La ruota del tempo, nuova serie fantasy prodotta dagli Amazon Studios, nasce dal desiderio imperioso di Jeff Bezos di avere un Game of Thrones tutto suo: un fardello che lo show trascina con sé insieme al faticoso confronto con il materiale originale, piuttosto ingombrante, ben 14 romanzi e un prequel. Il colosso della saga firmata da Robert Jordan conta tomi di 10.000 pagine, poco meno di 3000 personaggi, 23 anni di lavoro e l’intervento necessario di Brandon Sanderson, che ha concluso la saga dopo la morte del suo creatore nel 2007. Appassionato e profondo conoscitore dei 14 volumi di The Wheel of Time fin da bambino, lo showrunner Rafe Judkins si è trovato a condividere la propria visione di un adattamento che, come già accaduto per altre celebri trasposizioni fantasy, deve accontentare molti lettori con idee (e aspettative) tipiche della cultura fandom, e quindi piuttosto inflessibili rispetto alla resa della versione audiovisiva.

Sono dunque due le ambizioni che scorrono sotto la pelle degli 8 episodi della prima stagione. In primis, raggiungere nell’olimpo del fantasy, per quanto appartenente a un diverso sottogenere (qui parliamo di High Fantasy), la serie di Benioff e Wise. In secondo luogo, resistere (ed esistere) oltre il processo di rimediazione e di “riscrittura”, anche e soprattutto nel confronto con l’imponente opera originale. Nella serie Amazon la storia comincia in una terra matriarcale dove le Aes Sedai, gruppo di potenti detentrici di magia, mantengono la pace incanalando l’Unico Potere, inaccessibile agli uomini in quanto “avvelenato” per il genere maschile a seguito dell’ultima battaglia con l’Oscuro. Sotto il giogo della Ruota del Tempo, che comporta la rinascita ciclica delle anime in ogni epoca, la Aes Sedai Moiraine Damodred e il suo custode Lan Mandragoran cercano la reincarnazione del Drago, l’anima che ha causato la corruzione della magia e che è destinata a distruggere di nuovo il mondo, alleandosi con l’Oscuro, o a salvarlo. La ricerca conduce a Two Rivers, un villaggio di contadini in cui ben quattro (forse cinque) giovani potrebbero incarnare il Drago Rinato.

Sin dal primo episodio, lo spettatore si trova completamente calato in un mondo finzionale ben diverso da quello narrato dai libri, in cui invece è centrale (nella serie invece accantonato e rimosso, marginale) il rapporto disfunzionale fra maschile e femminile. Ma, analogamente a quanto accade nelle migliori diegesi cinematografiche (si pensi a The Lord Of Rings, da cui pure Amazon ha tratto una serie, adesso in lavorazione, e che costituisce un riferimento costante per l’autore della saga letteraria), l’universo seriale di The Wheel of Time si rivela tutto, letteralmente, da esplorare. Infatti, a una navigazione più attenta si scopre che la pagina dedicata alla serie targata Amazon Original e disponibile sulla piattaforma di Prime Video , sembrerebbe essere tra le poche, se non l’unica (almeno per ora), ad avere tra le opzioni selezionabili quella Esplora, che fornisce accesso a contenuti inediti e aggiuntivi rispetto alla stagione in corso.

Se è evidente che alcuni degli elementi fruibili in questa sezione sono stati concepiti per fornire agli spettatori ulteriori dettagli necessari per la comprensione e l’adesione alle vicende narrate, essi assemblano, affiancandosi agli episodi della prima stagione, un vero e proprio collage diegetico, inter e transmediale. Un menestrello racconta del Drago a Più Teste, dice a un certo punto Moraine a Siuan Sanche, Madre di tutte le Aes Sedai. Come la reincarnazione del Drago Rinato sembrerebbe frammentarsi (così ci fanno credere) nelle anime dei giovani protagonisti, così l’utente-spettatore interagisce con un cerbero trans e intermediale dalla natura paraoperale e plurale, fatto di appendici e tasselli più o meno fedeli alla saga, in grado di sedurlo e fidelizzarlo, informarlo e consentirgli di congetturare sulle vicende e la verità della peripezia ancora tutta da scoprire.

Ed ecco che nella sezione Esplora i personaggi principali sono presentati da ritratti illustrati corredati da una didascalia accattivante, dall’iconografia che si colloca a metà tra le vecchie figurine da collezione e l’interfaccia videoludica che consente al giocatore di scegliere il protagonista da impersonare. Seguono dei video animati, brevi ma straordinariamente realizzati, che spiegano gli antefatti necessari brevemente accennati nella serie e dati per acquisiti. Compare, poi, un vero e proprio lemmario di artefatti, creature e associazioni magiche attraverso cui è possibile approfondire la storia dei singoli, fondamentali, elementi diegetici. E ancora, è presente una mappa dai luoghi cliccabili, che consente di indugiare nella geografia dei luoghi percorsi e raggiunti dagli eroi.

Con caratteristiche analoghe a quelle delle forme ipertestuali (l’intertestualità, la costruzione decentrata, la dissoluzione dei confini tra autore e lettore, il superamento del modello lineare di scrittura e lettura) illustrate a suo tempo da George Landow, The Wheel of Time sembra provare a superare lo scalino dell’adattamento trasformandosi in un ipermedium. Rinegoziando l’opposizione binaria fra maschile e femminile (così pregnante, discussa e criticata nella saga letteraria), lo stratagemma diegetico della moltiplicazione del Drago Rinato in personaggi di ambo i sessi (che appartiene esclusivamente alla versione audiovisiva) sembra allinearsi a un processo di ipermediazione transmediale, che sulla tentacolare piattaforma di Prime Video offre a tutti gli utenti la possibilità di informarsi sui personaggi e immaginarsi le loro vicende, ipotizzare il loro statuto di eletti e, forse, identificarsi con essi.

Se, quindi, rispetto al suo divenire adattamento, The Wheel of Time trova una strada per configurarsi come tale, nel confronto con Game of Thrones la creatura degli Amazon Studios sembra non centrare l’obiettivo. Non perché promette di essere meno potente (per ora è solo di una promessa che stiamo parlando), ma perché è creatura diversa, mancando della complessità Grimdark che invece caratterizza i personaggi del Trono di Spade e le loro macchinazioni per cercare di prendere il potere. The Wheel of Time, infatti, non ha che bianco e nero, letteralmente incarnato da “The Dark One”, servito dal suo esercito di mostri bestiali, e si ascrive così nel genere High Fantasy, senza zone grigie.

Ma, esentandosi da un confronto innecessario, la serie potrebbe puntare su una coralità che non solo appartiene costitutivamente all’impianto narrativo della saga di Jordan (nei cui romanzi il racconto si declina secondo poco meno di 150 punti di vista), ma anche – perché no, linguisticamente – agli ingranaggi della ruota, prima di tutto mediale, che ridistribuisce ruoli e destini (e generi) per gli utenti empirici. Magari gli Amazon Studios intercetteranno questo potenziale e ci sorprenderanno nelle (sette?) stagioni che verranno, costruendo la saga audiovisiva su un’impalcatura ipermediale che non serva, come per questa prima stagione, esclusivamente a stimolare o a placare la curiosità dello spettatore, come un sussurro o un sottofondo piacevole, ma a tenerlo dentro all’universo seriale, fino alla fine del giro.

Riferimenti bibliografici
G. Landow, Ipertesto. Il futuro della scrittura, Baskerville, Bologna 1993.

The Wheel of Time. Ideatore: Rafe Lee Judkins; interpreti: Rosamund Pike, Daniel Henney, Zoё Robins, Madeleine Madden, Josha Stradowski, Marcus Rutherford, Barney Harris, Kate Fleetwood, Priyanka Bose, Hammed Animashaun, Sophie Okonedo, Kae Alexander, Fares Fares; produzione: Radar Pictures, iwot productions, Little Island Productions, Long Weekend, Sony Pictures Television, Amazon Studios; origine: USA; anno: 2021.

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