Il dio trickster della mitologia norvegese ed antagonista di svariate produzioni Marvel, ritorna ad intrattenere il pubblico nelle due omonime miniserie distribuite da Disney+: Loki (2021) e Loki 2 (2023) di Michael Waldron. La produzione, il cui target principale rimane un pubblico adolescente, riesce ad affrontare in modo interessante alcune questioni sempreverdi della filosofia in relazione all’esistenza umana ed alla natura di Dio.
Nell’immaginario della serie in cui sussistono svariati universi, Loki viene trasportato in uno di questi. Il dio dell’inganno si ritrova sotto processo per conto della TVA (Time Variance Authority), un’istituzione il cui unico scopo è assicurarsi che gli eventi seguano un corso determinato e, soprattutto, già pre-determinato nella Linea Sacra del Tempo. Loki è accusato di essere una variante, ed in quanto tale, di aver sviato da quest’ordine prestabilito, agendo in modo non previsto. Come conseguenza, dovrà essere eliminato. Il protagonista riuscirà a sfuggire al destino dettato dalla TVA aiutando l’agenzia stessa a dare la caccia ad un’altra variante, una sua versione femminile, che si farà chiamare Sylvie. Grazie a lei, il protagonista si confronterà con Colui che Rimane, il creatore della linea sacra del tempo.
Colui che Rimane ha un ruolo fondamentale in entrambe le stagioni, influenzando le azioni dei personaggi in maniera sia diretta che indiretta. Il modo in cui il personaggio viene introdotto lo rende paragonabile ad un dio onnisciente e paternalista, che ha a cuore le sorti degli esseri esistenti, ma che è disposto a sacrificare alcune possibili esistenze – le varianti, – affinché altre possano sopravvivere. L’etica di questo personaggio viene quindi messa in discussione proprio da Sylvie. Colui che Rimane possiede un’autocrazia sul tempo che genera un determinismo, quasi teologico – data la sfumatura divina che possiede il personaggio, – che, per definizione, esclude il libero arbitrio individuale. Qui, onniscienza e assenza di libero arbitrio si presentano come un binomio inscindibile.
Nel momento in cui i membri della TVA scopriranno di essere anch’essi delle varianti, comincerà l’epifania dei loro personaggi. Quindi, la chiave di volta della serie viene svelata e, la domanda posta in modo più chiaro: che diritto ha Colui che Rimane a negare l’originale esistenza delle varianti, al di fuori dalla linea del tempo da lui prescelta? Parallelamente, lo spettatore è istigato a pensare: Che diritto ha un – ipotetico –Dio a decidere della nostra esistenza, influenzando anche la nostra identità? Lo spettatore è quindi messo abilmente di fronte ad un dilemma sull’esistenza che ricorda il problema della non-identità di Derek Parfit (1989).
Secondo Parfit, alcune azioni e decisioni prese da individui esistenti in un determinato momento, influenzerebbero non solo la loro vita ma anche la vita ed identità degli individui non ancora esistenti o delle future generazioni. Questo problema è rilevante se si traccia un parallelismo con le varianti della serie, individui che vorrebbero avere la possibilità di esistere al di fuori dalla linea del tempo scelta da Colui che Rimane. Se ciò avvenisse, le varianti sarebbero comunque se stesse? Allo stesso modo in cui la loro identità è stata influenzata dalle azioni da Colui che rimane, questa sarebbe invece influenzata dal ripristino delle diverse linee temporali. In questo caso, il problema della non identità è rilevante?
Sicuramente per tutti e tre i protagonisti – ma anche per gli altri personaggi – l’esistenza è una condizione migliore della non-esistenza. Di conseguenza, il problema della non-identità è irrilevante, in quanto le varianti sono disposte a rinunciare alla loro identità attuale per quella possibile nelle diverse linee temporali. Ma resta la questione esistenziale: varrebbe la pena esistere in un mondo che pregiudica il benestare degli individui? Varrebbe la pena esistere compromettendo la qualità della propria esistenza o quella degli altri? È evidente che i motivi dei personaggi pregiudicano una risposta definitiva.
Le azioni di Colui che Rimane influiscono sul numero di persone future, sul loro libero arbitrio e sul numero di futuri possibili, di conseguenza, egli giustificherebbe la sua scelta di aver optato per un unico futuro possibile affermando che questa non ha fatto del male a nessuno in quanto nessuno degli individui che sarebbero potuti esistere hanno effettivamente ricevuto un danno. Egli ritiene che «ciò che è negativo deve essere negativo per qualcuno» (Parfit 1989, p. 462). Loki e Sylvie desiderano, invece, dare una possibilità a queste esistenze negate, soprattutto data l’effettiva esistenza delle varianti stesse, che possono rivendicare la propria vita e quella di coloro che non possono in quanto non ancora esistenti. Il dialogo tra Sylvie e Loki – nell’ultimo episodio della seconda stagione – esplicita il dilemma in cui lo stesso Colui che Rimane era incappato:
Loki: Che devo fare? È la Sacra Linea Temporale o il nulla. […] Sylvie: Desideri davvero essere il dio che toglie a tutti il libero arbitrio solo per proteggerla? Loki: Ma a che serve il libero arbitrio, se sono tutti morti? (Loki 2, S2E6 2023)
Per Sylvie un’esistenza all’interno della linea temporale sacra, in assenza di libero arbitrio, equivale a compromettere la sua qualità della vita. Per lei raggiungere l’obiettivo di distruggere la TVA ed il suo creatore significherebbe guadagnare un’esistenza libera, una vita che valga la pena di vivere, con l’annessa possibilità di poter esercitare il libero arbitrio. Nel momento in cui ulteriori elementi di trama renderanno impossibile ottenere queste due condizioni insieme – esistenza e libero arbitrio, – Sylvie si schiererà: per lei una vita senza libero arbitrio non vale la pena di essere vissuta, come dimostrato dal dialogo sopracitato. Al contrario Loki sembra disposto ad un compromesso. Difatti chiede: «A che serve il libero arbitrio, se sono tutti morti?» come per confermare che «ciò che è negativo deve essere negativo per qualcuno» (Parfit 1989, p. 462). Quindi, Loki rinuncerebbe ad un suo virtuale diritto al libero arbitrio nel caso in cui questo comprometterebbe la sua esistenza, riconfermando la sua credenza – a cui Sylvie sembra rinunciare– secondo cui l’esistenza è una condizione migliore della non-esistenza.
Come riusciranno gli sceneggiatori a far conciliare esistenza e libero arbitrio? Se pure Loki si immolerà per dar linfa a tutte le nuove linee temporali che si creeranno, il suo sacrificio non pregiudicherà il libero arbitrio. L’onniscienza verrà meno nel paradigma della serie. Il dio trickster si converte in un dio protettore che non sa cosa effettivamente riservi il futuro. Di conseguenza, il suo personaggio riesce a dare una possibilità a tutte le esistenze che potranno essere. Con questa soluzione, le due stagioni di Loki si concludono comunicando un duplice messaggio allo spettatore. Si potrebbero, infatti, definire due piani di lettura, uno politico ed uno religioso. Il primo confuta qualsiasi tipo di autocrazia politica che possa danneggiare le future generazioni; il secondo invece vuole aprire la possibilità di concepire un dio, o un essere supremo, che non limiti l’essere umano nelle sue scelte.
Riferimenti bibliografici
D. Parfit, Ragione e Persone, Il Saggiatore, Milano 1989.
W. L. Craig, Divine Foreknowledge and Human Freedom. The coherence of Theism: Omniscience, E. J. Brill, Leiden 1991.
Loki. Ideatore: Michael Waldron; interpreti: Tom Hiddleston, Gugu Mbatha-Raw, Wunmi Mosaku, Eugene Cordero, Owen Wilson, Sophia Di Martino; produzione: Marvel Studios; distribuzione: Disney+; origine: Stati Uniti d’America; anno: 2021.
Loki 2. Ideatore: Michael Waldron; interpreti: Tom Hiddleston, Gugu Mbatha-Raw, Wunmi Mosaku, Eugene Cordero, Owen Wilson, Sophia Di Martino; produzione: Marvel Studios; distribuzione: Disney+; origine: Stati Uniti d’America; anno: 2023.