I “corsari”: così li chiamarono quel gruppo di intellettuali “irregolari” che diedero arrembaggio alla nostra televisione nei decisivi primi anni sessanta, quando l’Italia subiva un profondo mutamento che avrebbe portato a qualcosa che si può chiamare “mutazione mediatica”. Ma ciò che paventava Pasolini, e la stessa diatriba tra “apocalittici” e “integrati”, racchiudeva in sé qualcosa che oggi si è dissipato e si sta vanificando: il sommovimento culturale, il dibattito civile, l’immissione del germe anticonformista in qualsivoglia egemonia culturale.

Tra quei corsari, insieme a Umberto Eco, Furio Colombo, Angelo Guglielmi, approdava in Rai un uomo come Ugo Gregoretti. Avrebbe da lì in poi dispiegato, con ironia e divertimento ma anche con un impegno trasgressivo, un genio, si direbbe con parola abusata, “multimediale”. Il fatto è che Gregoretti somigliava a un uomo del Settecento, a un poligrafo, a un “filosofo in viaggio”, a un uomo insieme di spettacolo e di pensiero, con la voglia di sperimentare. Come il Voltaire degli apologhi letterari, o il Goldoni drammaturgo e “critico” del costume. E di Goldoni del resto Gregoretti vestì i panni in un rutilante lavoro televisivo, Viaggio in Goldonia.

Altro suo merito lungimirante è stato quello di mettere in dialogo il fare cinema con il fare televisione. Ciò con un intento “didattico” ed enciclopedico e insieme con un piglio e un gusto “romanzesco”, con un’affabulazione sperimentale che trascorreva ugualmente tra le inchieste “sui generis” e “di strada”, dove alla lezione neorealista si aggiungeva un gusto surreale e fumista, nella tradizione italiana di Palazzeschi, Bontempelli, Petrolini, Campanile (suoi autori prediletti). Da questo gusto nacque un programma geniale come Controfagotto (e aprì la strada agli Specchi Segreti di un cineasta suo amico e che gli somigliava: Nanni Loy). Ma ciò che più interessa è che in questo Gregoretti coglieva la lezione (apparentemente “neorealista”) di Zavattini e Rossellini, a cui restò sempre devoto. Un suo film di esordio, che già pone le basi di quella mescolanza finzione/realtà che oggi si definisce “cinema del reale”, e cioè I nuovi angeli (che è anche un annuncio della rivoluzione giovanile che è alle porte) fu “sponsorizzato” per Cannes proprio da Rossellini.

Dunque forse (a parte Rossellini e Loy), nessun altro regista in Italia è riuscito a coniugare l’essere “uomo di cinema” con l’essere “uomo di televisione” come Ugo Gregoretti. E lo ha fatto costruendo insieme tratti inconfondibili: ironia, eleganza, coscienza politica, sguardo smaliziato sui media, curiosità anche tenera per la “mutazione antropologica” e i peccati italiani (gli stessi che in Pasolini suscitavano invece furore eretico), ma anche capacità morale di porre sotto la lente entomologica, talvolta deformante ma sempre lucida, vizi e virtù della Piccola Italia con altrettanto spirito “blasfemo”.

Gregoretti è stato capace di costruire un personaggio che ci è stato e continua ad esserci familiare, da vero uomo di cultura e di spettacolo (la sua poliedricità lo ha reso attore, giornalista, docente, militante politico, agitatore culturale, umorista, documentarista inventivo, raffinato regista di teatro e di opera lirica). Lo ha fatto, tutto ciò, anche con un’inesausta voglia di sperimentare, di sovvertire codici e linguaggi, con un profondo amore, e ciò è significativo, tanto per la tradizione italiana (a partire da quella del romanzo popolare) quanto per la cultura europea, accomunandole nella radice comune, risalente al secolo dei Lumi, del romanzesco, del picaresco, del racconto civile-filosofico (il mondo delle Operette Morali leopardiane, ad esempio, non gli era lontano).

Tutto ciò lo si è visto in indimenticabili, e a loro modo scandalosi, lavori televisivi, dal Circolo Pickwick a Le tigri di Mompracen, da La Sicilia del Gattopardo Dentro Roma, da Romanzo popolare italiano a Gli ammonitori, da La conquista dell’impero a L’assedio di Firenze, da Le uova fatali a Viaggio a Goldonia. Gregoretti conosce e racconta le radici profonde tanto della cultura popolare quanto di quella “alta” e letteraria, raccontando e indagando, da grande illuminista, le linfe e le strade segrete della storia e delle storie, dei conflitti di classe e dei mutamenti sociali del Belpaese — basti pensare all’invenzione unica di geniali programmi televisivi come Controfagotto o Sabato sera dalle nove alle dieci e alle tante sue inchieste che hanno proseguito e mantenuto vivo e attuale lo spirito “zavattiniano”. È riuscito così nell’intento di coniugare la militanza politica e l’osservazione sociale (I nuovi angeli, Apollon: una fabbrica occupata, Contratto, Comunisti quotidiani) con il divertimento intelligente (le collaborazioni e gli spettacoli con Gigi Proietti, l’autobiografico Maggio Musicale).

Insomma, la dimensione eclettica di Gregoretti si coniuga con la sua capacità di racchiudere in apologhi, in formati brevi, in parabole paradossali tutto un mondo, sia in diretta sui mutamenti sociali, sia in retrospettiva esplorando radici culturali del passato. Il tutto con una levità e una ironia impagabili. In questo senso basti pensare ai suoi caroselli, ai film a episodi, dal graffiante e crudele Il pollo ruspante di Ro.Go.Pa.G. – Laviamoci il cervello, a quelle incursioni filmiche che bilicano tra il lavoro d’autore e il ripensamento della commedia all’italiana, come Le più belle truffe del mondo e Le belle famiglie. E poi a un curioso film di fantascienza politica (che anticipa tanto Petri successivo) come Omicron, dove la classe operaia si contamina con una extraterrestre “invasione degli ultracorpi”.

Ripensiamo allora a Gregoretti come un Voltaire redivivo che si identifica col suo “Candide”, alle prese con un breve Voyage en Italie, un piccolo-grand tour, su e giù su una carrozza (come nel suo Pickwick, nell’episodio da lui firmato per il film collettivo Scosse) che percorre lo spazio e il tempo di questa nostra “Penisola breve”. Siamogli grati di averci fatto salire in carrozza e di averci accompagnato con le sue impareggiabili notazioni e il suo sorriso affabile da “gentiluomo popolare”.

Riferimenti bibliografici
A. Canadè, Zapping, in Lessico del cinema italiano. Forme di rappresentazione e forme di vita (vol. III), a cura di R. De Gaetano, Mimesis, Milano 2016.
U. Eco, Apocalittici e integrati, Bompiani, Milano 2001.
A. Grasso, Storia della televisione italiana. I 50 anni della televisione, Garzanti, Milano 2004.

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