Francia 1975. Pasolini sta promuovendo il suo ultimo film e Bouvard, alla trasmissione Dix De Der, gli domanda: «Poeta, romanziere, dialoghista, sceneggiatore, attore, critico o regista?». Pasolini risponde in francese: «Dans mon passeport, j’écris simplement écrivain». Eppure, la semplicità della risposta non esaurisce la complessità della domanda, che dà atto dell’eclettismo che caratterizzò l’intera investigazione culturale pasoliniana e ribadisce la difficoltà di attribuire un’etichetta a un autore che seppe utilizzare ogni espressione possibile della creatività per raccontare il presente, scorgendo il futuro nei valori del passato

Sono trascorsi 47 anni da quell’intervista e nell’anno in cui si celebra il centenario della sua nascita, Tutto Pasolini (Gremese 2022), a cura di Jean Gili, Roberto Chiesi, Silvana Cirillo e Piero Spila, rende omaggio a quell’eclettismo, ripercorrendo l’opera di uno degli scrittori più importanti del secolo scorso in maniera enciclopedica attraverso saggi, testi informativi e contributi valutativi dei maggiori studiosi europei sul tema, tra cui Anne-Violaine Houcke, Bertrand Levergeois, Dominique Delouche e molti altri. 

Variegata, corposa e attraversata da «una disperata vitalità», l’opera di Pasolini si distingue per aver fatto coesistere, tanto nella produzione cinematografica quanto in quella letteraria, tanto nella poesia quanto nella critica, nella teoria e nella drammaturgia, sentimento e spirito critico

«Questo principio paradossale è, qui, un principio trainante del pensiero pasoliniano e un protagonista fondamentale della sua creazione: il sentimento infonde nella ragione la sua necessità e l’autenticità del suo slancio, che il pensiero critico riordina e carica di un messaggio politico; in un certo senso, il sentimento è la fonte della sua ribellione poetica e teorica» (Vilain 2022, p. 9). È in questa coincidentia oppositorium l’essenza ultima della modernità dell’opera pasoliniana

Pasolini affronta con spirito marxista i drammi dell’uomo contemporaneo sopraffatto dalla nuova economia globale. Esalta la vitalità dei popoli più poveri, lontani dalla società capitalista. Ribadisce a più riprese la necessità di equità nelle relazioni tra gli individui e di una parità di accesso alla ricchezza, alle opportunità e ai privilegi sociali. Così diviene fondatore di una specie di neoumanesimo, basato su un complesso sistema di credenze che cercano la sacralità nel mondo primitivo, barbaro e impuro, in una decisa opposizione ai supposti progressi tecnici e sociali, figli del mondo globalizzato e capitalista

Tutto Pasolini rende grazie all’autore in veste e mole enciclopediche: per lemmi, per analisi, per note critiche, per ambiti di pertinenza. Dalla “A” di Accattone alla “C” di Censura, dalla “R” di Religione alla “S” di Sartre, il volume restituisce al lettore non solo la modernità, ma anche tutti gli elementi che contraddistinguono l’opera pasoliniana, senza avere pretese di esaustività o completezza. Il libro, volutamente non accademico e alla portata di qualsiasi lettore e lettrice, in quasi 500 pagine – alle quali riandare spesso – fornisce gli strumenti per comprendere meglio il ritratto di uno scrittore dalle molte sfaccettature e permette di scavare a fondo nella sua produzione culturale, non solo attraverso le analisi mirate dei suoi studiosi, ma anche attraverso una copiosa sequela di tracce trasversali, quali le foto private e di scena, i luoghi dell’anima e quelli dei set, le frasi storiche sue e degli altri sul suo conto. 

Attraverso la disamina di film, poesie e altri scritti, nel volume emerge con forza che l’essenza del pensiero estetico pasoliniano è nell’attenzione che riserva al popolo e alla povertà. Egli opera ripetutamente un processo di restituzione di linfa poetica agli emarginati, ai borgatari, a chi vive alle soglie dell’invisibilità e del degrado, agli accattoni, ai ragazzi di vita, alle prostitute e a tutti coloro che sono stati dimenticati. Pare evidente, dunque, che un altro elemento di modernità del suo pensiero risiede nel radicamento al passato. Nella poesia 10 giugno, contenuta nella raccolta Poesie in forma di rosa, Pasolini (1964) scrive: 

Io sono una forza del Passato.
Solo nella tradizione è il mio amore.
Vengo dai ruderi, dalle chiese,
dalle pale d'altare, dai borghi
abbandonati sugli Appennini o le Prealpi,
dove sono vissuti i fratelli.
Giro per la Tuscolana come un pazzo,
per l'Appia come un cane senza padrone.
O guardo i crepuscoli, le mattine
su Roma, sulla Ciociaria, sul mondo,
come i primi atti della Dopostoria,
cui io assisto, per privilegio d'anagrafe,
dall'orlo estremo di qualche età
sepolta. Mostruoso è chi è nato
dalle viscere di una donna morta.
E io, feto adulto, mi aggiro
più moderno di ogni moderno
a cercare fratelli che non sono più.

Come è ribadito a più riprese nell’introduzione al libro, la forte carica nostalgica e l’apprezzamento per le macerie della tradizione potrebbero erroneamente far scorgere in questi versi principi antimoderni, ma – all’opposto – in essi si cela il cuore di una modernità anticonvenzionale, che trae nutrimento dai ruderi, dalla terra su cui essi si radicano e dalla storia che tramandano

La sua modernità sgorga al contempo dalla forza primitiva del sentimento e dalle pale d’altare di una memoria mitica, e sarebbe naturalmente rischioso ridurre la sua opera a una semplicistica opposizione tra progressismo e regressismo. La condizione della sua modernità, probabilmente di ogni modernità, è proprio di non essere né progressista né regressista, ma di situarsi ai margini delle categorie morali e temporali per trovare un’essenza della specie umana (Vilain 2022, p. 10).

Tutto Pasolini rende atto di tale modernità attraverso una composita raccolta di saggi che vagliano gli sfaccettati temi che lo scrittore affronta negli anni della sua attività: da quelli universali, quali sesso, amore e morte (come celebra il sottotitolo del contributo di Roberto Gigliucci), alle tematiche “calde” degli anni sessanta, quali omosessualità e consumismo. Tutti argomenti che animano il dibattito pubblico e privato anche oggi, quasi cinquant’anni dopo. Pasolini è moderno perché travalica il tempo e le mode, trattando questioni che rinviano a un presente atemporale, fuori dalla storia e costantemente attuale, ma anche perché la sua produzione – sia essa poetica, teorica, letteraria, filmica o giornalistica – è finalizzata a una «ricerca formale essenziale e in movimento, in un procedere a tentoni necessario, che rompe con l’accademismo di un pensiero statico – strumento della dominazione borghese – e con i generi, fino a connotarli dell’ibridazione caratteristica della modernità» (Vilain 2022, p. 10).

In questo modo sovverte politicamente i meccanismi della narrazione conformisti e omologati, attraverso i suoi documentari, come testimonia la voce “Documentari, reportage” a cura di Nicolas Bauche (Bauche 2022, pp. 169-171), i film sperimentali, si veda quanto scritto in corrispondenza della voce “La rabbia” (Chiesi 2022, pp. 319-322), la produzione poetica e gli articoli giornalistici che scrive per il “Corriere della Sera” durante gli anni di piombo e che confluiranno negli Scritti corsari (Garzanti 1975), attraverso cui contesta aspramente il sistema dei valori della nuova società italiana. Passato, presente e futuro si fondono nel corpus multiforme pasoliniano, che fa della creazione un’avventura moderna perché transtorica, attuale e sacra.  

Riferimenti bibliografici
P.P. Pasolini, Poesia in forma di rosa (1961-1964), Garzanti, Milano 1964.
P.P. Pasolini, Scritti corsari, Garzanti, Milano 1975.
Intervista rilasciata a P. Bouvard per la trasmissione Dix De Der, andata in onda il 31 ottobre 1975.

Jean Gili, Roberto Chiesi, Silvana Cirillo e Piero Spila (a cura di), Tutto Pasolini, Gremese, Roma 2022.

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