interiore del padre/orco da uccidere, secondo la classica interpretazione psicanalitica del viaggio dell’eroe. Al contrario Arthur conquista il suo nuovo corpo di Aquaman, stabilendo un legame mentale e affettivo con il drago della caverna, un kraken dalla voce femminile. Questa soluzione narrativa, insieme al ritrovamento della madre perduta, Atlanna, inserisce la rinascita simbolica del corpo eroico all’interno di un ordine di valori etici matriarcali, in grado di sostituire la violenza verso l’altro con la sua assimilazione.

L’eroe raggiunge così uno status oltreumano attraverso una connessione che annulla definitivamente le differenze organiche fra corpo umano e mostruoso, assimilando quest’ultimo all’interno di una più ampia definizione di umano. Si può quindi concludere che in Aquaman si afferma la dissoluzione del corpo dell’eroe guerriero del fantasy all’interno di un nuovo corpo superumano, dai tratti messianici. Di un corpo, cioè, che annuncia l’apparizione di una nuova raffigurazione dell’identità maschile nel genere supereroico. Una raffigurazione capace di cancellare la vecchia immagine di mascolinità patriarcale e di svolgere le proprie funzioni narrative all’interno di una struttura simbolica matriarcale incarnata, qui, nell’archetipo culturale della rappresentazione delle tre età della donna (Mera, Atlanna e la millenaria kraken).

Riferimenti bibliografici
J. Baudrllard, Lo scambio simbolico e la morte, Feltrinelli, Milano 2015.
J. Cambell, L’eroe dai mille volti, Lindau, Torino 2012.
A. Cappabianca, Alla ricerca del corpo perduto. Perversione e metamorfosi del cinema, Bulzoni, Roma 2012.
S. Jeffrey, The Posthuman Body in Superhero Comics. Human, Superhuman, Trashhuman, Post/Human, Springer Nature, New York 2016.
C. Masters, Cyborg soldiers and militarised masculinities, Eurozine 2010.
F. Pagello, Grattacieli e superuomini. L’immagine della metropoli tra cinema e fumetto, Le Mani, Recco 2010.
M. Stefanelli, Il boom del cinefumetto e dei suoi confini, in “Cinergie” n.15, 2008.

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