We only have one problem.
I don’t know of any other.
The problem is love.

The New Pope continua la riflessione sull’amore iniziata con la serie televisiva precedente, The Young Pope (2016). Pio XIII-Jude Law e Giovanni Paolo III-John Malkovich, il papa giovane e il papa nuovo, sono persone molto diverse. Lenny Belardo è incapace di esitazione davanti ai propri compiti e avanza con la sicurezza dell’eletto, sir John Brannox non è convinto che barattare il suo castello inglese con le mura del Vaticano sia stato un buon affare, egli è e rimane un dilettante dell’esistenza, troppo ripiegato su se stesso per agire con efficacia nel mondo. L’uno e l’altro sono però accomunati dalla sofferenza. La ragione di questa sofferenza è il fatto di non potere, o forse non volere, diventare padri. Sono condannati, o forse destinati, a rimanere figli. Rifiutati dai padri e dalle madri, i figli possono incontrare soltanto altri figli (quando alla fine della prima serie Lenny Belardo lo capisce, cade in coma). I figli si incontrano nel luogo e nel tempo dell’abbandono.

The girls who snubbed us, the boys who deserted us, the strangers who ignored us”: così comincia l’ultimo angelus di Giovanni Paolo III, pronunciato da Malkovich in un british english il cui suono esprime la lucida ponderazione di cui diventano oggetto anche le esperienze più dolorose, le ragazze che non si sono accorte di noi, i ragazzi che ci hanno lasciato andare, gli estranei che ci hanno ignorato. Ma anche: i maestri che hanno dubitato di noi, i conformisti che ci hanno messo alla porta e tutti quelli che non ci hanno considerati degni neppure di odio, opponendoci soltanto la loro indifferenza. John Malkovich fa una breve pausa e, con la sua faccia da gatto, annuisce impercettibilmente davanti alla folla come per dire: ci capiamo. Hanno tolto ai figli la possibilità del riposo, i luoghi dove accasarsi: “Nowhere to rest, nowhere to stand, nothing to belong to, nothing! Nothing! Nothing!”

Sei volte evocato, il niente del rifiuto ha trasformato il mondo in un deserto inabitabile. Dunque, c’è ancora un posto per i figli? Giovanni Paolo, il papa che sente l’esistenza come un problema, è capace di enunciare la soluzione: il nostro posto è qui. Non ha senso cercare un rifugio per nascondersi dal rifiuto degli altri, esso comunque ci raggiungerebbe. Dobbiamo rimanere nel luogo dell’abbandono: siamo i relitti di un naufragio che dio mette insieme per costruire la sua Chiesa. La Chiesa non è un edificio potente, maestoso, dalle solida fondamenta. La Chiesa non è un tempio. Dal tempio siamo stati cacciati perché non avevamo le credenziali, e nel nostro cuore è già stato raso al suolo. Né la Chiesa assomiglia a ciò che per un istante il battagliero Pio XIII pensa di farne: un gruppo di fedeli stretti attorno al loro papa come una falange.

«La Chiesa» ha scritto Giacomo Biffi, il cardinale citato nel film, «non è né un popolo né un segno. È una rete sotterranea di microscopiche comunità, che si radunano a discutere con molta franchezza e con molta fede se il Signore sia o non sia risorto». La Chiesa non è un centro di potere, né una società organizzata, ma una comunità evenemenziale e precaria. La Chiesa è qui, dove alcune persone che vengono dalla solitudine e vanno verso la solitudine s’incontrano e si interrogano – con le parole, gli atti, gli slanci – sulla possibilità che l’amore rinasca dopo che è morto, sulla possibilità di affermare qualcosa dentro lo spazio della negazione.

L’amore, soprattutto l’amore negato, è l’argomento di entrambe le serie di Sorrentino: l’amore frustrato dei bambini per i genitori che non li vogliono, l’amore proibito dei preti per le donne e per gli uomini, l’amore scandaloso per i bambini. Le conseguenze dell’amore sono catastrofiche. Le cause dell’amore sono oscene o fin troppo ovvie, comunque inconfessabili, perché l’amore, come dice il nuovo papa ai vescovi nel loro primo incontro, è un’astrazione. Non perché è una creazione intellettuale ma perché, come la felicità o la fede, è una passione. È la passione a essere astratta perché trascina l’individuo dentro un vortice fatto di corpi, azioni, parole in cui dimentica se stesso e che può distruggerlo. Giovanni Paolo parla di hysterias of love: astrazione è l’amore isterico, l’amore puro. Se non concretizziamo l’amore, se non gli diamo una forma, se non lo trasformiamo in tenerezza, siamo destinati a soccombere. Tenderness without passion, questa è la formula dell’amore possibile, lontano da ogni isteria.

«Gli amori malati non si possono curare», Sir John Brannox lo sa, voleva così tanto essere amato che quando era giovane ha messo la propria firma su un libro scritto in realtà dal fratello morto. L’addiction all’amore è il segreto chiuso dentro la scatola d’argento che si porta appresso: se non può essere amato dagli altri, diventerà oggetto d’amore per se stesso nel flash dell’eroina. Ecco perché poco dopo il ritorno di Pio XIII dal regno dei morti, rinuncia all’ufficio di romano pontefice e sceglie di spendere il resto dei giorni nel castello di famiglia: si è innamorato di una donna e non può farci nulla, ha capito che il passato, il presente e il futuro della sua esistenza sono dominati dalla passione.

Ma l’amore cristiano non è necessariamente appassionato? Un esempio di amore folle è Pio XIII, il papa ebbro di dio. Pio XIII è un prete-teurgo che non si limita a chiedere a dio, ma comanda: “Io te lo impongo!” dice davanti al corpo malato del ragazzo figlio del medico che si è preso cura di lui durante il coma. Quando prega Lenny Belardo non giunge le mani nel segno del supplice, ma allarga e leva le braccia verso l’alto come il sacerdote pagano. Il prete diventa teurgo per rispondere all’amore divino che è incontenibile. Invece di restare passivo, egli rilancia, si adegua all’eccesso al quale l’amore che dio gli porta lo costringe.

C’è chi fa miracoli come il papa e chi imbraccia il fucile come i terroristi islamici o il gruppo di fanatici cattolici che a Ventotene tengono in ostaggio una scolaresca. Teurgi e terroristi vogliono mostrare con le loro azioni che l’amore di dio non li ha abbandonati, perché «dio è con noi», come dice Belardo nella sua allocuzione ai cardinali. In fondo, il dio delle religioni rivelate – sosteneva Nietzsche – è un vecchio collerico e geloso. Geloso degli altri dei, insofferente del fatto che i fedeli nutrono amori diversi da quello per lui. Solo un dio così possessivo può sequestrare i suoi amanti e richiedere una dedizione esclusiva a tal punto da farli diventare fanatici, puri, maghi, omicidi. Le isterie d’amore sono il tentativo che facciamo noi, i tiepidi, per rifare nel mondo l’incandescenza dell’amore divino.

Per raggiungere qui e ora la persuasione e la felicità che toccano ai figli capaci di appropriarsi di tutta la sostanza del padre. Ma l’aspetto che dio può avere sulla terra è quello di uno schifoso insetto trovato nei boschi, sulle nostre tavole come vivanda, dentro l’astuccio segreto del papa. La vita dei figli è pericolosa perché non riconoscono la soglia che prima del loro arrivo spaccava la vita in due e che funzionava come una legge, rassicurava. Ciò che ci seduce nelle biografie dei figli è il tentativo luciferino di far coincidere gli aspetti che la metafisica e la religione allontanano: la vita che viviamo e ciò per cui viviamo la vita, la vita come sequenza di fatti e ciò che le dà impulso, l’aldiquà e l’aldilà. “In ogni esistenza queste due vite si presentano divise e, tuttavia, si può dire che ogni esistenza sia il tentativo, spesso fallito e nondimeno insistentemente ripetuto, di realizzare la loro coincidenza”.

La causa dell’amore isterico è il desiderio di essere felici senza dilazioni e interamente. Esiste un amore che non vuole essere compiuto, assoluto, per ciò stesso scandaloso e mortale? Esiste un amore senza passione? Se c’è – Giovanni Paolo è il primo a rendersene conto –, di certo è un amore che non esprime appieno la fede. L’amore appassionato e la fede sono pericolosi esperimenti di vita dentro lo spazio sterile del mondo. Nel tentativo di chiudere la ferita che si apre tra la vita che viviamo e ciò per cui viviamo la vita – tra quella che un teologo anglicano corrispondente del reverendo Newman chiama vita dell’estensione e la vita dell’intensità – il folle di dio accetta di poter essere un criminale. 

Nel suo ultimo discorso pubblico Pio XIII, che aveva imbeccato l’altro papa in occasione dei fatti di Ventotene, ripete le parole di Giovanni Paolo III. “Confondiamo l’amore con la follia“, dice poco prima che il vento gli scomponga la mantellina bianca. “Dobbiamo imparare ad abitare questo mondo e la Chiesa deve trovare il modo di aprire le sue porte all’amore possibile, per combattere le aberrazioni dell’amore”. Ma l’amore dei figli non può essere soltanto un amore possibile, concreto, dev’essere anche astratto, appassionato, aberrante, altrimenti la ferita rimarrà aperta. “E adesso farò quello che volevo fare fin dall’inizio, scendere tra di voi e stringervi a uno a uno”.

Il gesto di Belardo è al di là delle sue parole. Le parole dividono ancora i due versanti della vita, l’amore e la passione, l’astrazione e la concretezza. Ma scendendo tra la folla la mania di Belardo si moltiplica e disperde nei mille abbracci di piazza San Pietro che diventa lo spazio di una nuova comunione tattile. Pio XIII si lascia sollevare come una rockstar, distende le braccia per formare una croce, viene trascinato sopra il tappeto della folla e sembra patire ogni movimento come un’onda di dolore. È una immagine che mostra il figlio insieme ai figli non più costretti a scegliere tra il possesso e l’abbandono, la passione e la tenerezza, perché avranno imparato a vivere l’astrazione dell’amore senza morirne e senza uccidere. Ma, appunto, è soltanto un’immagine.

Riferimenti bibliografici
G. Agamben, La belva nella giungla, in Biografie sessuali, a cura di R. von Krafft-Ebing, Neri Pozza, Vicenza 2015.
G. Biffi, Il quinto evangelo, ESD, Bologna 2007.
R.T. Trench, Synonims of the New Testament, MacMillan&Co., Londra 1864.

The New Pope. Ideatore: Paolo Sorrentino; interpreti:  Jude Law, John Malkovich, Silvio Orlando,  Cécile de France, Javier Cámara, Ludivine Sagnier; produzione: The Apartment, Wildside, Haut et Court TV, Mediapro, Sky Studios; origine: Italia, Francia, Spagna, Stati Uniti d’America; anno: 2020.

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