Ci sono temi intrattabili. Temi che, strumentalizzati dalla discussione pubblica e politica, perdono perfino il profilo della loro consistenza e della loro specifica realtà, triturati dal conflitto tra prospettive inconciliabili perché strutturalmente ideologiche. Uno di questi è quello dell’emigrazione clandestina, del viaggio verso la terra promessa di nome Europa, di chi fugge da povertà e guerre. Fare un film su tale tema è un rischio. Perché si deve rapportare non con i fatti, ma con il modo in cui tali fatti sono inclusi e manipolati dai discorsi e dai sentimenti da questi plasmati e cavalcati. Matteo Garrone con Io Capitano ha corso il rischio e vinto la scommessa. Eludendo ogni sguardo testimoniale, ha costruito un film significativo perché incentrato sul modello narrativo e mitico del viaggio dell’eroe.
Soltanto che quest’eroe, almeno in partenza, non ha veramente nulla di eroico. Anzi, l’eroe non è uno, ma sono due, due cugini senegalesi che di nascosto dagli adulti lavorano per poter accantonare i soldi necessari e partire. La madre di uno dei due, Seydou, si arrabbia molto quando il figlio le accenna, per sentirsi meno in colpa della partenza in segreto, alla possibilità di andar via. Ma i due ragazzi, sia pur impauriti, partiranno. All’inizio sarà soprattutto Moussa, il cugino di Seydou, ad avere più coraggio e a spingere per andare. Ma anche le ragioni del viaggio non saranno in partenza così eroiche. Riguardano soprattutto le illusioni della giovinezza, una giovinezza attraversata da desideri e da ambìti stili di vita che sono condivisi e uniformi in tutto il mondo. Sul cellulare i ragazzi vedono ciò che accade al di là del deserto e del mare, e ambiscono ad andare lì per essere famosi e per poter finalmente “firmare autografi”, come si dicono.
La loro innocenza, i loro sguardi, la loro voglia di affrontare insieme il viaggio, sono gli elementi che danno forma all’illusione che dà avvio all’avventura. Ma quest’avventura avrà i suoi numerosi e dolorosi ostacoli, impedimenti dettati dalla volontà malevola degli uomini di approfittarsi di chi si trova in condizione di necessità. Violenze, minacce, sfruttamento, sono declinazioni di una stessa volontà pervicace di esercitare per interesse un potere di sopraffazione. I due eroi saranno anche separati. Moussa verrà buttato nelle galere libiche. Ma Seydou non partirà fin quando non lo avrà ritrovato. Lo ritrova ferito ad una gamba, e le cure necessarie per guarire potrà averle solo in Italia. Moussa ora è molto provato. Lui che era il più motivato a partire, ora vorrebbe tornare in Senegal. Ed è Seydou ora a infondergli fiducia, i ruoli si sono invertiti.
Gli ostacoli che si contrappongono ai due eroi sono causati dagli uomini. Perché la natura – deserto e mare, due “spazi lisci” secondo Deleuze – diventano pericolosi solo per la brutalità degli uomini, che abbandonano gli altri uomini ad un vagare smarrito sulle dune del deserto o tra le onde del mare. Il coraggio di Seydou è tutto umano, fatto di resistenza e di voglia di andare avanti. Ma è anche caratterizzato da un sentimento profondo nei confronti della sua terra natia e della madre, che vede in sogno, in una delle due scene oniriche del film (l’altra riguarda una donna del gruppo che muore nel deserto, e che Seydou vede volare leggera), senza poter essere rivisto.
L’ingenua illusione che ha mosso alla partenza i due giovani sembra essersi dissolta, ma in compenso emerge – soprattutto in Seydou – una profonda convinzione e la voglia di farcela. L’ultimo ostacolo da superare sarà quello più difficile, perché richiederà una capacità senza formazione. Dovrà essere Seydou stesso, sedicenne, a condurre il barcone attraverso il Mediterraneo, perché, come gli dicono i trafficanti di uomini, in quanto minorenne rischia meno. Ma a questo punto l’eroe non è più solo colui che è fuggito di casa, quello che ha superato gli ostacoli del deserto, sarà anche colui capace di guidare gli altri verso la meta quando i soccorsi latinano. Sarà colui in grado nel mare di essere pienamente eroe curandosi degli altri. Non solo portare presto Moussa in un ospedale italiano, per non rischiare di fargli perdere la gamba, ma anche prendersi cura di una donna prossima al parto, rallentando il movimento della barca per evitare scosse.
Con grande coraggio, Seydou griderà, a chi mostra indifferenza verso il destino della barca, che sarà lui a guidare comunque a salvezza tutti i suoi migranti, sarà lui che porterà la barca in Sicilia. E quando saranno prossimi a terra, e si leverà in volo un elicottero, Seydou sarà pronto a quel punto a ripetere ad alta voce e più volte, con il sole sul viso rivolto verso l’alto: “Io Capitano”. A quel punto il viaggio iniziatico si è compiuto. L’innocente ragazzo senegalese partito dalla sua terra, dopo aver affrontato i pericoli più minacciosi, e i nemici più cattivi, sarà diventato adulto e compiutamente eroe. E avrà portato con sé il suo amico.
La chiave straordinaria che ha trovato Garrone per evitare allo stesso tempo sguardo patetico e sguardo testimoniale, e rendere pienamente umano il dramma dell’emigrazione clandestina, è stato trasformare i personaggi in eroi di un viaggio iniziatico verso l’acquisizione della maturità, passando per il superamento di prove difficili e di ambienti ostili. Questo nucleo tematico e formale tiene sempre densamente ancorata la messa in scena e la regia che non perde mai tensione, neanche quando si abbandona e ci riconsegna l’estetica del paesaggio desertico. In questo modo il film ci mostra e ci fa sentire nel viaggio del migrante quel viaggio profondamente umano che è la vita di tutti. Per questo sentiamo quegli eroi così vicini. Nell’umanità in movimento, per fuga ed illusioni, riconosciamo un percorso che dovrebbe riguardare comunque noi tutti, anche chi, come nell’Occidente civilizzato, sembra da tempo aver smesso di viaggiare.
Io Capitano. Regia: Matteo Garrone; sceneggiatura: Matteo Garrone, Massimo Gaudioso, Massimo Ceccherini, Andrea Tagliaferri; fotografia: Paolo Carnera; montaggio: Marco Spoletini; interpreti: Seydou Sarr, Moustapha Fall, Issaka Sawagodo, Hichem Yacoubi, Doodou Sagna, Khady Sy, Venus Gueye, Cheick Oumar Diaw, Bamar Kane; produzione: Archimede, Rai Cinema, Tarantula, Pathé, Logical Content Ventures, RTBF, VOO, BeTV, Proximus, Shelter Prod; distribuzione: 01 Distribution; origine: Italia, Belgio; durata: 121; anno: 2023.