In cima alla strada, nella capanna,
il vecchio si era addormentato. Dormiva ancora bocconi.
E il ragazzo gli sedeva accanto e lo guardava.
Il vecchio sognava i leoni.
Ernest Hemingway
Sarebbe potuto uscire in Italia con la traduzione del titolo originale “The Leisure Seeker”: Il cercatore di piacere o con il nome italiano del romanzo di Michael Zadoorian da cui è tratto, “In viaggio contromano”, e invece arriverà in sala (gennaio 2018) con il titolo Ella e John il primo film americano di Paolo Virzì. Perché sono Ella e John, interpretati dagli straordinari Hellen Mirren e Donald Sutherland, i vettori verso cui convergono tutte le forze del racconto che Virzì ha adottato dal romanzo americano adattandone la sceneggiatura con Stephen Amidon, Francesca Archibugi e Francesco Piccolo.
Un inno alla strada il romanzo di Zadoorian e un tratto di asfalto la prima inquadratura del film di Virzì. Leisure Seeker è il nome che Ella e John hanno affettuosamente dato al loro camper datato 1975 su cui ora, ultraottantenni e più dismessi del mezzo, decidono di rimettersi in viaggio. È un on the road folle e strampalato in cui si ride e si piange, in un’alternanza di sentimenti: da quando Ella e John compaiono sui sedili del camper, con una visiera hipster lei, in giacca e cravatta lui, entrambi malati, Ella nel fisico (lo stadio terminale di un cancro), John nella mente (un Alzheimer progressivo). Decidono di scappare insieme da un’America che non riconoscono più (dichiaratamente quella di Trump), dalle cure senza futuro di lei, da una vita intrappolata in un eterno presente lui, da tutti i medici, dai figli troppo apprensivi (Christian McKay) o troppo indaffarati (Kirsty Mitchell) per sostenere il peso dei vecchi genitori.
Fuggono e vivono la loro avventura con una tale leggiadria e spensieratezza che dalla loro casa nel Massachusetts fino alla casa dell’amato scrittore Hemingway nel Key West il film scorre sempre sospinto in avanti, in un movimento che pare poter aprire il tempo ad ogni chilometro che Ella e John percorrono durante il giorno. Anche la sera, quando si fermano, non provano mai ad intrappolarlo – il tempo – piuttosto lo lasciano scorrere davanti, nelle diapositive che Ella mostra a John su un tendone bianco, dove i ricordi diventano immagini di cui John ha smarrito i nomi e le immagini prendono forma, come in un film, in uno spettacolo della memoria eretto a monumento di un passato che conserva, ascosamente, i propri segreti – Ti ricordi John ti ricordi. Do you remember?
È il tempo che diventa cura. È il prendersi cura che rende sopportabile lo scorrere del tempo. Insieme Ella e John fanno cose semplici: gli esercizi all’aria aperta la mattina, le chiacchierate di lei, le letture di lui, il silenzio che non crea disagio. Ella e John “non fanno altro che fare quello che hanno fatto per tutta vita: stare insieme”.
È certo un film sulla vecchiaia quello di Virzì (in un’ideale continuazione di La pazza gioia), sulla malattia, sulla memoria e la sua perdita, un film sulla fine del tempo. Ma è anche, e con la stessa forza, un film sull’amore e sulla gioia di vivere, su ciò che ci tiene attaccati alla vita. Il segreto di Ella e John: non smettere mai di cercare. Come il nome del loro camper, Ella e John sono dei cercatori, hanno sempre voglia di qualcosa, di cose semplici ricercate però con ostinazione. Un hamburger come una tazza di tè, o un gelato al cioccolato su una terrazza sul mare. Il mare che potrebbe essere, che è il paradiso. Se si è in due a guardarlo o se si balla insieme, in una camera d’albergo che è una suite solo perché non ha i letti separati. Perché solo insieme, scrive Zadoorian, Ella e John “formano una persona intera”.
Ecco allora che The Leisure Seeker non è un film che rinnova le forme, né quella del road movie americano, né il carattere episodico della commedia all’italiana da cui il regista livornese proviene, piuttosto conferma una certa tendenza del cinema italiano e, in generale, del contemporaneo, che è il carattere romanzesco della vita, quella vulnerabilità dell’esistenza che è tratto distintivo dell’uomo moderno. Ella e John sono dei personaggi romanzeschi proprio perché sono alla ricerca di qualcosa. Anche il romanzo infatti, come l’epica, ha i suoi eroi. Ma mentre l’eroe epico è un trovatore, quello romanzesco è un cercatore, un uomo che vive appeso alle sue domande, sostenuto dai suoi desideri. John è “l’eroe” che bagna il letto, Ella la sua “principessa sul pisello” bellissima anche con la parrucca.
Un senso di perdita attraversa il film, ma “sconfitto non vuol dire distrutto” dice l’eroe: Ella e John non smetteranno mai di cercare. Ella, animata da una distintiva praticità femminile, si prenderà cura fino all’ultimo del marito come dei figli, portando a compimento il suo piano. John cercherà la poesia, quella che è poesia anche quando è prosa, quella di Joyce, di Melville, quella di Hemingway. Alla ricerca di quella semplicità scambiata per banalità di “un vecchio che sognava i leoni”.
Sono eroi romanzeschi i protagonisti di Virzì che non sempre trovano quello che cercano, come la casa di Hemingway che è diventata una specie di Disneyland (meta originaria dei coniugi nel romanzo) per matrimoni esotici animati da una frenetica allegria da selfie tra sconosciuti che rende subito nostalgica quella gioia semplice delle diapositive, condivisa su un prato verde, da Ella e John, con i compagni di campeggio. Nulla si può contro il tempo che cambia i personaggi e le cose: nel romanzo il soggetto non cambia il mondo (come nell’epica) ma si limita ad abitare il tempo, in una forma ondulata, come una balade, con l’orologio al polso ma tenendosi per mano, cantando la libertà.
Ella e John sono quindi dei personaggi romanzeschi proprio in virtù della loro debolezza (data dalla condizione di senilità), della loro fragilità e della loro incompiutezza, perché esseri umani colti in un momento di passaggio. Quello, delicatissimo, della fine. Come tutte le transizioni, quello della vecchiaia, è un momento di passaggio che richiede una dolorosa accettazione – I’m I. Io sono io – Ma chi è John e chi è Ella. Come fanno a riconoscersi, negli abiti sgualciti dal tempo, privati anche del ricordo di ciò che sono stati. Come dei veri eroi, John procede per indizi (il rossetto che lo riporta da lei), Ella supera le prove, passando per la strada dolorosa della verità e concedendosi alla gioia senza fatica del perdono.
Nel finale una scelta coraggiosa, piena di rispetto (“mettimi un fucile in mano” le aveva detto John) e dignità. Il rossetto sulle labbra lei, gli occhiali sul viso lui, con la stessa cura per la morte che si è prestata alla vita. Un prendersi cura fino all’ultimo, l’uno dell’altro e della vita, proprio lasciandola andare. Un finale fastidioso se non si accetta la ribellione scandalosa e piena di gioia che la scelta di Ella porta con sé. Anche questo, come nei romanzi più belli, un finale aperto nel suo essere “disastroso ma necessario”, catartico come “le alluvioni del Massachusetts”, un gesto in grado di riaprire il tempo (per i figli) proprio quando quello di Ella e John, insieme, si ferma – “Non mi restava molto da vivere e non potevo lasciarlo solo”.
È un film quello di Virzì di una studiata semplicità, mai pretenzioso, mai patetico, che trova una sua internazionalità nel tratto umano, perché caduco, della vita dei personaggi che racconta. È un road movie americano nelle ambientazioni (gli splendidi paesaggi descritti da Zadoorian restituiti dalla fotografia di Luca Bigazzi), negli attori, nei brani country (alternati alle musiche di Carlo Virzì), attraversato da un’ironia senza sbavature, con quella costante e irriducibile impressione di verità propria del cinema italiano. Mescolando commedia e tragedia, tra disavventure comiche e istanti di gioia pura, Virzì avvicina i suoi personaggi (operazione non semplice con due attori di tale statura) al pubblico che li segue, anche con una certa apprensione, credendo alla loro verità portata sullo schermo, nonostante l’eccentricità delle loro azioni, la contraddizione dei loro sentimenti – l’insofferenza e la necessità dell’altro.
Certo i malviventi messi in fuga, la fuga dall’ospedale o l’irruzione armata nell’ospizio hanno la spassosità delle gag americane più che il sapore degli incontri neorealisti, ma c’è un movimento intenzionale che riconduce sempre il film ad un’etica, quella sì neorealista (da cui discende il romanzesco cinematografico) della “fedeltà all’incontro”, quello con l’altro (Ella con John), quello con la vita: Ella e John. Un film intenso, Ella & John, sulla libertà di scegliere (di andar via) e il coraggio di restare (insieme, fino all’ultima scena, fino all’ultimo respiro).
Riferimenti bibliografici
E. Hemingway, Il vecchio e il mare, Mondadori, Milano 2000.
J. Rancière, Politica della letteratura, Sellerio, Palermo 2010.
M. Zadoorian, In viaggio contromano. The Leisure Seeker, Marcos Y Marcos, Milano 2009.