Ted Lasso è un allenatore di college football americano. Diventato famoso per la diffusione virale del video dei festeggiamenti per la promozione del Wichita State Shockers in seconda divisione, Ted viene chiamato a Londra per allenare il Richmond, squadra di calcio di proprietà di Rebecca Welton. C’è però un dettaglio non trascurabile: quello non è più il Kansas, e Ted non sa niente di calcio. Non conosce le regole, non sa neanche che nel calcio si vince, certo, si perde, anche, ma si può persino pareggiare. I presupposti per il disastro, insomma, ci sono tutti, ed è proprio il fallimento della squadra l’obiettivo di Rebecca: far retrocedere il Richmond per vendicarsi dell’ex marito. Ted è però un inguaribile ottimista, e con i suoi metodi poco ortodossi e accompagnato dal fedele amico e collega Coach Beard riuscirà a conquistare il sostegno dei giornalisti, l’affetto della squadra, la simpatia di qualche tifoso.
Se a questo punto dovessimo liquidare in poche parole Ted Lasso, serie targata AppleTv e che all’ultima edizione degli Emmy ha fatto incetta di premi, potremmo dire – parafrasando – che “la gentilezza salverà il mondo”. E, in fin dei conti, non sarebbe del tutto sbagliato. Perché Ted – interpretato da Jason Sudeikis e che, insieme a Bill Lawrence e Brendan Hunt, è anche creatore della serie – è davvero un uomo buono. Se, come scrive Mittel, la serialità ci ha abituato a lunghe interazioni con uomini schifosi e dalla dubbia moralità, con Ted Lasso ci troviamo, invece, di fronte a un personaggio che sembra essere immune da qualunque forma di mascolinità tossica e problematica: Ted è convinto che sia possibile fare la cosa giusta anche quando sarebbe più facile – e vincente – scegliere un’altra strada, e che essere delle brave persone, alla fine, paga. Ted crede, insomma, nel rom-communism, ovvero nel lieto fine delle commedie romantiche – come dirà in uno degli episodi più belli composto per tre quarti da citazioni tratte da Jerry Macguire, Notting Hill, When Harry Met Sally, ecc. Così il suo arrivo a Londra finisce per scompaginare le dinamiche della squadra, non solo in campo ma anche – e soprattutto – nella vita privata di ognuno: Rebecca – interpretata dalla magnifica Hannah Waddingham che finalmente si scrolla di dosso il personaggio di Septa Unella di Games of Thrones – abbandona i suoi piani di vendetta perché capisce che è solo così che può finalmente essere libera dai fantasmi del proprio passato; il sempre arrabbiato Roy Kent, capitano della squadra, abbassa le proprie difese emotive e la sua relazione con Keeley è forse tra le più sane viste in una serie tv da molto tempo a questa parte – e se non ci credete, cercate su iTunes la playlist “A Roy dispiace di non aver capito Keeley” per 5 ore di banale romanticismo (e un’operazione di marketing magistrale da parte di Apple); Nate, il tuttofare della squadra, vince la sua timidezza e diventa aiuto allenatore; e così via.
Insomma, se volessimo chiudere il cerchio, potremmo dire che in Ted Lasso “l’impresa eccezionale è essere normale”, e, in effetti, la prima stagione sembra ruotare attorno a questo metaforico viaggio che i protagonisti fanno alla ricerca del proprio posto nel mondo, ma anche – perché no – del bene comune. Una serie tv dei buoni sentimenti, insomma. Esiste però l’altra faccia della medaglia, e il punto forte di Ted Lasso è la capacità di narrare in maniera mai scontata proprio questa quanto mai ovvia banalità: che non sempre basta partecipare ma a volte è necessario vincere, che quello che crediamo di meritare non sempre è quello che ci spetta. E che, soprattutto, noi siamo il risultato di ciò che ci è accaduto, e con questo dobbiamo fare inevitabilmente i conti. Facciamo allora un passo indietro. Ted Lasso è una serie comedy dalla struttura meno lineare e scontata di quanto possa apparire ad una prima visione: mescola generi diversi, i riferimenti ad altri universi narrativi sono continui e costanti – il già citato episodio Rainbow in cui viene preso in giro il funzionamento delle commedie romantiche, per esempio, ma anche l’episodio speciale di Natale, andato in onda a settembre lasciando i fan increduli – e i dialoghi sono intrisi di citazioni più o meno esplicite – dai riferimenti a Sex and the City, Mad Men e I Soprano, per passare a Frozen e Beyoncè e JAY-Z – spesso impossibili da seguire.
Si ride molto, si piange tanto. E ancora: se in un primo momento Ted Lasso sembra portarci nel mondo di Oz – anche in questo caso i riferimenti sono diversi e disseminati nei vari episodi – in realtà la serie vira presto verso il cinema di Frank Capra, ai suoi personaggi buoni ma che tuttavia finiscono per smarrirsi – seppure temporaneamente – nel processo che porta verso il bene della collettività, e in cui la cura verso gli altri poggia spesso su un tormento personale, su una fatica non detta. Ecco che, allora, la seconda stagione ci racconta proprio di questo smarrimento da parte di Ted, questo soccombere sotto il peso dei propri limiti, delle proprie tristezze, del proprio passato – non è un caso che proprio nell’episodio di Natale sia proprio Ted ad essere a sua volta salvato mentre guarda La vita è meravigliosa, prima che le cose potessero diventare dark. Parallelamente, gli ultimi episodi hanno il merito di delineare con maggiore chiarezza le sfumature di ognuno dei personaggi, nel bene e nel male: Jamie e il suo rapporto con il padre, la vita sentimentale e professionale di Coach Beard – l’episodio incentrato interamente sul suo viaggio ai confini della notte è una perla, ma per quanto riguarda la seconda stagione è davvero difficile dire quale sia l’episodio più riuscito –, il cambiamento di Nate: che nel processo di riscatto dalle diverse forme di marginalizzazione di cui è vittima (il padre che non riconosce il suo nuovo status di wonder kid della squadra, i giocatori che lo prendono in giro, senza dimenticare che Nate è figlio di immigrati), finisce per perdere dolorosamente se stesso. Menzione speciale per Sam, che nella seconda stagione diventa una figura sempre più centrale. E poi Ted. Anzi: soprattutto Ted.
Difficile fare un pronostico su cosa il futuro riserva a questo personaggio e, del resto, è lo stesso Ted a dircelo: bisogna vivere il momento presente con zero aspettative. Nel frattempo, però: «Don’t look back in anger, i heard you say».
Ted Lasso. Regia: Tom Marshall, Declan Lowney, Elliot Hegarty, M.J. Delaney, Zach Braff; sceneggiatura: Bill Lawrence, Jason Sudeikis, Brendan Hunt, Joe Kelly; interpreti: Jason Sudeikis, Hannah Waddingham, Jeremy Swift, Phil Dunster, Brett Goldstein, Brendan Hunt, Nick Mohammed, Juno Temple, Sarah Niles; produzione: Ruby’s Tuna Inc., Doozer, Universal Television, Warner Bros. Television Studios; distribuzione: Apple TV+; origine: Stati Uniti, Regno Unito, Danimarca; anno: 2020;