Il primo grande film della Mostra e la prima autoriflessione del mondo pandemico, Sportin’life  si apre sulle immagini di Ferrara e Dafoe assediati dagli intervistatori mentre sono alla Berlinale per presentare Siberia. Ferrara dichiara di star girando un documentario sull’atto di girare un documentario, Dafoe  parla del suo ‘acting’ sui set dell’amico regista, su come per un attore non si tratta di recitare quanto di entrare nel respiro dell’inquadratura dandole vita.

È come se la camera fosse una protesi fantasmatica di quello che avviene nel momento stesso in cui avviene. E tutto nel film accade come se nascesse in quell’attimo, abbandonandosi alla flagranza dell’improvvisazione e insieme come decostruendosi al proprio interno. Ogni shot è un respiro che assume il ritmo fagocitante sulle proprie immagini, sul proprio cinema. Concentrazione e dilatazione si succedono. Riempimento e svuotamento del mondo del cinema e del mondo della vita. Come ridare vita al cinema mentre tutto sembra svanire.

Vediamo Ferrara cantare e suonare con  il suo gruppo musicale, con Joe Delia, con la moglie Christine, come in Alive in France che qui diventa un Alive in Berlin e intanto il film comincia a tracimare, a lavorare con sovrimpressioni, come preso in un vortice palpitante. Ferrara immette per frammenti alcune sequenze di suoi film, dal Cattivo tenente all’apocalittico 4.44 the end of the world, Addiction, Go Go tales, Mary, Pasolini, Piazza Vittorio, Padre Pio. Queste assumono un nuovo senso, si riverberano su ciò che investe tutto il mondo. Eppure restituiscono una mutazione, una sorta di guarigione, ridando respiro alla visione.

A poco a poco entrano le immagini pandemiche che invadono come un sentimento di pietà e di invocazione il ritmo del film. Le strade deserte di New York, le corsie di ospedale, lo stringersi dei frammenti di morte è come se paradossalmente rigenerassero il tessuto immaginario. Immagini del sacro, delle piaghe di Cristo, di Papa Francesco sotto la pioggia che celebra messa di fronte al deserto di Piazza San Pietro. “Si nasce soli e si muore soli”. Ferrara nella notte deserta di Piazza Vittorio a Roma, durante la quarantena, col volto coperto dalla mascherina, si autoriprende, mentre passano le autoambulanze e la camera si alza e si posa dietro il vetro di una finestra a inquadrare il volto di Anna, della sua bambina, i cui occhi si riempiono di lacrime. Sunt lacrimae rerum, come nel verso dell’Eneide virgiliana.

Sportin’ life. Regia: Abel Ferrara; fotografia: Sean Price Williams; montaggio: Leonardo Daniel Bianchi, Stephen Gurewitz; musica: Joe Delia; interpreti: Willem Dafoe, Cristina Chiriac, Anna Ferrara, Paul Hipp, Joe Delia;  produzione: Saint Laurent (Anthony Vaccarello), Vixens (Gary Farkas, Clément Lepoutre, Olivier Muller), Diana Phillips; origine: Francia; durata: 65′.

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