Medicorriere (The Bladerunner, 1974) di Alan Edward Nourse, romanzo della tarda social science fiction, è un racconto distopico, ambientato nel 2009, che racconta il disfacimento della sanità statunitense, obbligata ad assistere unicamente coloro che si sottopongono a un programma di sterilizzazione – parte di un piano governativo che ha l’obiettivo di eliminare progressivamente le patologie genetiche ed ereditarie, sempre più diffuse per effetto dell’abuso di antibiotici nei decenni antecedenti. A tale piano liberticida si oppone un movimento di medicina clandestina, di cui sono membri i protagonisti del romanzo: il dottor John Long (“Doc”), il suo “medicorriere” (bladerunner) Billy lo Zoppo, il cui compito è rimediare attrezzi chirurgici e farmaci, e l’infermiera Molly Barret. La situazione degenera quando la popolazione di New York è flagellata da una pandemia: i positivi inizialmente sottovalutano il rischio, salvo accusare sintomi (influenza, spossatezza, dolori articolari, rigidità del collo) che, in breve, li conducono alla morte. I medici riescono a individuare il virus: si tratta di una nuova forma di meningite fulminante, che, per la moltiplicazione esponenziale di tanti inconsapevoli “untori”, rischia di determinare un’autentica catastrofe sanitaria e umanitaria, con milioni di morti.
Il romanzo racconta in toni molto realistici la contrapposizione tra il governo della salute pubblica e le forze clandestine. “Doc” Long è il personaggio più rappresentativo di tali forze, che mirano a garantire assistenza sanitaria a pagamento a coloro che ne sono sprovvisti, perché rifiutano di sottoporsi alla sterilizzazione obbligatoria. L’obbligo alla sterilizzazione rappresenta solo l’elemento più direttamente percepibile di un governo sanitario basato su controllo, disciplina e irreggimentazione. In questa direzione, l’azione clandestina dei nuclei di medicina sommersa, continuamente esposti a tradimenti, delazioni e arresti, può essere concepita come una strategia di resistenza alla deriva del modello di sanità voluto dal governo e, contemporaneamente, come un tentativo di contrastare i meccanismi crudeli del tecnocapitalismo. Lette nel corso dell’attuale congiuntura pandemica legata al Covid-19, le vicende narrate in Medicorriere spingono sociologi e mediologi a interrogarsi sia intorno alla pandemia come condizione limite di sviluppo dei sistemi capitalistici, sia circa la possibilità di adottare un nuovo armamentario teorico con cui studiare la viralità come dispositivo cardine di ogni forma di mediazione, biologica e tecnologica (Tirino 2021).
Al di là del sapore sinistramente profetico del romanzo, un passaggio ineludibile è contestualizzare l’opera di Nourse nel clima dell’epoca in cui è stato pubblicato. Medicorriere, pur essendo uscito nel 1974, sembra recuperare lo spirito di un periodo – l’inizio degli anni sessanta – in cui negli Stati Uniti emergono i primi gruppi, più o meno organizzati, di hacker (Levy 1984). Le analogie istituibili tra i due movimenti – quello finzionale della medicina clandestina e quello reale dei primi gruppi hacker – sembrano lampanti (Tirino 2017). Pekka Himanen (2001) identifica i principi dell’etica hacker: la passione e la dedizione totali all’hacking; la libertà (i prodotti della conoscenza sono distribuiti con l’obiettivo di incentivare la ricerca); l’adozione del modello accademico (revisione e referaggio tra pari); la gratificazione ottenuta mediante il riconoscimento di competenze e meriti da parte della comunità d’appartenenza; predilezione per l’innovazione, perseguita soprattutto attraverso la creatività.
I cinque principi dell’etica hacker, appena enucleati, in buona misura sembrano ispirare anche il personale sanitario del romanzo di Nourse. “Doc” John Long e gli altri agiscono in base alla convinta militanza contro una sorta di dittatura sanitaria. L’attività dei medici clandestini incarna lo spirito libertario del singolo che si oppone allo status quo, fino a mettere in campo il coraggio di violare leggi ingiuste, attraverso pratiche quotidiane di disobbedienza civile, il cui fine ultimo è la salvezza di vite umane. Il Controllo – vero e proprio moloch burocratico contro cui combattono i tre protagonisti (“Doc” John, Billy e Molly) – costituisce l’espressione più oscura e potente di un potere politico tanto invisibile, quanto diffuso, cinico, ottuso e apparentemente invincibile, il cui obiettivo è decimare la popolazione con ogni mezzo (compresa la sterilizzazione). La dimensione di rischio perpetuo in cui vive potrebbe indurci a concepire la medicina clandestina quale autentico spazio sociale in cui il dovere dell’assistenza primeggia sull’osservanza delle leggi, in una evidente manifestazione di dedizione e vocazione assolute alla propria professione – tratto che i medici clandestini condividono con gli hacker.
Un ulteriore elemento di affinità tra comunità hacker e gruppi di medici ribelli concerne il comune rapporto con le pratiche di produzione del sapere scientifico. In proposito, occorre ricordare che Nourse, prima di essere un brillante scrittore di racconti e romanzi fantascientifici, è stato medico, autore di numerose pubblicazioni scientifiche e divulgative. L’elaborato sistema di regolazione della sanità pubblica è fondato su molteplici relazioni tra individui, norme, procedure e risorse (materiali e immateriali) e risponde innanzitutto agli indirizzi politico-amministrativi formulati dalle autorità governative. In The Bladerunner queste ultime sembrano mosse dal desiderio feroce di reprimere ogni spazio di opposizione, ricorrendo a una legislazione semi-dittatoriale, che regola minuziosamente metodi, tempi e logiche dei servizi di cura e assistenza. I gruppi di medicina clandestina contestano i presupposti stessi di questo sistema normativo, ribellandosi all’obbligo di sterilizzazione per i cittadini affetti da patologie ereditarie, affinché, impossibilitati a riprodursi, essi evitino di “contaminare” la società con le loro tare. Proprio per la focalizzazione su nuclei simbolici come il virus, il controllo e il potere dei marginali Medicorriere stimolò William Seward Burroughs a scrivere il trattamento cinematografico fallito, riciclato in romanzo, Blade Runner, un film [Blade Runner (a movie), 1979], che a sua volta ispirò Ridley Scott e Hampton Francher per titolare la leggendaria trasposizione filmica (1982) di Ma gli androidi sognano pecore elettriche? (Do Androids Dream of Electric Sheep?, 1968) di Philip K. Dick e un iperunderground film, Taking Tiger Mountain (1984) di Kent Smith e Tom Huckabee – ma questa è veramente un’altra storia, di pratiche culturali eversive e sovversione transmediale (cfr. Tirino 2017).
“Doc” John è convinto che occorra costruire un sistema scientificamente valido e socialmente sostenibile per garantire a chiunque la necessaria assistenza sanitaria, evitando di ricorrere a mezzi di controllo dal sapore orwelliano. Avvezza a far fronte alle quotidiane emergenze riguardanti i marginalizzati e gli esclusi dal sistema sanitario ufficiale, la medicina clandestina esibisce, pertanto, una sorprendente capacità di formulare soluzioni praticabili di fronte alla catastrofica pandemia raccontata in The Bladerunner. Nel romanzo, il sistema sanitario universale era collassato nel 1994, innescando sanguinose rivolte, alle quali le autorità governative rispondono con la massima durezza, varando il programma di sterilizzazione di massa come requisito ineludibile per l’accesso al servizio sanitario nazionale. I medici ribelli ravvisano la profonda iniquità di un tale sistema, capace di generare sacche di soggetti esclusi da ogni cura e, proprio per questo, potenzialmente letali per l’intera società. Privati di ogni assistenza, questi individui, infatti, rischiano di trasformarsi in vettori di virus e malattie, creando autentiche bombe epidemiologiche per tutta la popolazione: è esattamente quanto accade con la meningite che, a un ritmo vorticoso, falcidia la cittadinanza.
Nel finale del romanzo, il governo, per debellare l’epidemia, è costretto a ricorrere alla medicina clandestina, nei fatti riconoscendo l’affidabilità del sistema sanitario “parallelo”. Anche questa circostanza può essere letta come una profezia dei destini del movimento hacker. La storia recente dell’informatica è punteggiata di vicende che testimoniano come le battaglie degli hacker per la libertà d’accesso ai beni della conoscenza e del sapere comune (non solo in ambito informatico) siano successivamente diventate appannaggio dell’intera collettività. Ne è un esempio il fenomeno del software open source, oggi disciplinato giuridicamente da licenze standard per produrre, elaborare e distribuire software, comunemente accettate tanto tra le aziende private quanto fra le amministrazioni pubbliche. In pratica, come gli hacker, i sanitari ribelli del romanzo di Nourse promuovono una concezione del mondo opposta a quella propugnata dall’ideologia dominante e, di conseguenza, in conflitto con leggi e norme ufficiali. Hacker e medici clandestini per difendere la propria visione del bene comune sono disposti a mettere a rischio incolumità e libertà personali, poiché sono convinti che le loro battaglie conducano al progresso generale della società, all’avanzamento del sapere e al miglioramento della qualità della vita di ciascuno.
Sebbene partendo da premesse tipiche delle distopie fantascientifiche del Novecento, Medicorriere si conclude con un finale che rilancia le ragioni dell’umanesimo, in cui la salvezza della società – e dalla stessa razza umana – di fronte alla pandemia, arriva soltanto grazie a un nuovo patto sociale, fondato sul compromesso nobile tra le ragioni della legge ufficiale e quelli della tutela della vita “dal basso” e con qualsiasi mezzo. Una parabola utile anche per i nostri tempi?
Riferimenti bibliografici
P. Himanen, L’etica hacker e lo spirito dell’età dell’informazione, Feltrinelli, Milano 2001.
S. Levy, Hackers: Heroes of the Computer Revolution, Delta, New York 1984.
M. Tirino, Hacker. Virus e transmedialità insurrezionale ne “I medicorriere” di Alan E. Nourse, in M. Tirino, A. Amendola, a cura di, 10 Keywords. La matrice narrativa e la digital society, Francesco d’Amato Editore, Salerno 2021.
Id., Profeti dell’hackerismo: transmedialità e clandestinità ne “I medicorriere” di Alan E. Nourse, in M. Tirino, A. Amendola, a cura di, Romanzi e immaginari digitali. Saggi di mediologia della letteratura, Gechi, Salerno-Milano 2017.
Alan Edward Nourse, Medicorriere, Mondadori, Milano 1981.