13 ottobre 1972: l’aereo affittato dalla squadra uruguaiana di rugby sorvola le Ande verso il Cile, colmo dei sogni e dalle aspettative di giovani giocatori, di studenti universitari e dei loro familiari, attratti dalla prospettiva di fare un breve viaggio, una parentesi di festeggiamenti per interrompere il normale scorrere della quotidianità. All’improvviso, un vuoto d’aria; il pilota perde il controllo, ogni manovra è inutile mentre la cima delle montagne si avvicina inesorabilmente. L’aereo colpisce la cordigliera, lacerandosi in due parti. Dei quarantacinque passeggeri iniziali, dodici muoiono sul colpo, mentre molti dei sopravvissuti non resistono alle settimane successive, tra ferite e condizioni meteorologiche avverse. Ne La società della neve, Juan Antonio Bayona racconta la storia di uno degli incidenti più sconvolgenti nella storia del Sud America; prima di lui, hanno portato la tragedia sul grande schermo René Cardona (I Sopravvissuti delle Ande, 1976) e Frank Marshall (Alive – Sopravvissuti, 1993).

Per i superstiti non è solo questione di sopravvivenza. Giorno dopo giorno, la trappola ghiacciata in cui sono prigionieri li pone davanti a nuovi ostacoli e soprattutto davanti a nuove scelte. È grazie all’utilizzo di una voce narrante onnisciente, quella di Numa Tarchetti, che il muro tra lo spettatore e i personaggi crolla. La vicenda non è più solo un caso di cronaca del passato, ma torna in vita rievocando gli aspetti più macabri, le debolezze dei presenti, i piccoli festeggiamenti a seguito del raggiungimento di un obiettivo, la speranza mai sopita di essere trovati. Proponendo uno sguardo interno sui fatti, Bayona cerca di scardinare il meccanismo di mistificazione degli avvenimenti da parte dei media per attenersi quanto più possibile alle testimonianze dei protagonisti, gli unici che hanno vissuto sulla loro pelle la tragedia.

L’impossibilità di compiere qualunque azione utile ai fini del salvataggio, l’impotenza dell’uomo davanti alla grandezza e alla forza della natura, viene sottolineata attraverso campi lunghissimi che mostrano sterminate distese di neve, gelide e inospitali, e che rendono ogni tentativo di comunicazione con i paesi circostanti inutile. A contrappuntare le riprese del paesaggio ci sono quelle dell’interno dell’aereo, primi piani che deformano i volti dei ragazzi, andando a sottolineare il sottile confine che divide l’umanità dalla bestialità nei momenti di maggiore difficoltà, quando il terrore si impadronisce dei pensieri e l’istinto di sopravvivenza inizia a pesare sulle decisioni.

Il film non vuole spettacolarizzare il dolore e la decisione collettiva di mangiare la carne dei defunti. Questa è presentata come una scelta sofferta, indagando la difficoltà del compiere un atto del genere nel momento in cui non si vuole abbandonare la propria morale ma la morte sembra avvicinarsi sempre di più. La voce fuori campo di Numa è fondamentale, perché mostra come per evitare di crollare sia fondamentale stabilire una complicità con i propri compagni, trovando consolazione nella presenza altrui, andando quindi a ricreare dal nulla – e nel nulla – una società vera e propria fatta di affetti e fiducia reciproca. Grazie alla netta opposizione tra i colori del paesaggio, viene costruita un’astrazione lirica (Deleuze, 1983), esplicitata dalla netta separazione tra il luogo in cui l’aereo è precipitato, un territorio perfettamente neutro dove la luce si riflette tra i ghiacci potenziando le inquadrature, e la civiltà; alternando bianco, nero e grigio, bene, male e incertezza, si evidenzia l’alternativa, la scelta dello spirito che i personaggi devono compiere.

L’attraversamento di quella terra ostile ma immersa nei raggi luminosi è in realtà l’unica via per la salvezza. La soluzione, per quanto complessa da mettere in atto, è quella di attraversare la cordigliera per cercare un centro abitato. I personaggi non si trovano in una situazione di lotta o di conflitto, ma le loro decisioni, compresa quella di discendere i monti senza avere certezze sull’esito della spedizione, devono essere prese per rispondere a una necessità vitale. Le risorse, però, iniziano a scarseggiare e non tutti possono mettersi in cammino. A rompere la situazione di staticità a cui i sopravvissuti sono costretti è la scelta di agire da parte di Nando Parrado e Roberto Canessa: i due assumono il ruolo di leader e tentano la marcia. Anche se la strada appare pericolosa e lunga, mettere a rischio la propria vita è l’unico modo per dare una speranza al gruppo.

In questo contesto, Numa, rimasto ferito gravemente e consapevole di non poter andare via dalle Ande insieme agli altri, si trova ad assumere il ruolo più importante di tutti, accettando la morte e mostrando la definitiva evoluzione del rapporto tra i sopravvissuti. Trovandosi bloccato all’interno dell’aereo, troppo sofferente per muoversi, osserva i ragazzi fuori dal finestrino, diventando a sua volta spettatore e analizzando così la situazione in modo lucido. Pur essendo spaventato, pur amando la vita e desiderando ridere, piangere, divertirsi, il ragazzo sceglie di donare ai compagni il suo corpo, dopo la morte, come fonte di nutrimento, consentendo loro di avere abbastanza risorse per intraprendere il viaggio verso la valle, l’unica possibilità per trovare finalmente dei soccorsi e consentire al resto del gruppo di tornare a casa. È la sua inevitabile immobilità a diventare motore per il movimento di Nando e Roberto, che alimentandosi con il corpo riescono a trovare forze sufficienti per affrontare il viaggio. Il suo è il personaggio della vera scelta (Deleuze, 1983), caratterizzato dall’elemento del sacrificio, che innalza l’affetto alla pura potenza. La sua è quindi una decisione autentica: come scrive Numa nella sua lettera di addio, «non c’è amore più grande di quello che dà la vita per i propri amici».

Riferimenti bibliografici
G. Deleuze, L’Immagine-Movimento, Einaudi, Torino, 2016.

La società della neve. Regia: Juan Antonio Bayona; sceneggiatura: Juan Antonio Bayona, Bernat Vilaplana, Jaime Marques-Olarreaga, Nicolás Casariego; montaggio: Andrés Gil, Jaume Martí; interpreti: Rafael Federman, Esteban Bigliardi, Simon Hempe, Agustín Pardella, Enzo Vogrincic, Alfonsina Carrocio, Fernando Contingiani; produzione: Cimarrón Cine, El Arriero Films; distribuzione: Netflix; origine: Uruguay, Spagna; durata: 144′; anno: 2023.

Share