Alla soglia dell’immagine troviamo, di solito, una cornice, o un dispositivo che ne faccia le veci separandola dal mondo e guidando lo sguardo: un piedistallo, una nicchia, il bordo di uno schermo, lo schermo stesso, superficie rigida che insieme mostra, nasconde e ripara. Che cosa succede quando questa soglia si fa permeabile, come la superficie dell’acqua o del mercurio, o ancor più come una nebbia che riempie l’ambiente in cui ci troviamo e in cui è possibile sostare? Secondo Pinotti oggi si possono riconoscere sempre più immagini con caratteristiche apparentemente inedite, che tendono a superare, penetrare o infrangere il dispositivo di soglia che le separa dall’ambiente: dal cinema in 3D alle esperienze sinestetiche che coinvolgono anche il tatto o l’olfatto, dalle riprese a 360° agli ambienti immersivi in realtà virtuale o aumentata. Strettamente correlati alla tendenza allo scorniciamento tipica di queste nuove immagini ambientali sono il senso di presenza e quello di immediatezza.
Se le immagini possono essere tradizionalmente definite a partire dal loro carattere di rappresentazioni, di mediazioni e dal dispositivo della cornice che le isola, in queste nuove strategie di image making si deve riconoscere la tendenza a negare il proprio statuto di immagine: non più icone, quindi, ma an-icone. Si tratta, è bene notarlo, dell’effetto di scorniciamento, presenza e immediatezza, per quanto incorniciate, rappresentazionali e ipermediate possano essere. In altri termini, quelle studiate da Pinotti sono ontologicamente ancora immagini e solo fenomenologicamente altro (an-icone).
Alla soglia dell’immagine offre innanzitutto un’an-iconologia, intesa come «esplorazione di questa tensione tra fenomenologia e ontologia delle immagini che negano se stesse» (Pinotti 2021, p. XV), integrata però con l’archeologia dei media. «Chaque époque rêve la suivante» scriveva Michelet, citato da Benjamin (Benjamin 1995, p. 147). «Uno dei compiti principali dell’arte è stato da sempre quello di generare esigenze che al momento attuale non è ancora in grado di soddisfare», scriveva Benjamin, ripreso da Pinotti (Pinotti 2021, p. 154). Solo ora che siamo circondati da immagini che sembrano negare se stesse, per effetto di contraccolpo siamo in grado di notare come tutta la storia del visivo sia costellata di soglie dell’immagine attraversabili e attraversate, che in misura maggiore o minore hanno preparato la strada a quella che oggi ci appare come una tendenza dominante.
È così che Pinotti lascia da subito sullo sfondo le nuove frontiere dell’image making – sempre pronte, però, a fare capolino – per tuffarsi indietro a esplorare la preistoria del virtuale. Immagini, miti, racconti, film rivelano a questo sguardo prospettico tutto il loro potenziale an-iconico: da Narciso che sprofonda e annega nel proprio riflesso, al pittore cinese che entra e si perde nel proprio dipinto, fino a Buster Keaton che entra ed esce dalla tela cinematografica. Pinotti analizza la storia degli effetti di queste an-icone, confrontandone con attenzione le diverse versioni e le successive elaborazioni, e così rivelandone il potenziale. Non semplici espedienti narrativi usati per parlare metaforicamente del presente, ma forme simboliche attraverso cui le epoche passate hanno sognato quelle successive. La sopravvivenza di queste immagini della soglia ci permette di seguire il modo in cui è stata ogni volta ripensata e rimediata la soglia dell’immagine, raccontando «la storia di questo desiderio millenario in alcune sue stazioni esemplari» (ivi, p. 210).
I sette capitoli che compongono il libro possono essere letti su più livelli. Innanzitutto in senso storico, come percorso dall’antichità al contemporaneo o, come recita il sottotitolo, da Narciso alla realtà virtuale. Ma in effetti il virtuale è presente sin dall’inizio e Narciso e altri amanti della soglia ci accompagnano fino alla fine. Può essere letto come un percorso dall’immagine alla teoria: prima, con Narciso, Alice nello specchio e Pigmalione, vediamo il problema, poi, negli ultimi quattro capitoli, ci procuriamo gli strumenti per comprenderlo, riflettendo sul processo di scorniciamento, sulla chiamata in causa del soggetto, sull’attraversabilità dell’immagine e sulla questione dell’empatia. Ma di nuovo, la filosofia salta fuori già esplorando la cultura visuale e questa accompagna come un’ombra le riflessioni filosofiche.
In realtà se tutti e sette i capitoli esplorano la soglia dell’immagine, ciascuno di loro ne mette in luce un aspetto diverso, facendo emergere una nuova tensione dialettica. Narciso, che in alcune versioni si innamora della propria immagine credendo si tratti di un’altra persona – cioè non riconoscendola come immagine – mentre in altre lo fa nonostante ne sia consapevole, ci introduce alla questione della coscienza d’immagine e a quei casi, particolarmente interessanti, di ambiguità tra ingenuità e consapevolezza. Alice, insieme a tutti gli altri esploratori di specchi, ci fa riflettere sulla tensione tra doppio e simulacro, immagini che ci rispecchiano e tuttavia si fanno autonome, ci somigliano mantenendo però uno scarto perturbante. Pigmalione ci mostra la permeabilità tra mondo della vita e mondo dell’immagine insegnandoci la dialettica tra l’animazione dell’inanimato – non solo la statua che, amata, prende vita, ma anche l’immagine che restituisce lo sguardo, nonché ovviamente androidi e intelligenze artificiali – e l’inanimazione dell’animato, il corpo vivo che si fa immagine nei tableaux vivants, dalle feste ai re-enactment.
La riflessione sulla cornice, attraverso l’analisi di alcuni dispositivi illusionistici dal trompe-l’oeil agli esperimenti di precinema ottocenteschi, fa emergere la dialettica tra un principio immersivo, riconoscibile nella linea che va dalla piramide prospettica, al Kaiserpanorama, fino alla stereoscopia, e un principio emersivo, riconoscibile nella linea che va dalle sale affrescate cinquecentesche, al panorama e alle fantasmagorie del XVIII secolo, fino agli ambienti a 360° contemporanei. Anche la chiamata in causa del soggetto può avvenire dialetticamente da un lato o dall’altro della soglia: con l’interpellazione è l’immagine che si rivolge al di fuori di se stessa, mentre con la soggettiva, la presenza di un avatar o di una figura di spalle (Rückenfigur), è il soggetto a essere attirato dentro l’immagine. Spesso interpretato come esempio di una contemplazione raccolta, ottica, l’ingresso nell’immagine, può essere letto anche come esempio di un’esperienza distratta, tattile; ciò che più interessa è imparare a sostare sulla soglia, suscitando stupore pur mantenendo la coscienza di una mediazione (ivi, p. 158).
Infine, l’analisi degli ambienti immersivi VR come «macchine dell’empatia» ci rivela un’ultima soglia da esplorare: da una parte un uso umanitario del coinvolgimento emotivo, mirato a produrre un sentimento di simpatia e in ultima istanza spingerci a un cambiamento – con il rischio però di trasformarlo in un dispositivo di condizionamento ideologico; dall’altra un uso che mira al post-umano, nel tentativo di «eccedere immaginativamente i nostri vincoli antropologici» (ivi, p. 201) per imparare a esperire ciò che senza supporti tecnici non saremmo nemmeno in grado di immaginare, da punti di vista animali fino a «mondi esperienziali umani ma “altri”», come quello di una persona non vedente – con il limite che si tratterà sempre del modo in cui noi facciamo esperienza di mondi altrui, e non del modo in cui la fanno loro.
L’ultimo libro di Pinotti è uno strumento utilissimo – e di piacevole lettura – per navigare attraverso le diverse culture visuali rintracciando come ciascuna di loro «ha interrogato a suo modo» la soglia dell’immagine (ivi, p. 209), permettendoci di seguirne facilmente le complesse ramificazioni e aiutandoci a porre una domanda importante: se il confronto con questa soglia possa avere una funzione nel costituirsi dell’umano.
Riferimenti Bibliografici
W. Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, in Id., Aura e choc, Einaudi, Torino 2012.
Id., Parigi. La capitale del XIX secolo, in Id., Angelus Novus, Einaudi, Torino 1995.
Andrea Pinotti, Alla soglia dell’immagine. Da Narciso alla realtà virtuale, Einaudi, Torino 2021.