dove non si muore mai
Un mondo meridiano e notturno, lirico e carnale vive nei testi teatrali di Franco Scaldati. Una Palermo fatta di voci di venditori, di serenate all’amata, di richiami di bambini all’imbrunire, di violenze improvvise e apparentemente immotivate, di giochi, dialoghi fra creature eteree o, al contrario, estremamente radicate ai bisogni terreni.
Le figure del teatro di Scaldati sono gli scemi e gli inconcludenti come Spardaquasette, chi mette zizzanie (definito un Tragiariaturi), erranti senza dimora e senza cibo che sognano (come Crocifisso in Lucio), piattoni di pasta con i tenerumi, con i cavoli verdi, con le lenticchie. Piattoni di fave bollite, carciofi alla contadinella. Piattoni di fagioli con le cotiche. Sono espressioni di mestieri che non esistono più, di giochi (padrone e sotto). Anche gli animali: vermi, topi, serpi: sono dramatis personae con cui parlare. In Indovina Ventura vanno a fare una scampagnata al Monte Pellegrino nonni, genitori, figli, ladri e derubati (il gaggio, lo scemo campagnolo che arriva in città ed è spaesato), prostitute, vecchi, carabinieri, venditori, pescatori.
L’umanità del teatro di Scaldati è sparsa fra immondizie e ruderi, gente malata, deforme, mutilata, sofferente, cerca la luce. Ascoltano vecchie canzoni, contano i soldi che hanno guadagnato durante la giornata; Aspano e Benedetto (Il pozzo dei pazzi) raccolgono mozziconi di sigaretta e si contendono una gallina rubata. Come gli androgini di cui parla Platone ne Il Simposio, prima della separazione, si presentano quasi sempre a coppie: bambina e maestra, bambina e vecchia. Nicola/Assunta è una diade (nel senso che è maschio e femmina, travestito) che ripete sempre la stessa frase. Figure doppie, che non si distinguono l’uno dall’altro e che portano lo stesso nome: Cecchino e Cecchina (La guardiana dell’acqua), Lucio e Illuminata. La relazione carnefice/vittima, padrone/servo non contrassegna le coppie del teatro di Scaldati perché sono entrambi sconfitti (come ne Il pozzo dei pazzi, Pasquale e Crocefisso). Si tratta piuttosto di uno sdoppiamento: “Ognuno è nell’altro specchio e ombra”. Infatti le ombre hanno la stessa vitalità di persone loquaci, che raccontano storie terrificanti; hanno una presenza corposa, nonostante la natura eterea. Nella cosmogonia di Scaldati cielo e terra, luna e mare, stelle e uomini, vivi e morti trasmutano, all’interno di un processo inarrestabile in divenire.
La luna è infatti una delle principali dramatis personae, svolgendo diverse funzioni; soprattutto quella di ammaliare, “c’a’ luci”. In Fiorina ci sono le ombre che ricamano l’aria con parole. Anche la morte è una creatura. Nel suo teatro-mondo gli esseri umani sono interscambiabili con gli animali che sono antropomorfizzati: la coppia di topi in Lucio parla in rima. Ne Il cavaliere Sole (1979) Salomone è un gallo che legge i fumetti di Mandrake; compare spesso ubriaco, trascurando il compito di annunciare l’alba con il chicchirichì. In Indovina Ventura a parlare sono spesso animali, o fiori: topo, gatte, nottola, farfalle, garofano bianco e giallo; non hanno nome proprio, compaiono come creatura, fanciullo, fanciulla, papà, nonna, nonno, vecchio, ragazzo, topini. Sono di questo tipo anche gli oggetti: forbice, scopa, gabinetto padre, figurine, Oval e Ovalina, fili dorati che svaniscono con il venir meno della luce. I lampioni spenti diventano tristi, mentre il Guasto (l’interruzione di energia elettrica) dà istruzioni all’operaio, sullo stato dei contatti.
Il principio del divenire produce identità incerte: «‘Un sacciu tu cu si/ e/ cu iu sugnu» («non so chi sei tu e chi sono io»). Chiamarsi per nome significa per Totó e Vicé essere al mondo, esistere; è il nome ciò che fa l’identità.
Alla sua morte avvenuta nel 2013, Franco Scaldati, drammaturgo, poeta, attore e regista, lascia un ampio fondo di opere teatrali la maggior parte delle quali inedite, e una consistente mole di varianti redatte anche a distanza di anni: tredici testi pubblicati e trentasei inediti, e a questi sono da aggiungere undici riscritture tratte dalla letteratura teatrale nazionale e internazionale. Al momento i suoi testi sono irreperibili perché quelli inediti – che sono la maggior parte – sono conservati nella casa privata della famiglia Scaldati e quelli editi non sono più disponibili presso le case editrici Rubbettino e Ubulibri che li hanno pubblicati.
Il progetto La drammaturgia di Franco Scaldati ha come obiettivo quello di far conoscere la produzione per il teatro di un grande scrittore che, in quarant’anni di attività ha operato essenzialmente a Palermo, una città che né in vita né dopo, ha saputo valorizzare la sua figura di artista, il suo magistero di formazione nei confronti dei giovani che hanno partecipato alle attività che lo scrittore-attore ha portato avanti, per lo più in sedi precarie e disagiate. È possibile per un attore parlare la lingua di Scaldati? È possibile per lo spettatore comprenderla? In effetti è come se fosse una lingua straniera, anche per chi è nato a Palermo trenta/quaranta anni fa, oggi non è più parlata. L’attore Scaldati comunicava con il timbro della sua voce, con il ritmo dei suoi gesti e con i movimenti del suo corpo a platee che non conoscevano il teatro né comprendevano la sua lingua. Cosa succede, ci chiediamo, quando un suo testo viene restituito da un attore che non conosce la sua lingua, destinata a diventare come un geroglifico quando non ci saranno più quegli attori come Melino Imparato, Enzo Vetrano e Stefano Randisi che la parlano e la comprendono? L’esperimento che abbiamo messo in opera con Notturno Scaldati è quello di testare come si manifesta il mondo-teatro scaldatiano attraverso figure di attori e attrici differenti per generazione, per pratiche vocali, linguistiche, sonore e performative, per esperienza diretta di lavoro con Scaldati o completa ignoranza del suo mondo. Verificare se e come sia possibile far vivere il teatro di Scaldati senza Scaldati, sulla scena, sulla pagina e per radio.
*Per il progetto La drammaturgia di Franco Scaldati (29-30 novembre 2017, Giornate di studi presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma / 30 novembre 2017, ore 21 al Teatro Argentina di Roma) si ringraziano tutti coloro che vi hanno aderito: singoli individui, istituzioni pubbliche, associazioni culturali e artistiche che hanno messo a disposizione tempo-lavoro, spazi, competenze, ospitalità, viaggi, documenti video, foto, libri. Citiamo: Sapienza Università di Roma, Università di Roma Tor Vergata, Teatro di Roma, Biblioteca nazionale centrale di Roma (MIBACT), Associazione Ubu per Franco Quadri, Rai Radio3, Move in Sicily, Associazione Lumpen e Ila Palma, PAV, Sciami.