«Vi que não há Natureza,
Que Natureza não existe,
Que há montes, vales, planícies,
Que há árvores, flores, ervas,
Que há rios e pedras,
Mas que não há um todo a que isso pertença,
Que um conjunto real e verdadeiro
É uma doença das nossas ideias.
A Natureza é partes sem um todo.
Isto e talvez o tal mistério de que falam.»

Questo estratto della poesia XLVII di Fernando Pessoa, contenuta all’interno dei Poemi di Alberto Caeiro (1999), apre, assieme ad una citazione tratta da Aristotele, la prima parte del saggio Oltre natura e cultura (2021) di Philippe Descola. La rivelazione è che la Natura è parti senza un tutto: è montagne, alberi, pietre, mentre «un insieme reale e vero è una malattia delle nostre idee» (Pessoa 1999) ovvero dell’essere umano. Questo il tema di fondo di Descola che, nel già citato fondamentale saggio, porta avanti un’idea che vent’anni fa, quando l’opera veniva pubblicata, risultava nuova e quasi priva di precedenti, e che oggi è affatto attuale e fonte di dibattito: l’opposizione tra natura e cultura non è universale, bensì tipicamente frutto del pensiero occidentale e, comunque, anche all’interno dello stesso è un’idea abbastanza recente.

In Oltre natura e cultura Descola individua, infatti, quattro principali modalità di essere al mondo, o «ontologie», basate sulla differenza o somiglianza tra gli esseri viventi dal punto di vista fisico o dei corpi, delle «physicalités», e dal punto di vista spirituale o dell’anima, delle «intériorités»: l’animismo, che vede una continuità spirituale e una discontinuità fisica; il naturalismo, caratterizzato da una discontinuità spirituale e una continuità fisica; il totemismo, dove vi è una continuità sia spirituale che fisica; l’analogismo, all’opposto di quest’ultimo, in cui tutti gli esseri sono in discontinuità spirituale e fisica. Se per il mondo occidentale naturalista esiste un’idea radicata, almeno dal Seicento, che vede cultura e natura, esseri umani e non umani, ecc., separati e opposti; in una società come quella Achuar, analizzata dall’antropologo, queste dicotomie non sussistono. Per esempio, per le donne di questa popolazione amazzone le piante dell’orto sono dei bambini da curare e allevare, mentre scimmie e altre specie hanno legami di parentela con l’essere umano. Gli esseri non umani sono a tutti gli effetti entità a cui dare del tu, esseri che instaurano dei rapporti che non solo gli includono all’interno della società Achuar, ma che piuttosto eliminano fin da subito una supposta inclusione da mettere in atto tra un soggetto che ingloba e un oggetto che viene racchiuso. Il mondo degli Achuar è già in sé popolato da animali umani e non umani, piante e esseri viventi in continua relazione tra loro, marcati solo dalle loro «physicalités» differenti, da una apparenza che appartiene al corpo e che li fa sembrare uno nei confronti dell’altro distinti, seppur interiormente uguali.

L’idea di natura è quindi convenzionale, così come la supposta opposizione tra di essa e la cultura. Questi due postulati sono i temi centrali affrontati nel saggio Nel semiocene. Enciclopedia incompleta delle vite terrestri (2024) di Gianfranco Marrone. Fin da subito, infatti, Marrone adotta l’approccio del semiologo che guarda alla lingua per chiarire meglio un concetto, vederlo da una certa prospettiva, considerando la definizione dizionariale delle parole natura e naturale come un primo approccio, un primo testo, da cui cominciare un percorso che discuta le nozioni di cultura, natura, e le loro relazioni. I dizionari forniscono, infatti, già un primo responso: la lingua italiana esprime un’ambiguità di fondo nella definizione di questi termini. Se da una parte la natura viene presentata come non dipendente dalla società, in quanto principio totalizzante e esistente a prescindere dall’essere umano (esso, anzi, viene incluso nella natura, allontanandosene solo successivamente); dall’altra, sembra esserci una dicotomia tutta interna alla società, la quale distingue le cose naturali, con valore positivo, da quelle non naturali, con accezione negativa. Le nozioni di cultura e natura non sembrano essere quindi evidenti (non sono dunque naturali), ma create e rese convenzionali (quindi culturali). «L’idea stessa di convenzione, ricorda Lotman, è tale perché presuppone una qualche forma di naturalezza. Presuppone, ossia propone di stare prima, ma è essa, la convenzionalità, a produrre. In altre parole la naturalezza è l’esito, posto prima, di una convenzionalità, posta dopo, ma che in effetti sta prima.» (Marrone 2024, p. 36).

Nel Semiocene il concetto di natura non ha più senso di esistere, soprattutto perché non ha più senso. Il discorso di Descola è emblematico: l’opposizione tra cultura e natura non è universale, ma esistono maniere differenti di vedere e stare al mondo. Differenti nature in differenti culture esistenti in maniera paradigmatica e diverse ontologie compresenti all’interno della stessa cultura in maniera sintagmatica, con conseguente contrasto, dialogo e interrelazione. È il multinaturalismo di Viveiros de Castro, a cui Marrone, però, preferisce il termine internaturalismo, concetto che permette di anteporre ad un’idea di indipendenza e isolamento delle diverse ontologie una in cui tra di esse si instaurano continui dialoghi, conflitti e relazioni reciproche. E così avviene, ad esempio, nel mondo occidentale, in cui gli animali non umani rimangono isolati perché non parte della società (posizione naturalista) e che allo stesso tempo diventano animali domestici non sacrificabili perché in grado di provare sofferenza esattamente come gli animali umani (posizione animista). Marrone lo afferma durante l’analisi del sacrificio – animale – quando parla del programma televisivo culinario di Giorgione Animali da cortile, esempio di come una cultura, che vede una continuità psicologica tra animale e umano e una discontinuità fisica (quella di cui lo chef Giorgione è portatore e di atteggiamento animista), conviva con una società in cui l’animale e l’umano vengono considerati simili dal punto di vista biologico e dissimili dal punto di vista psicologico, di stampo naturalista. Lo stesso per quanto riguarda l’animalismo contemporaneo, a tratti animista, a tratti naturalista, il quale «vive cioè in una condizione di internaturalità come campo di conflitti e di contratti fra differenti posizioni ontologiche» (Ivi, p. 132).

In questo nuovo mondo definito dalla complessità si orienta la zoosemiotica. Non più quella scienza lanciata e portata avanti da Sebeok – di prima generazione – e di atteggiamento più naturalista, che si occupava soprattutto dei comportamenti e linguaggi animali mettendo al centro della propria ricerca la comunicazione e l’etologia, ma un campo di studi di seconda generazione – una «Zoosemiotica 2.0» – interessata alla significazione animale, ai discorsi e comportamenti in relazione agli animali. Un atteggiamento che si basa sul principio dell’internaturalità e che comprende questioni sociali, politiche ed etiche: i diritti animali, le loro passioni, la vita collettiva e il mondo comune che si instaura tra gli animali umani e non. Proprio di collectif parlava Bruno Latour, uno dei pensatori protagonisti del saggio di Marrone, termine che indica una procedura in cui si coniugano associazioni di esseri umani e non umani. Comunità ibride, corrispondenze continue tra gli esseri che popolano il mondo.

Di questo ci si occupa Nel semiocene, saggio che si propone come continuazione di Addio alla natura e che pone al centro «uno studio della significazione umana e sociale che includa tutti quei linguaggi e quei discorsi che si costituiscono nell’interazione con gli ambienti umani, le nicchie ecologiche, i territori animali, le tecnologie […] dialogando principalmente con alcuni autori e alcune problematiche da essi portate avanti» (Ivi, p. 265). Scimmie che parlano, uomini del paleolitico, gatti radioattivi, nonne dei cani, ma anche diplomazia, umanimali, etica delle piante, anelli mancanti nei livelli di ricerca del campo zoosemiotico. Sono alcune delle direzioni o percorsi che si possono intraprendere per «una riformulazione semiotica della questione dell’Antropocene» (Ivi, p. 13).

Riferimenti bibliografici
P. Descola, Oltre natura e cultura. Raffaello Cortina Editore, Milano 2021.
F. Pessoa. Poemi di Alberto Caeiro, a cura di P. Raule. La vita felice, Milano 1999.

Gianfranco Marrone, Nel Semiocene. Enciclopedia incompleta delle vite terrestri, KOINÈ, Roma 2024.

Tags     cultura, natura, semiologia
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