«In uno scenario dominato dall’Io diviso, infatti, chi decide? […] Che ne è di quel demone interno, illuminante o ingannatore, di quel fantasma nella macchina che ha incarnato per lungo tempo la metafora del cogito nell’Occidente? Domanda etica, evidentemente, piuttosto che unicamente psichica o gnoseologica»  (Fascetti 2023, p. 156). In Al di qua del principio di realtà. Scissione originaria e stratificazione del Sé (Ombre Corte, 2023), Milosh F. Fascetti tenta di rispondere a questo grande interrogativo, che è in verità un insieme di interrogativi. Lo stile del volume, risulta a propria volta stratificato, formato da argomenti sovrapposti e riferimenti che si incastrano in un mosaico concettuale da osservare con le dovute distanze. Tema portante di tutto il libro è la diade fondamentale soggettività/oggettività, da cui si stagliano una serie di parallelismi tra altri termini in rapporto oppositivo, in primis tra il pensiero «continentale» e quello «anglosassone»: «Sulla scia del solco ingeneratosi tra la tradizione continentale e l’empirismo anglosassone, viene così alla luce un’apparente differenza tra la soggettività intesa come universo pulsionale, e l’individualità svuotata invece di pulsione e dominata dalla libertà personale» (ivi,  p. 13).

In termini psicoanalitici, il fronte continentale viene associato al nome di Freud, mentre quello anglosassone a Donald W. Winnicott. Il primo avrebbe fatto coincidere la sostanza metafisica tradizionale con la pulsionalità dell’inconscio (ibidem), definendo in tal modo un soggetto egoico, caratterizzato da una ermetica chiusura nella propria «vescichetta membranosa ben sigillata» (ivi, p. 89). Il soggetto continentale sarebbe dunque identitario e autocratico in questo senso (ivi, p. 14), proprio perché asserragliato nelle proprie passioni e pulsioni, in cui, potremmo dire seguendo la logica dell’autore, la bilancia pende dalla parte dell’Es, e per questo è narcisisticamente concentrato sul ripristinare il proprio equilibrio.

Questo è il soggetto che abita il mondo latino, radura della passione e dell’amor cortese, in cui «ci s’illude che esista almeno qualcuno in grado di amarci, nonostante i suoi interessi e la propria scarica pulsionale» (ivi, p. 27). Tutt’altra dinamica è quella anglosassone, la cui realtà sembra dominata da quelle “relazioni oggettuali” che Winnicott stesso ha approfondito: «[la] stessa alterità appare qualcosa di oggettivo, svincolata dalla pressione di una soggettività sovraccaricata di pulsioni e d’importanza valoriale, che “crea” il mondo e se lo “rappresenta”, à la Schopenhauer, come qualcosa di propriamente soggettivo» (ivi, p. 18). Dunque non soggetti-unità rappresentative, ma individui relazionali e formali, immersi nel rapporto con l’alterità, abiterebbero il mondo designato dalla tradizione anglosassone. Non a caso, Fascetti preferisce riferirsi a Winnicott piuttosto che a Melanie Klein, essendo che il processo di significazione e sviluppo psichico procederebbe, secondo il primo, attraverso una serie di rapporti più materiali, empirici e concreti rispetto al gioco di introiezioni narcisistiche evidenziato dalla seconda.

Traslato in politica, l’individuo anglosassone corrisponderebbe al cittadino delle democrazie (neo)liberali, con tutti i pregi e difetti del caso. Da un lato viene decostruita la retorica sostanzialista e tribalista dell’essenza soggettiva, aprendo a un vero spazio di incontro con l’alterità, ma «facendo questo si rivela anche come il paradiso dell’anima bella, per così dire, in cui tutto è permesso, nessuna responsabilità compare sulla linea dell’orizzonte e solamente il karma dell’accrescimento individuale regna incontrastato nella vita di ognuno» (ivi, p. 32), favorendo e acuendo le disuguaglianze sociali e mascherandole sotto l’altrimenti sano principio delle differenze (ivi, p. 35).

Costruito questo scheletro concettuale, Fascetti procede poi ad applicare le proprie categorie a vari ambiti, passando dapprima per le relazioni internazionali (ivi, pp. 40-68). In questa sezione vengono approssimati dei parallelismi tra la logica del realismo politico e le caratteristiche del soggetto continentale, per cui «ciascuna nazione può essere comparata per approssimazione a una Gestalt. Questo accade perché, per quanto necessariamente porosi, essa possiede dei confini definiti ed è costituita da un tutto di parti ben organizzato» (ivi, p. 53). D’altro canto, vi sarebbero le «democrazie liberali» che, a differenza dei governi sovranisti e identitari, «non sono delle masse organizzate, bensì dei raggruppamenti sociali aperti e autoregolati» (ivi, p. 57).

Fascetti sostiene che questa differenza sarebbe analoga a quella tra il «rituale» e l’«evento sociale», rappresentata idealmente dall’attività dell’artista quando questi rompe l’asimmetria col pubblico: la regola degli schieramenti insita nel rituale, necessita di un capro espiatorio, un oggetto-scarto abietto (ivi, p. 58). Quando questo viene a mancare, la novità, l’opera, o la rivoluzione si produce. Qui Fascetti sta sostanzialmente riportando un pensiero ormai classico negli studi sulla società di massa e nella teoria dell’abiezione sociale. Forse a causa delle poche fonti menzionate, qui come altrove, risulta a tratti banalizzante la trattazione di alcuni punti, tra cui la menzione alla democrazia liberale. Si potrebbe infatti obiettare che addirittura nella sua struttura formale, questa forma di governo necessita di strumenti escludenti, tra cui quello della cittadinanza, e tutta la violenza regolamentare che ne deriva.

Più convincente è la parte successiva e forse centrale del saggio, focalizzata sulla sintesi della prospettiva «continentale» con quella «anglosassone». Come noto, la tradizione occidentale sarebbe imperniata sul principio di non contraddizione, che però s’infrange nell’esperienza concreta della vita, dove vigerebbe invece una scala graduale, e non discrezionale, tra stati ed eventi differenti (ivi, p. 69). Dunque pure l’identità sarebbe un complesso che interseca le pulsioni soggettive con gli input delle relazioni con l’alterità: la scissione psichica tra le istanze fondamentali dell’Es, dell’Io e del Super-Io ne sarebbe la conferma. L’Io si svilupperebbe, riprendendo un altro titolo di Fascetti, «come “meccanismo di difesa” rispetto alle pulsioni dell’Es, mediando con le istanze oggettive e ideologiche introiettate dall’esterno e poste come Super-Io: “devo uniformarmi a ciò che dovrei o vorrei essere, a qualcuno o a qualcosa – come può esserlo ad esempio un’ideologia – che è fuori di me e che è altro da me, che non sono dunque io, ma che è anche un Altro interiorizzato» (ivi, p. 125). L’identità si coagula nel «Sé», istanza stratificata dove le due alternative esperienziali delineate si possono incontrare, mantenendo e sfatando al contempo tutte le contraddizioni che ne erano sorte (ivi, pp. 70-71). 

Rimane fondamentale il riconoscimento delle differenze, in particolare tra la dimensione oggettiva e quella soggettiva, in considerazione del fatto che è proprio questa differenza a permettere la vitalità degli scambi sia con l’alterità che nella propria interiorità. Secondo Fascetti «colonizzare il mondo attraverso l’Io» (ivi, p. 94) diventa l’occasione per investire la realtà di una patina di senso e bellezza (ibidem), a patto però di non cadere né nell’illusione idealista che concluderebbe l’esteriorità in una mera proiezione egoica, né nell’asettica sterilità di un materialismo disilluso. Perciò, diversamente da quello lacaniano, il modello winnicottiano delle relazioni oggettuali permette all’autore di elaborare una concezione «creativa» della separazione originaria (ivi, p. 133), riflessa in quella tra soggetto e oggetto.

Il maggior merito del volume è quello di riportare l’attenzione sul tema della relazione oggettuale, fornendo prospettive filosofiche per certi versi opposte a quelle della teoria transindividualista (Morfino 2022). Rimangono molti però i punti in cui si sente la mancanza di fonti precise e aggiornate, oltre che di coerenza tematica, dando spesso l’impressione di leggere un insieme di considerazioni riempitive, per quanto interessanti. Lo stratificato Sé «al di qua del principio di realtà» merita di essere approfondito ulteriormente. 

Riferimenti bibliografici
M. Klein, Invidia e Gratitudine, Martinelli, Firenze 1969.
V. Morfino, Intersoggettività o transindividualità. Materiali per un’alternativa, Manifestolibri, Roma 2022.
D.W. Winnicott, Gioco e realtà, Armando, Roma 1997.
I.M. Young, Abiezione e oppressione. Le radici inconsce del razzismo, Meltemi, Milano 2021.

Milosh F. Fascetti, Al di qua del principio di realtà. Scissione originaria e stratificazione del Sé, Ombre Corte, Verona 2023.

*L’immagine in apertura e in copertina appartiene alla Wellcome Library, Londra (A Dinner to Celebrate Melanie Klein’s 70th Birthday).

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