Adattamento della telenovela venezuelana Juana la Virgen (Radio Caracas Televisión, 2002), Jane The Virgin (The CW, 2014-in corso) ruota intorno a Jane Villanueva (Gina Rodriguez), una giovane e religiosa latinoamericana che, nonostante il voto di rimanere vergine fino al matrimonio, resta incinta perché accidentalmente inseminata artificialmente durante una visita ginecologica.

Questo dà il via a una serie di eventi che ruotano intorno alla sua famiglia proletaria e al padre del bambino di Jane, il ricco proprietario di uno dei più prestigiosi hotel di Miami, in linee narrative tipiche del genere latinoamericano (rapimenti, crimini, gemelle cattive, ecc.). La domanda, allora, è: in che modo un concept così tipicamente da telenovela ha dato vita a una delle serie criticamente più apprezzate degli ultimi anni?

La risposta va cercata nell’uso della telenovela come contenitore di elementi da Quality TV, che legittimano il valore della serie e ne fanno capitale culturale per chi la trasmette, The CW − che proprio con JTV e altre serie più “adulte” ha iniziato una campagna di rebranding e distaccamento dalla sua storica immagine di network da teen-soap. Per fare ciò, la serie lavora su diversi livelli. Dal punto di vista narrativo, JTV impiega una complessa ibridazione di rom-com (gran parte della storia è guidata dalla vita sentimentale di Jane), melodramma familiare (è il racconto di una famiglia latinoamericana, immigrata negli States, che si intreccia con il racconto di altre famiglie multiculturali), crime (traffico di droga, rapimenti, false identità, omicidi) e, soprattutto, telenovela e realismo magico.

La telenovela è un importante strumento diegetico ed extra-diegetico. Da una parte, Jane, sua madre e sua nonna sono avide consumatrici del genere e il padre di Jane è la già citata star latinoamericana Rogelio de la Vega. Va sottolineato che il rapporto dei personaggi con le telenovela è dipinto con affetto, senza ironia – come quando l’intera famiglia si riunisce davanti al televisore per un nuovo episodio, anche in molti flashback che raccontano i ricordi più cari di Jane. Anche il personaggio di Rogelio, una star narcisista e sopra le righe, si evolve nel corso delle stagioni per diventare più “umano”, gentile, attento, devoto alla famiglia e all’etica del lavoro. Dall’altra parte, JTV utilizza però gli stessi tropi narrativi delle telenovela, ovvero linee narrative complicate e improbabili spesso simbolo di cattiva televisione.

Tuttavia, questa tradizione che potrebbe alienare un pubblico americano, è mitigata da un altro strumento, quello del narratore. La storia, infatti, è narrata in voice over da un latin lover narratore dal forte accento latinoamericano che, oltre a essere responsabile dei recap di ogni episodio, amplifica i toni della narrazione fornendo commenti emozionali, seri, sarcastici a seconda dell’occorrenza. È importante evidenziare che il narratore è sia onnisciente, sia inaffidabile, in quanto sembra conoscere tutto sul passato dei personaggi ma, allo stesso tempo, è sorpreso quanto il pubblico quando accadono sconvolgimenti inaspettati.

In questo modo, egli riflette e amplifica le reazioni stesse dell’audience, commentando anche alcuni eventi particolarmente irrealistici con il tormentone “I know! Straight out of a telenovela, right?”. Il narratore ha quindi due funzioni: è un “proxy” tra l’audience statunitense e la cultura delle telenovela, in quanto comprende e giustifica lo sbigottimento del pubblico; ma allo stesso tempo legittima la narrazione, confermando che ciò che sta accadendo è incredibile, ma garantendone allo stesso tempo la veridicità.

Se i tropi della telenovela, infatti, funzionano come una super struttura, va notato anche che JTV è profondamente ancorata al realismo. Questa sospensione ideale fra ordinario e straordinario è resa in particolar modo esplicita attraverso il sottile gioco della serie con un altro genere, quello del realismo magico, strettamente associato alla cultura latinoamericana e basato su elementi magici presentati in un contesto realistico. Nella serie, per esempio, il realismo magico è espresso attraverso aloni rosa che appaiono intorno ai cuori dei personaggi innamorati, o attraverso folate di vento che fanno cadere petali bianchi come neve su due personaggi.

La strategia si fa ancora più esplicita nella stagione 4, quando Jane, che sogna di fare la scrittrice, incontra la sua personale eroina Isabelle Allende – nel ruolo di se stessa in un cameo per la serie. Proprio come nella tradizione del realismo magico, questi eventi sono presentati dal narratore come ordinari, che possono capitare a tutti. In questo modo, lo spettatore accetta l’inusuale, il “meraviglioso” come “comune”. Questo livello di legittimazione attraverso la derivazione letteraria si sovrappone a quello della telenovela, rendendo i suoi tropi non tanto incredibili quanto, piuttosto, “magici”.

La legittimazione testuale ci porta a un ulteriore livello di lettura della serie, quello del contenuto. Innanzitutto, JTV mette in primo piano una famiglia latinoamericana, facendosi così portavoce dei discorsi progressisti sulla diversità e sulla rappresentazione delle minoranze. Caso esemplare è quello della questione dell’immigrazione illegale, una linea narrativa importante per tutte le stagioni. Nella stagione uno, Chapter Ten (andato in onda durante l’amministrazione Obama, ai tempi del dibattito sull’Immigration Reform), la nonna di Jane finisce in ospedale priva di coscienza, dopo una caduta dalle scale. Una volta che i medici scoprono che la donna si trova illegalmente negli USA, però, la denunciano e informano la famiglia che, al suo risveglio, sarà deportata. In questa sequenza, il narratore sottolinea la serietà della situazione e “scrive” sullo schermo: “Yes, this really happens. Look it up. #immigrationreform”. Uno degli elementi più rilevanti di JTV è quindi il casting di attori latinoamericani per i ruoli principali e una forte consapevolezza delle problematiche della comunità – così come una sua legittimazione anche culturale attraverso i meccanismi narrativi visti sopra.

Oltre ad essere focalizzata sulla comunità latinoamericana, JTV è anche una serie women-led, con un cast d’insieme formato perlopiù da donne di diverse generazioni ed estrazione sociale, e che si inserisce spesso nel discorso femminista, anche qui giocando con la telenovela. Se infatti, tradizionalmente, in questo genere perlopiù androcentrico vediamo spesso personaggi femminili fortemente sessualizzati, stereotipati, sempre bisognosi di un uomo al loro fianco, JTV ribalta queste immagini per presentare personaggi femminili come donne fortemente indipendenti, che mandano (con l’apparente leggerezza della comedy) messaggi empowering alle giovani generazioni. Nell’episodio ChapterThirty-Seven, per esempio, Jane spiega il Bechdel Test mentre l’episodio stesso, in modo autoreferenziale, si mette sotto esame attraverso il giudizio ironico del narratore.

Acclamazione di critica e stampa, nonché riconoscimenti importanti come il Golden Globe a Gina Rodriguez, hanno portato Jane The Virgin alla ribalta nonostante i bassi ascolti televisivi, permettendo a The CW di tenerla in onda proprio in virtù del suo valore culturale (e quindi reputazionale per il network stesso). Ciò si è tradotto, economicamente, in un seguito di nicchia e una forte richiesta di acquisto parte di OTT come Netflix. Ecco allora lo strano caso di Jane the Virgin: una serie che produce valore monetario grazie al suo valore culturale, in virtù della sua natura di “telenovela di qualità”.

Share