letteratura-circostante-3
Shining (Kubrick, 1980).

È esperienza comune smarrirsi tra gli scaffali delle librerie moderne, cedere alle lusinghe di appariscenti copertine che rimpallano lo sguardo dello spaesato lettore tra migliaia di offerte a differente tasso di fruibilità. È la letteratura circostante, commenterebbe il critico Gianluigi Simonetti, che nel suo recente La letteratura circostante. Narrativa e poesia dell’Italia contemporanea abbozza una mappa geografica per poter orientarsi nel caotico mondo della produzione contemporanea. È un’impresa di per sé audace, dato che l’assenza di distanza per noi presbiti del presente impedisce spesso di avere uno sguardo nitido sulle cose; ma è assolutamente necessario non solo per gli addetti ai lavori ma anche per chi, come il semplice lettore, desidera farsi un’idea più chiara della rivoluzione che si è consumata a partire dagli anni settanta, momento in cui – come certificherebbero libri di poesia quali Satura di Montale e Trasumanar e organizzar di Pasolini, entrambi del 1971 – il poeta (ma più in generale l’intellettuale) viene destituito del mandato sociale ed è così costretto a ripensare, anche alla luce delle nuove tecnologie e dello sviluppo della società di massa, a una differente idea di letteratura.

Fondato su un meritorio impulso divulgativo, pur nella disparità d’analisi tra la narrativa e la poesia (a completo discapito della seconda), il libro ha il principale pregio di elaborare un nuovo paradigma d’analisi che richiede un’inversione di prospettiva: la nuova letteratura più che nel tempo va colta nel suo aspetto spaziale. Infatti, essa è in prima istanza circo-stante, cioè secondo il suo etimo latino sta intorno a noi, ci è prossima e vicina nello spazio: segno questo del sovvertimento della logica verticistica (alto/basso) con cui tradizionalmente si è pensato il fare letterario. Specchio di questa nuova situazione sono molte opere che non possono essere più lette secondo stratificate logiche architettoniche post-moderne, come il palazzo, il labirinto e le cattedrali, ma vanno intese secondo una logica orizzontale in cui lo spazio della pagina è a tal punto saturato da permettere al lettore – come su una superficie liscia – di scivolare sul testo, senza doverlo attraversare con pazienza.

La capacità di un libro di affermarsi nel campo letterario è direttamente proporzionale – scrive l’autore citando I Barbari di Baricco (2006) – alla sua capacità di alimentarsi di altre narrazioni e di rinvigorirle a sua volta. Si tratta di un “sistema passante” di informazioni che privilegia la superficie (la proliferazione dei dati) alla complessità e alla profondità dei nessi che un autore può intessere nella propria opera. Se la dovessimo ricostruire in laboratorio, l’opera-prototipo dell’industria culturale sarebbe di facile lettura e interamente traducibile, stilisticamente a “bassa temperatura” e scritta in un italiano neo-standard, con una trama legata a temi d’attualità e con un protagonista costruito in modo tale da sollecitare il lettore a immedesimarvisi. L’opera potrebbe essere così velocemente serializzata, resa transmediale e fatta crescere insieme alla stessa immagine dell’autore che diverrebbe in breve tempo un brand (fa scuola il caso di Gomorra di Saviano, di cui si è occupata di recente Giuliana Benvenuti: Il brand Gomorra).

Quindi non è vero – assicura Simonetti – che si scrive e si legge meno letteratura; anzi narrare le proprie esperienze (Benjamin non lo avrebbe mai potuto sospettare nel momento in cui denunciava la fine del valore auratico dell’esperienza) è diventato uno dei modi con cui noi ci rapportiamo al mondo, elaboriamo la realtà, le portiamo via quel che essa è avara a elargire. Quando dunque sentiamo dire che non si scrivono più i romanzi di una volta, che non esistono più poeti come Montale, Ungaretti e Saba è bene fermarci e riflettere che non si è forse dinnanzi a un rincitrullimento di massa ma al superamento di quello che l’autore definisce “stile Novecento” o “letteratura di una volta”, un modo di intendere la letteratura (e più in generale l’arte) come il luogo o momento del bello, centrale alla formazione e all’educazione morale e sentimentale del civis.

È bene sottolinearlo: nel libro non si profetizza la fine della letteratura (i capolavori vengono e verranno costantemente creati); ad essere in pericolo sono invece il ruolo sociale e la valenza politica della letteratura su cui Simonetti medita a partire dalla constatazione che tra la letteratura alta e quella bassa è nata una terza categoria che sta guadagnando sempre più pubblico. Non si tratta né di paraletteratura, né di letteratura in senso alto, ma di “nobile intrattenimento”, in cui a prevalere è l’aspetto ludico, di svago e di leggerezza che ha il vantaggio (nobile appunto) di donare l’illusione dell’intelligenza, della bontà e della rispettabilità sociale.

Proprio introducendo questa categoria intermedia, Simonetti sembra non portare alle estreme conseguenze quanto già espresso nella sua premessa metodologica. Il paradigma della “letteratura circostante” si attaglia perfettamente al nostro presente, lo descrive seguendo le logiche dello spazio in cui la verticalità e la gerarchia “alto/basso” sono state sacrificate (si parla di scomparsa dell’élite) in nome di un principio apparentemente ugualitario e orizzontale, in cui – per esemplificarla in politichese-grillino – “uno vale uno”. Gli esperti sono stati destituiti della loro funzione di mediatori culturali, al pari dell’autorità che gli intellettuali hanno finora esercitato. Il panorama editoriale odierno si fonda, allo stesso modo, su un principio quantitativo prima che qualitativo, e la produzione dei testi segue la logica delle comunità, ovvero di quell’insieme casuale di utenti/lettori, accomunati da un interesse specifico che un libro esercita o impone. Oggi esiste un’unica comunità di lettori, al cui vertice non siede più il lettore forte tradizionalmente inteso, perché anch’esso fa parte di una delle possibili comunità/target al pari di quella dei vegani e degli amanti dell’alpinismo.

C’è dunque una contraddizione di fondo nell’operazione di Simonetti: le categorie di letteratura forte, “nobile intrattenimento” e letteratura popolare non funzionano più, perché sono ancora figlie di quello schema tradizionale che Simonetti dichiara di voler destrutturare, ma a cui tutti noi forse siamo ancora avvinghiati.

Riferimenti bibliografici
A. Baricco, I Barbari, Feltrinelli, Milano 2006.
G. Benvenuti, Il brand Gomorra, il Mulino, Bologna 2018.
G. Simonetti, La letteratura circostante. Narrativa e poesia nell’Italia contemporanea, il Mulino, Bologna 2018.

*in copertina Essi vivono (Carpenter, 1988).

Tags     letteratura, libri, società
Share