La storia di un archeologo degli anni trenta votato all’avventura viene concepita da George Lucas nel 1973, alle prime avvisaglie di quel filone cinematografico che nel 1977 verrà definito nostalgia film da Marc Le Sueur, secondo cui la nostalgia cinematografica presenta i tratti del «deliberato arcaismo» e del «realismo di superficie». La nostalgia, in questo caso, ha come oggetto i serial cinematografici della golden age (1936-1945), una passione che Lucas riversa peraltro anche nella saga di Luke Skywalker. L’idea resta nel cassetto per otto anni, periodo in cui Lucas è intensamente impegnato nella produzione dei primi due capitoli di Guerre stellari; in un momento di pausa dopo L’impero colpisce ancora, il progetto viene sottoposto a Steven Spielberg e il resto è storia: I predatori dell’arca perduta (1981) è il primo di tre film che, alla fine degli anni ottanta, risulteranno essere fra i maggiori incassi di un decennio fondato sulla politica del blockbuster.

Il media franchise di Indiana Jones include fumetti, romanzi, videogiochi e serie televisive (Le avventure del giovane Indiana Jones, 1992-1996) e, nel nuovo secolo, si dota di due nuovi capitoli della saga cinematografica: Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo (2008) e Indiana Jones e il quadrante del destino (2023). Quest’ultimo film è stato, in fase promozionale, presentato dalla Disney come il capitolo definitivo non solo della saga cinematografica, ma anche del media franchise. A cinquant’anni dalla sua ideazione, Indiana Jones torna dunque soltanto per i saluti, generando un effetto di nostalgia per il nostalgia film.

L’avventura parte da un flashback di 25 minuti ambientato nel 1939, in cui l’effetto speciale più perturbante è il ringiovanimento digitale di Harrison Ford, impegnato in una fuga dal patibolo e successivamente in una lotta coi nazisti su un treno, il cui momento più esaltante è l’esposizione del celeberrimo tema The Raiders March mentre il nostro eroe balza sul tetto di una carrozza in movimento. Usciti dal flashback, che ha la funzione di introdurre l’oggetto-valore del film (il “quadrante” del titolo), si entra nel presente del 1969, spunto per nuovi sfondi storici (la parata dell’allunaggio) e per un clima complottistico-spionistico alla John Le Carré; l’azione si sposta in Marocco, per poi inabissarsi nelle pieghe del tempo, fino all’assedio di Siracusa del 212 a.C., dove Indiana Jones incontra Archimede e viene a capo dell’enigma della Macchina di Anticitera, un antico calcolatore meccanico che nella finzione cinematografica diventa un rilevatore di varchi spazio-temporali. Il film si conclude a New York nel 1969, con un iris shot che cerchia il celebre cappello di Indiana Jones, appeso con mollette sul filo dei panni, una sorta di variazione dell’espressione “appendere i guantoni al chiodo”.

Il cinema di Indiana Jones ha rappresentato uno spettacolare riavvio della macchina narrativa del cinema hollywoodiano classico, un tentativo riuscito di intercettare una domanda di narrazione incessante. Ontologia dell’azione allo stato puro, wall-to-wall, lo schema di Spielberg-Lucas consisteva nella riproposizione di azioni già rappresentate e già viste, come sfogliando una “effervescente Enciclopedia del Cinema”, secondo un’efficace definizione di Sergio Arecco. Era uno schema che Spielberg, regista di tutti i film della saga ad eccezione di quest’ultimo, descrisse come “un film di James Bond senza l’hardware”.

Nelle mani di un altro regista, James Mangold, lo schema non cambia, né l’introduzione di un personaggio femminile giovane, volitivo e interpretato da una maestra di autoironia come Phoebe Waller-Bridge sposta davvero gli equilibri: i personaggi non si fermano mai, il mandato drammaturgico li obbliga a cercare l’oggetto, senza pause. In tal senso la figura del deuteragonista del flashback, l’amico Basil, rappresenta un monito rispetto all’introspezione e alla stasi: mentre Indiana Jones è rimasto in movimento e non si è fatto domande, Basil si è macerato tutto il tempo in casa, lambiccandosi il cervello per capire come risolvere l’enigma della Macchina di Anticitera, fino a perdere la ragione. Il cinema fondato sull’azione, al contrario, richiede che il protagonista salga sulla ruota quando la ruota gira (per Elsaesser, d’altra parte, il blockbuster somiglia alla pallina di un flipper) il tutto al servizio di uno spettatore che, come il protagonista, vuole soltanto salire sulla giostra, salire sempre, come suggerisce il tema ascendente di John Williams che tutti vogliono riascoltare.

Allora Indiana Jones e il quadrante del destino va considerato un ultimo giro vertiginoso sì, ma su una vecchia giostra per cui si prova nostalgia, rievocando un tempo in cui questo tipo di film era il grande parco giochi di una generazione; la Macchina di Anticitera diventa così una macchina del tempo che vorrebbe riportare lo spettatore in un’epoca in cui il blockbuster era una grande esperienza collettiva, ma l’esperienza di quel tempo non si riattiva davvero, la stiamo soltanto rievocando. Come ha ben notato Manohla Dargis sul “New York Times” in un articolo opportunamente intitolato Turning Back the Clock, “è chiaro che l’amore nostalgico per la vecchia Hollywood che ha definito e plasmato il film originale è stato soppiantato da una nostalgia altrettanto potente per la serie stessa”.

Riferimenti bibliografici
S. Arecco, George Lucas, Il Castoro, Milano 1983.
F. Bellu, L’archeologo sul grande schermo, NPE, Eboli 2022.
L. Gandini, R. Menarini, Gli Stati Uniti tra continuità e discontinuità, in C. Uva, V. Zagarrio, a cura di, Le storie del cinema. Dalle origini al digitale, Carocci Editore, Roma 2020.
M. Le Sueur, Theory Number Five: Anatomy of Nostalgia Films: Heritage and Methods, in “Journal of Popular Film”, vol 6, n. 2, 1977.

Indiana Jones e il quadrante del destino. Regia: James Mangold; sceneggiatura: Jez Butterworth, John-Henry Butterworth, David Koepp, James Mangold; fotografia: Phedon Papamichael; montaggio: Michael McCusker, Andrew Buckland e Dirk Westervelt; musiche: John Williams; interpreti: Harrison Ford, Phoebe Waller-Bridge, Mads Mikkelsen, Antonio Banderas, John Rhys-Davies; produzione: Walt Disney Pictures, Paramount Pictures, Lucasfilm; distribuzione: Walt Disney Studios Motion Pictures; origine: Stati Uniti d’America; durata: 154′; anno: 2023.

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