Quando l’ho intervistato, oltre dieci anni fa a Lucca, in compagnia di Adriano Aprà, Anger era preceduto dalla sua fama di satanista, mentre invece mi sono trovato davanti a una persona elegante e affabile, disponibile a illuminarmi su alcune questioni legate ai suoi film. Incontrare il regista di capolavori come Inauguration of Pleasure Dome (1954) e Scorpio Rising (1963) rappresentava un’occasione imperdibile. E infatti non ho più avuto modo di rivederlo. Con Anger – preceduto dai suoi amici Jonas Mekas e Michael Snow scomparsi negli ultimi anni – se ne va una delle grandi figure di una irripetibile stagione di cinema sperimentale.
Nato a Santa Monica nel 1927, fin da piccolo prova attrazione per il mondo dello spettacolo, grazie a sua nonna guardarobiera a Hollywood, ma anche al fatto che alla Beverly Hills High School i suoi compagni di scuola erano figli di produttori e attori. Ancora piccolo interpreta il ruolo del principino indiano Changeling in A Midsummer’s Dream (1935), il film diretto da Max Reinhardt e William Dieterle. La produzione cinematografica di Anger è frutto della mescolanza di due opposte tendenze: da un lato il tipico stile underground che caratterizza film come Scorpio Rising, dall’altro una estrema cura formale, evidente in ogni inquadratura, che sconfina volutamente nel kitsch e nell’eccentrico.
Pensiamo all’uso del colore, agli elementi scenografici, ai costumi, ai trucchi ottici (dissolvenze, deformazioni, sovrapposizioni, ecc.), che spiccano soprattutto in film quali Inauguration of the Pleasure Dome e Lucifer Rising (1972). Omosessualità, narcisismo, erotismo e violenza, combinati in un’atmosfera onirica (con lievi sfumature ironiche) sono gli elementi centrali di Fireworks (1947), opera amata da Cocteau e da lui premiata al festival di Biarritz. L’immagine iniziale – anticipazione della violenza che marcherà tutto il film – è quella di un marinaio che tiene tra le braccia il corpo di un uomo, mentre il cielo è squarciato dai fulmini: sono due parti della stessa persona, divisa tra estasi del desiderio e paura legata al senso di colpa.
Siamo abituati a considerare Fireworks come il suo primo film, ma in realtà fin dal 1937 Anger aveva realizzato cortometraggi in 16mm, come Prisoner of Mars (1942) o The Nest (1943), tutti andati perduti, come ricorda lui stesso: «Li avevo sistemati nel capannone di un amico prima della mia partenza per Parigi e, quando sono ritornato dopo cinque anni, non li ho più trovati. Sono un pessimo custode della mia opera! Mi sono rimaste solo un po’ di fotografie di quei film». Escape Episode (1944) durava oltre mezz’ora ed era in parte autobiografico. Raccontava infatti la storia di una ragazza addestrata dagli adepti di una chiesa spiritista a simulare la voce dei morti; poi un giorno la ragazza, avendone abbastanza di questi falsi maghi, scappa via. «Era una vicenda realmente accaduta a Hollywood», spiegava sempre Anger, aggiungendo: «Ho fatto le riprese nella chiesa di una di queste sètte che oggi non esiste più, senza che loro se ne rendessero conto. Inoltre, con un effetto di montaggio, ho dato l’idea che l’edificio sorgesse vicino al mare».
Tutto il cinema di Anger – che consta di quasi 40 titoli tra film visibili, non reperibili, perduti e incompiuti – è sotto il segno della magia, del resto lo stesso dispositivo originario del cinema è legato alla magia e alla fantasmagoria: la lanterna magica, utilizzata per esempio negli spettacoli di Robertson alla fine del XVIII secolo subito dopo la Rivoluzione Francese, serviva ad evocare i fantasmi di alcuni personaggi proiettando le loro effigi su nuvole di fumo. E, infatti, il ciclo che raccoglie le opere filmiche del cineasta si intitola proprio Magick Lantern. Fin dall’inizio Anger è suggestionato e influenzato da alcuni occultisti famosi, a cominciare da Eliphas Levi ma, soprattutto da Aleister Crowley, morto proprio lo stesso anno di Fireworks.
«L’approccio alla magia nel cinema di Kenneth Anger» – ha scritto Pierre Hecker in una monografia sul cineasta apparsa in Francia – «non ha alcun rapporto con la rappresentazione decorativa hollywoodiana. Essa deve essere considerata, al contrario, come lo stesso fondamento della sua opera. Il cineasta, a partire da questa, crea il suo proprio universo fantasmagorico dentro il quale ciascun elemento si situa in relazione diretta con il mondo codificato della magia. Il film stesso diviene il nuovo supporto di presentazione delle forze occulte che agiscono sul mondo e sugli uomini, mediante tutti i mezzi plastici offerti dal cinema».
Per comprendere meglio i suoi film non è indispensabile avere una conoscenza specifica dei significati magici e simbolici, delle citazioni e allusioni in essi contenuti, né tanto meno aver letto le teorie di Crowley, come ci ha tenuto a dirmi lo stesso Anger:
Le idee di Crowley hanno avuto su di me essenzialmente un’influenza artistica. La filosofia simbolica, metafisica o – come dite voi – "magica" derivata da Crowley viene fuori in particolari momenti dei miei film, ma non ho mai voluto fare un cinema che propagandasse queste idee. Aleister era un guru, con un grande influsso sui suoi discepoli, ma aveva anche un grande senso dello humour, e anche io penso di averlo.
Il libro migliore dedicato al cinema del regista resta sicuramente Kenneth Anger: A Demonic Visionary di Alice Hutchinson, pubblicato a Londra nel 2004. Il volume di 250 pagine formato album, dedica un capitolo a ciascun film (fino ai progetti recenti) ed è riccamente illustrato, oltre a contenere diversi brani antologici. Nell’introduzione la storica dell’arte sintetizza perfettamente la figura del cineasta:
Combinando padronanza tecnica (autodidatta) e immagini e suoni pop, piuttosto che semplicemente raffigurare una contro-cultura di culti giovanili, Anger si è totalmente immerso nei veri contesti in cui si è trovato. Questo ambiente bohémien si estendeva dalla Los Angeles e dalla Hollywood anni '40, attraversando la Nouvelle Vague parigina degli anni '50, fino alla tumultuosa America degli anni '60, alla psichedelia new age, al punk e oltre. Il rituale pagano incontra la cultura di strada: iconoclasta e sovversiva. Anger è stato accreditato come il padrino del punk rock (Hutchison 2011).
Il cinema di Anger è all’insegna della trasmutazione alchemica ed è sorretto da una ritualità metodica e ossessiva. Anche le date per Anger rivestono una grande importanza astrologica: il 1962, l’anno in cui viene girato Scorpio Rising, rappresenta per esempio il trapasso dall’era dei Pesci (epoca mistica di Cristo, dominata da Nettuno) a quella dell’Acquario, governata da Urano, il più eccentrico dei pianeti che simboleggia l’imprevisto e la rivoluzione; le riprese della prima versione di Lucifer Rising iniziarono durante l’equinozio primaverile, e così via.
Se Rabbit’s Moon (1950) e Eaux d’artifice (1953) richiamano l’elemento lunare e liquido, Fireworks, Inauguration…, Invocation of my Demon Brother (1969) e soprattutto Lucifer Rising, sono basati sul fuoco e sulla luce. «Sono un artista che lavora con la luce e questo è tutto ciò che mi interessa», ha dichiarato una volta il regista a proposito del suo ultimo film. «Lucifero è la luce divina, non rappresenta il male, è una calunnia cristiana». In Lucifer Rising – film maudit per eccellenza, la cui realizzazione è funestata da diversi imprevisti – Anger mostra cerimonie vere, non la semplice ripetizione di un rito. «Lo scopo è quello di invocare Lucifero, l’angelo ribelle, colui che non accetta ciò che oggi accade nel mondo. Il suo messaggio è che la chiave della felicità è la disobbedienza», conclude Anger.
I negativi di tutti i film di Anger sono custoditi nei cellari della vecchia Technicolor, gestiti dalla UCLA. Fireworks, Scorpio Rising, Kustom Kar Kommandos (1970) e Rabbit’s Moon, sono stati restaurati e gonfiati dal formato nativo 16mm al 35mm. Per fortuna i colori originari si sono conservati perfettamente. La nostra conversazione terminava con queste parole:
Ora che i miei film sono usciti in DVD considero definitivamente concluso il ciclo della lanterna magica. Ma le mie opere non sono mai realmente compiute. Mi sento un po’ come Auguste Renoir, che da vecchio amava sempre aggiungere una pennellata ai suoi quadri: aveva una malattia alle ossa e dovevano legargli il pennello alla mano. Talvolta cambio la musica, o vario la durata, e i critici non capiscono questo mio modo di procedere. Fondamentalmente, considero ogni mia opera un work in progress.
Ora che se ne è andato, però, finalmente il suo cinema sarà consegnato ai posteri nella sua forma definitiva.
Riferimenti bibliografici
B. Di Marino, Oltre i bordi dello schermo. Conversazioni con i maestri della sperimentazione, Manifestolibri, Roma 2016.
A. L. Hutchison, Kenneth Anger: a demonic visionary, Black Dog Pub., London 2004.
Kenneth Anger, Santa Monica 1927 – Yucca Valley 2023.