Il concetto di sfera pubblica è una pietra angolare della scienza politica, della sociologia e della scienza della comunicazione e Jürgen Habermas è considerato unanimemente «il teorico della sfera pubblica», quello più citato e più apprezzato. I motivi della notorietà e della considerazione riservata ai suoi studi dipendono anzitutto dalla prospettiva interdisciplinare, processuale e critica con cui ha trattato la comunicazione pubblica nel contesto dello sviluppo delle formazioni storico-sociali moderne. Sin dalle prime indagini scientifiche, nelle scienze applicative è prevalente un approccio riduzionista che opera un duplice restringimento dell’oggetto di ricerca. Per un verso, la sfera pubblica è ristretta alla rilevazione dell’opinione pubblica, a sua volta misurata con la scorciatoia metodologica dei sondaggi di opinione. Per altro verso, sono stati analizzati per lo più i contenuti, le forme e gli effetti delle comunicazioni di partiti e leader sui pubblici e le peculiarità dei mass media e dei social media.

Il merito di Habermas è aver ricostruito la genesi, la struttura, le funzioni e le trasformazioni della sfera pubblica come un aspetto parziale di programma di ricerca di teoria della società. Sul piano storico, la sfera pubblica è un fenomeno relativamente recente e caratteristico degli ordinamenti democratici liberali. Habermas ha utilizzato il tipo ideale di sfera pubblica borghese a partire dai contesti inglese, francese e tedesco dei secoli XVIII-XIX, distinguendola dalla sfera pubblica “rappresentativa” dell’Ancien régime e dall’opposta ma speculare sfera pubblica “popolare” dei ceti plebei. Il principio di organizzazione, le strutture sociali e le forme comunicative di quel modello iniziale sono profondamente mutate nelle società di massa del Novecento, soprattutto sotto il duplice aspetto della «statalizzazione della società» e della «socializzazione dello Stato» − che ha ridefinito il rapporto tra pubblico e privato − e per la nascita e la diffusione della comunicazione di massa. Le tesi formulate nel celebre Storia e critica dell’opinione pubblica (Habermas 1971), in parte già anticipate nelle ricerche giovanili condotte all’Institut für Sozialforschung, sotto la direzione di Theodor W. Adorno, recuperavano la tensione dialettica tra l’auto-rappresentazione normativa e la realtà fattuale della prima teoria critica. Così come le diagnosi sulla crisi della democrazia contemporanee, a causa della disgregazione dei discorsi razionali sostituiti dal dispiegamento di “pubblicità” a caccia di facili consensi, sia per la mercificazione delle forme di vita da parte degli interessi economici sia per la manipolazione propagandistica degli apparati politici.

Il secondo merito di Habermas, tuttavia, è stato di allontanarsi dalle «semplificazioni stilizzanti» e «astoriche» della Dialettica dell’Illuminismo (Horkheimer 1966). Già la Teoria dell’agire comunicativo (Habermas 1986) contestava gli assunti impliciti delle tesi sull’industria culturale: la raffigurazione del pubblico come soggetto “passivo” di una comunicazione di massa totalmente subita e compiutamente pervasiva; la convinzione che l’industria culturale persegua nel suo insieme l’interesse a manipolare le coscienze degli spettatori; l’idea che lo spettatore sia una monade isolata direttamente colpita dai mass media, senza alcuna intermediazione; l’attenzione rivolta alla produzione dei messaggi comunicativi e culturali a discapito dell’effettiva ricezione e interpretazione anche negoziata e oppositiva dei pubblici. Tali assunti, infatti, sono stati confutati dalle indagini empiriche. Per cui la «profonda revisione» della prima teoria critica doveva iniziare dalla constatazione degli effetti ambivalenti, al contempo “autoritari” ed “emancipatori” della sfera pubblica politica nelle società democratiche di massa.

La rilevanza della teoria habermasiana dipende dall’attualizzazione continua attraverso l’Introduzione alla seconda edizione di Storia e critica dell’opinione pubblica (Habermas 2002) e Fatti e norme. Contributi a una teoria discorsiva del diritto e della democrazia (Habermas 1996) − vedi Walter Privitera (2001) − sino alla conferenza Political Communication in Media Society, tenuta al congresso dell’Associazione Internazionale di Comunicazione (ICA), a Dresda, il 20 giugno 2006, dal titolo La democrazia ha anche una dimensione epistemica? Ricerca empirica e teoria normativa (Habermas 2011) − vedi Luca Corchia e Roberta Bracciale (2020). Va rimarcato che Habermas ha aggiornato continuamente il quadro teorico sulla sfera pubblica politica e la democrazia deliberativa alla luce delle analisi empiriche, assumendo i concetti – clima di opinione, agendasetting, framing, encodingdecoding, gatekeeper, etc. – di programmi consolidati negli studi comunicativi.

Il concetto habermasiano di sfera pubblica considera le strutture e gli attori che la costituiscono e le funzioni che normativamente svolge negli ordinamenti democratici rispetto al sistema politico-amministrativo e alla società civile (e dei cittadini). Il «ciclo della comunicazione politica» nella sfera pubblica dipende da una circolazione in tre diverse “arene”, ciascuna con una propria logica: 1. le «discussioni istituzionalizzate» al centro del sistema politico; 2. la «comunicazione quotidiana» nella società civile; 3. la «comunicazione mediale» tra i media e il “pubblico”. Nel complesso, la sfera pubblica è un «luogo comunicativo di intermediazione» tra questi tre ambiti che costituisce il sostrato organizzativo di un universale «pubblico di cittadini» emergente, per così dire, fuori dalla sfera privata del mondo della vita.

Nella sfera pubblica circolano informazioni, si svolgono confronti, si generano e aggregano modelli interpretativi, credenze generali, descrizioni e rappresentazioni di fatti, concezioni morali, valutazioni etiche, espressioni emotive e altre forme più o meno discorsive sui temi – attori, oggetti, eventi – più o meno controversi. Questa mediazione forma opinioni e atteggiamenti e nel lungo periodo mentalità collettive. In questo spazio di intermediazione multilivello la comunicazione di massa svolge un ruolo preminente e nei mass media, alcuni attori sono i protagonisti: i giornalisti e i professionisti dei media, i politici, gli esponenti della società civile e della cultura, da quelli dello spettacolo agli studiosi che si presentano come intellettuali o esperti, a seconda che favoriscano auto-chiarificazioni o la circolazione di saperi specialistici. Se la sfera pubblica è una «cinghia di trasmissione» di informazioni e opinioni in un processo bidirezionale dal centro alla periferia e viceversa, il sistema mediale svolge alcune funzioni essenziali per la riproduzione sociale.

In grande sintesi, è: 1) un «filtro», in quanto seleziona solo alcune informazioni e opinioni dal «flusso babilonico di voci» che circolano nella società e sulle questioni di interesse più generale; 2) un «condensatore», in quanto presenta queste informazioni e opinioni sotto forma di possibili discussioni, traducendo il linguaggio comune in argomenti concorrenti; 3) una «cassa di risonanza», nel senso che raccoglie e dà visibilità alle informazioni e opinioni diffuse nella società, favorendo una comunicazione di tipo botton up; 4) un «sistema di allarme», nel senso che mette le istituzioni pubbliche – chi prende decisioni – di fronte alle questioni più urgenti per i cittadini e gli interessi organizzati; 5) un «sistema di controllo», che attiva i circuiti della accountability e responsibility, limitando l’autoreferenzialità delle classi dominanti e la corruzione dell’interesse generale; 6) il «dominio del discorso», dove gli attori sociali imparano attraverso il dibattito tra argomenti diversi a confrontare e modificare i punti di vista, gli interessi e i valori, indipendentemente dalla negoziazione e dalla votazione dei processi decisionali; 7) un «generatore di apprendimenti» in quanto la circolazione di conoscenze e la discussione su temi specifici accrescono il «capitale culturale» dei soggetti coinvolti – ciò è cruciale per la trasformazione delle opinioni, delle condotte e delle motivazioni; e 8) un «medium di coesione», in quanto l’estensione della densità delle relazioni di comprensione reciproca e intesa comunicativa favorisce la crescita di “capitale sociale” e in una certa misura vincoli solidaristici in grado di responsabilizzare i partecipanti verso atteggiamenti prossimi al “principio di universalizzazione” degli interessi.

Questo modello di sfera pubblica presuppone delle precondizioni pragmatico-comunicative che ne favoriscono il funzionamento non distorto e che richiamano i principi della «situazione linguistica ideale»: 1) almeno tutte le persone interessate – un «interesse legittimo» esteso – che desiderano essere coinvolte e desiderano esprimersi (principio di inclusione); 2) i partecipanti devono avere accesso a tutte le conoscenze, le notizie, i dati e le posizioni rilevanti sui temi in discussione (principio di trasparenza); 3) tutti i punti di vista devono essere comunicati in modo simmetrico, senza manipolazioni e favorire alcuni rispetto ad altri (principio di imparzialità); 4) l’assenza di costrizioni esterne – autorità o violenza – per cui le scelte dei partecipanti per il sì o il no riguardo a pretese di validità criticabili possono essere motivate solo dalla forza di persuasione delle ragioni (principio di autonomia). Si tratta di principi ideali che regolano controfattualmente il discorso pubblico, nel senso che non possono essere esplicitamente negati – se si accetta il “principio democratico” – ma solo aggirati strategicamente con “censure” e “manipolazioni”.

E ciò accade. Dalle ricerche sulla comunicazione sui mass media (stampa, radio e televisione), infatti, emerge che il sistema mediale non soddisfa questi principi idealizzanti a causa di una serie di aspetti che limitano il modello: la dipendenza del sistema dei media dagli interessi della politica e dell’economia; la struttura asimmetrica, unilaterale e astratta della comunicazione massmediatica; l’ignoranza diffusa sulle questioni pubbliche da parte di cittadini rivolti per lo più alla realizzazione di sé attraverso il lavoro, il consumo, il loisir e gli affetti privati; la bassa qualità dei prodotti dei mezzi di comunicazione di massa in cui prevalgono l’infotainment, la commercializzazione e la popolarizzazione di forme e contenuti. Sono condizioni fattuali che riducono la portata delle funzioni discorsive della sfera pubblica ma non incrinano il ruolo dei mass media nel creare sfere pubbliche “riflessive”, a condizione che – questa è la tesi controversa − il giornalismo politico-culturale di qualità − che attinge ai saperi esperti e si confronta con scienziati e intellettuali − mantenga un ruolo preminente di: agenda setting (la selezione della salienza delle informazioni meritevoli di attenzione); framing (l’elaborazione delle cornici interpretative degli eventi e prese di posizione); Meinungsklimas (la creazione di un clima di opinione su temi di interesse pubblico).

Naturalmente, il modello normativo di Habermas e le sue analisi sono state ampiamente contestate sotto molteplici aspetti. In particolare, una vera e propria messa in discussione si è avuta nelle media research dal 2005, con l’ingresso dei social network nella comunicazione politica e la graduale formazione di un ecosistema mediatico ibrido, decentrato e reticolare. Il saggio Überlegungen und Hypothesen zu einem erneuten Strukturwandel der politischen Öffentlichkeit (Habermas 2021) va considerato come l’ultimo tentativo di revisione da parte dello studioso tedesco. Gli effetti del nuovo sistema mediale sulla formazione delle opinioni pubbliche e sulle forme e i contenuti della comunicazione politica non sono facili da isolare. L’aspetto che è stato e continua ad essere enfatizzato è la struttura reticolare e connettiva di spazio virtuale inglobante e simmetrico in cui la comunicazione avviene «da tutti a tutti» e tutti possono assumere liberamente non solo il ruolo di fruitori ma anche di autori. Giustamente, viene sottolineata l’attivazione di autonomia. Le innovazioni tecnologiche dei media – con la digitalizzazione di dati e delle informazioni, il potenziamento e la semplificazione degli strumenti e l’interconnessione dei computer nel cyberspazio – rendono possibili nuove identità, appartenenze, pratiche, idee, valori ed espressioni. Si assiste, quindi, a una radicale metamorfosi dell’ecologia cognitiva, a un movimento complessivo della civiltà.

Ciononostante, corroborato dagli studi empirici, Habermas individua molteplici aspetti critici. In particolare, l’assoggettamento delle piattaforme digitali alla logica della mercificazione; la frammentazione della sfera pubblica e la polverizzazione delle opinioni generali; la decentralizzazione del newsmaking e l’erosione del modello di gatekeeper; la spettacolarizzazione, la personalizzazione e l’emotivizzazione della comunicazione pubblica; la polarizzazione tra le fazioni, la formazion di echo chambers e la diffusione di hate speech; la propagazione nei media mainstream delle fake news che favoriscono un clima di sfiducia e «post-verità». La difesa della sfera pubblica è la salvaguardia della riflessività e della critica. Ma la posta in gioco è maggiore perché quel potere razionale riguarda gli standard cognitivi dei giudizi, senza i quali non può esistere né l’oggettività del mondo dei fatti né la condivisione di un mondo intersoggettivo né un’identità personale sana.

Riferimenti bibliografici
L. Corchia, Habermas e i social network: la fine delle sfere pubbliche riflessive?, in L. Gherardi (a cura di), Lezioni brevi sull’opinione pubblica. Nuove tendenze nelle scienze sociali, Meltemi, Roma 2022.
L. Corchia, R. Bracciale, La sfera pubblica e i mass media. Una ricostruzione del modello habermasiano, in “Quaderni di Teoria Sociale”, 20(1-2), 2020.
J. Habermas, Storia e critica dell’opinione pubblica, Laterza, Bari 1971.
Id., Teoria dell’agire comunicativo, il Mulino, Bologna 1986.
Id., Prefazione alla nuova edizione, in Id., Storia e critica dell’opinione pubblica, Laterza, Roma-Bari 2002.
Id., Fatti e norme. Contributi a una teoria discorsiva del diritto e della democrazia, Guerini e Associati, Milano 1996.
Id., La democrazia ha anche una dimensione epistemica? Ricerca empirica e teoria normativa, in Id., Il ruolo dell’intellettuale e la causa dell’Europa, Laterza, Roma-Bari 2011.
Id., Überlegungen und Hypothesen zu einem erneuten Strukturwandel der politischen Öffentlichkeit, in “Leviathan”, 37, in corso di traduzione presso l’editore Cortina, ottobre 2023.
M. Horkheimer, T.W. Adorno, Dialettica dell’illuminismo, Einaudi, Torino 1966.
W. Privitera, Sfera pubblica e democratizzazione, Laterza, Roma-Bari 2001.

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