Ad un primo sguardo, la quinta stagione della serie Fargo sembra riproporre molti elementi narrativi e iconici tratti dall’omonimo film dei fratelli Coen di 1996. Come in ogni installazione della serie antologica creata da Noah Hawley, troviamo all’apertura degli episodi la solita scritta che rivendica l’autenticità dei fatti raccontati – «Quella che vedrete è una storia vera. I fatti esposti nel film sono accaduti nel 2019 nel Minnesota. Su richiesta dei superstiti, sono stati usati dei nomi fittizi. Per rispettare le vittime tutto il resto è stato fedelmente riportato» –, nonché il ritorno all’universo narrativo del Minnesota (comune al film e a tutte le stagioni, ad eccezione della quarta in cui l’ambientazione si sposta nel Missouri). Nell’ultima stagione sono stati inseriti ulteriori richiami al film: tra i personaggi notiamo quello di Wayne Lyon, anche lui venditore di automobili come Jerry Lundegaard. Non solo, oltre a condividere lo stesso tipo di occupazione, i figli di entrambi hanno lo stesso nome (Scotty), e loro mogli sono state rapite da casa da due sconosciuti incappucciati in sequenze quasi del tutto identiche.

Qui si fermano le somiglianze tra film e serie. Anche se Juno Temple nei panni di Dorothy “Dot” Lyon cercherà di ripetere in maniera quasi ossessiva i gesti dell’ingenua Jean, mostrandosi in apparenza come una casalinga perfetta alle prese con fruste di cucina o ferri da maglia; a differenza della sua controparte filmica, Dot è perfettamente capace di badare sé stessa. Nell’arco di un episodio essa si dimostrerà capace di causare ferite letali ai propri rapinatori, proteggere un agente di polizia colpito durante una sparatoria, e infine tornare a casa in tempo per preparare la colazione del giorno dopo, rassicurando il proprio marito di essersi semplicemente assentata perché aveva avuto una giornata “storta”.

Per attualizzare il racconto di Fargo, Hawley compie due operazioni importanti: avvicina l’intreccio alla contemporaneità e mette al centro della storia una protagonista femminile. Anzitutto risulta molto interessante la scelta di collocare le vicende a distanza di pochi anni dai giorni nostri; il 2019 infatti può essere visto come l’anno della soglia, immediatamente precedente al primo impeachment di Trump, alla pandemia di Covid-19, alle proteste in massa del movimento Black Lives Matter, all’assalto del Campidoglio. La serie è attraversata da queste tensioni politiche e sociali, e spesso le richiama esplicitamente, facendo i nomi di figure note dell’alt-right americana quali LaVoy Finicum e Ammon Bundy. I toni ironici caratteristici del brand Fargo sono qui adottati per mettere in ridicolo l’immaginario MAGA, come accade ad esempio nell’assurda scena delle elezioni dello sceriffo, dove si presentano quattro candidati con lo stesso nominativo e che si fanno il verso a vicenda; a questo proposito contribuisce anche la colonna musicale, che utilizza in maniera stridente brani come Toxic di Britney Spears e l’YMCA dei Village People durante l’attacco delle milizie armate.

Il mondo filmico e seriale legato ai fratelli Coen conta numerosi personaggi femminili di rilievo accolti positivamente dalla critica, primo fra tutti quello interpretato da Frances McDormand che nel 1997 le valse il premio Oscar alla miglior attrice protagonista. In Fargo 5, la protagonista Dot sembra un’eroina d’azione dalle abilità fantastiche simile a molte di quelle che popolano la produzione televisiva female-centered (Lotz 2006). La possibilità di raggiungere l’idillio domestico tanto desiderato è interrotta dal ritorno di fantasmi passati che assillano Dot, così la serie procederà con lo scavo nel passato per raccontare gli abusi subiti dalla donna. In realtà, “Dorothy” è il nome che Nadine ha scelto per sé dopo essere scappata da un matrimonio violento con lo sceriffo Roy Tillman, interpretato da Jon Hamm. È proprio Tillman colui che ha assoldato dei criminali per ripotare Dot al suo ranch.

L’intreccio fin qui delineato richiama una struttura narrativa molto popolare nella serialità contemporanea con protagonista femminile, e che in accordo con Alison Horbury (2015) possiamo considerare reminiscente del mito di Persefone. Alcuni temi del mito presenti nella serie sono il tentativo di sottomissione del personaggio femminile da parte dell’antagonista maschile, il conflitto sul controllo del corpo della donna, e infine l’indagine sull’autentica identità della protagonista, supportata da una genealogia di personaggi femminili.

In maniera simile a quanto accade nel Mito, Dot incontrerà il sostegno della poliziotta Indira Olmstead, e successivamente conquisterà anche l’affetto della potente suocera Lorraine Lyon, una cinica miliardaria chiamata la “regina del debito” (Jennifer Jason Leigh). Il ricorso al mondo femminile prende ancora più forza nel settimo episodio della stagione: quando Dot si reca al Camp Utopia in cerca di Linda, ovvero colei che è stata la prima moglie dello sceriffo, troverà una comunità di donne fuggite da situazioni di violenza e che, per poter ricominciare, hanno lasciato dietro di sé i nomi che avevano preso da mariti o ex compagni. Dot vuole l’aiuto di Linda ma questa, nel frattempo, è diventata una guida per altre donne in difficoltà. Sarà allora istituito un processo per sentire le due versioni di ciò che è accaduto e decidere quale sia la “vera” verità (da sempre tema caro al mondo di Fargo).

Quando finalmente avrà l’occasione di raccontare la sua versione dei fatti, Dot sarà costretta a usare una marionetta: il passato traumatico della protagonista non viene mostrato ricorrendo a flashback o altre manipolazioni temporali, ma è ricreato proprio a partire da questa messa in scena marcatamente finzionale. La marionetta certamente fa riferimento «al mondo dell’infanzia, delle tradizioni, di un’eredità perduta (o negata)» (Cecchi 2016), mentre l’istanza testimoniale cercherà attraverso la finzione di dare una forma alla terribile immagine mancante dell’abuso domestico, «per comunicare ciò che è stato, ma che risulta in apparenza non più testimoniabile» (ibidem).

Infine, la chiusura commedica della stagione richiama i valori della fertilità (la figlia di Dot dice di voler altre sei sorelle) e della famiglia (i biscotti fatti in casa), in maniera simile a quanto avviene nei finali di Fargo e Raising Arizona, ribadendo il legame tra la serie e il cinema dei fratelli Coen.

Riferimenti bibliografici
D. Cecchi, Immagini mancanti. L’estetica del documentario nell’epoca dell’intermedialità, Pellegrini, Cosenza 2016.
A. Horbury, Post-feminist impasses in popular heroine television: The Persephone complex, Palgrave Macmillan, London 2015.
A. Lotz, Redesigning Women: Television After the Network Era, University of Illinois Press, Urbana-Chicago 2006.
A. Maiello, Mondi in serie. L’epoca postmediale delle serie tv, Pellegrini, Cosenza 2020.

Fargo 5. Ideatore: Noah Hawley; interpreti: Juno Temple, Jon Hamm, Jennifer Jason Leigh, Joe Keery, Lamorne Morris, Richa Moorjani; produzione: Nomadic Pictures, 26 Keys Productions, The Littlefield Company, MGM Television; distribuzione: Sky Atlantic; origine: Stati Uniti d’America, anno: 2024.

Tags     Fargo, fratelli Coen, Trump
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