Grantchester (2014-) è una serie period mystery di produzione britannica, ambientata negli anni cinquanta nella cittadina del Cambridgeshire da cui prende il titolo. Oltre al fatto che si svolge nel passato, è una serie profondamente inattuale per struttura e personaggi, piuttosto estranea alle strategie della televisione post network, prova ne sia che è trasmesso in chiaro in UK (su ITV), negli USA (su Public Broadcasting Service) e in Italia (sul canale tematico Giallo; ora le prime tre stagioni sono disponibili anche su Prime Video). Molto apprezzata dai critici televisivi americani (per esempio Nancy deWolf Smith del Wall Street Journal e David Wiegand del San Francisco Chronicle che invita a «fare attenzione ai dettagli»), in Italia Grantchester è stata sostanzialmente ignorata (con l’eccezione di Aldo Grasso) ed è la ragione per cui ce ne occupiamo in questa sede.
La serie è anzitutto l’esito dell’adattamento del ciclo di romanzi I misteri di Grantchester pubblicati da James Runcie a partire dal 2012; si tratta di un’operazione che rivitalizza il cosiddetto cozy mystery, filone manierista e nostalgico della crime fiction degli anni ottanta e novanta in cui si sono distinte autrici come Diane Mott Davidson, Kathryn Lilley, Selma Eichler, Virginia Rich. Il filone ha avuto una fioritura anche televisiva in ambiente anglosassone, da La signora in giallo (1984-1996) a Rosemary and Thyme (2003-2007), e offre una versione soft della narrativa crime, da cui si elimina l’esibizione della violenza e del dettaglio efferato; inoltre i protagonisti di questi gialli sono spesso investigatori per hobby e non poliziotti o detective privati, e non vivono in aree metropolitane ma in piccole cittadine di provincia.
In tal senso, il cozy mystery si ispira dichiaratamente ai gialli di Agatha Christie con Miss Marple e ad altri autori della Golden Age del giallo britannico. L’aggettivo “cozy” (accogliente, confortevole, intimo) si applica anzitutto al luogo in cui la storia si svolge, e riguarda un diffuso senso di familiarità; il protagonista è una persona fidata, con cui tutti sono disposti a parlare, e per questo affianca le forze dell’ordine, trasformandosi in una sorta di cavallo di Troia per accedere all’intreccio di eventi che hanno portato alla tragica fatalità del delitto. I cozies sono racconti restaurativi: c’è una comunità in armonia che viene scossa e disequilibrata dall’azione criminale e, attraverso l’indagine e la soluzione del caso, ritrova l’armonia iniziale.
Questo schema è applicato alla lettera in Grantchester. Il protagonista è un giovane pastore anglicano, Sydney Chambers, che per ruolo sociale è l’interlocutore di tutta la comunità; la sua inclinazione all’empatia, il suo forte senso morale e il suo insospettabile talento investigativo lo trasformano in un detective nel tempo libero, prezioso supporto alle indagini dell’ispettore Geordie Keating. Come il suo antenato letterario Padre Brown (protagonista di numerosi racconti di Chesterton adattati per la televisione anche in Italia nel 1970 da Vittorio Cottafavi), Chambers è un “empathetic detective” di scuola induttiva, dal raggio limitato e dalle intuizioni alla portata di tutti; non è uno Sherlock Holmes in clergyman, non occupa la scena sciorinando trame logiche o complessi argomenti controfattuali, ma è soltanto un uomo profondamente interessato al prossimo.
Questa dimensione umanissima si manifesta ancora di più nel running plot relazionale; mentre i delitti e le relative indagini iniziano e finiscono nel singolo episodio, la trama melodrammatica si snoda per le quattro stagioni in cui Chambers porta avanti una sofferta storia sentimentale con la londinese Amanda Kendall, sposata con un uomo facoltoso e madre di un figlio, restauratrice d’arte presso la Dulwich Picture Gallery. Questo dettaglio professionale è indicativo rispetto alla peculiare rilevanza della rappresentazione dello spazio in Grantchester, aspetto su cui ora ci soffermeremo.
La centralità della parola in questo cozy mystery fatto di conversazioni a passeggio nella natura, in giardini all’inglese o davanti al caminetto, dovrebbe attivare in linea di principio quello che Andrew Higson definisce «discourse space», uno spazio che esiste per essere abitato da una voice over, nei documentari televisivi sulla natura o sul patrimonio culturale, nei game shows che hanno riprese in esterni e nelle pubblicità. Questi spazi sono per Higson «landscapes with voices». Anche la televisione scripted è vococentrica, perché la parte più importante dello script è costituita dai dialoghi, dunque quando si realizza una produzione televisiva si cerca un appropriato “discourse space”.
Nel period e historical drama i paesaggi possono essere usati come «props», allo stesso modo dei costumi e degli oggetti di scena: servono a dare un’ambientazione adeguata alla narrazione, a cui sono subordinati, tanto che in questi casi li definiamo ambienti e non paesaggi. Il paesaggio vero e proprio, un’immagine-spettacolo che lo spettatore guarda intensamente come tale, per Higson non si presenta mai sullo schermo televisivo; eppure, come vedremo, Grantchester accede alla dimensione paesaggistica attraverso la costruzione del pittoresco.
Il pittoresco, com’è noto, è un approccio alla rappresentazione della natura fiorito tra il XVIII e il XIX secolo che si colloca tra Bello e Sublime e che considera una natura disseminata di segni antropici del passato come l’oggetto privilegiato della rappresentazione pittorica. Questo approccio ha influenzato notevolmente il cinema delle origini, come evidenziato da Giorgio Bertellini, che fra le altre cose attribuisce al gusto pittoresco alcuni aggettivi che ritroviamo in Grantchester: «Legato alle pratiche turistiche, culturali e iconografiche del Grand Tour, a partire dal Settecento, il pittoresco diede forma allo sguardo moderno nordeuropeo, nostalgico e romanticizzante, per luoghi, paesaggi e popoli superati dalla Storia e dal progresso».
La serie infatti fotografa un mondo che scompare e per cui lo spettatore prova nostalgia, quello della provincia inglese degli anni cinquanta; nelle parole della showrunner Daisy Coulam, «Our theme is evolve or die. You have to move with the times or you kind of fade away. Our characters are all sort of struggling with that, really [Il nostro tema è evolvere o morire. Bisogna stare al passo con i tempi, altrimenti si rischia di scomparire. In realtà i nostri personaggi lottano contro questa cosa]». Grantchester produce dunque una temporalità cristallizzata nell’istante in cui si gioca la partita tra evolvere o morire; ed è in quell’istante che lo spazio del discorso si trasforma in spettacolo e in paesaggio mediante il filtro culturale del pittoresco e del sentimento nostalgico che è tipico del period drama britannico.
Il manifesto programmatico della serie è il prologo del primo episodio: la prima immagine è l’inquadratura ravvicinata di fili d’erba che fanno da sipario a un’ampia radura fuori fuoco, la seconda immagine, calato il sipario, è proprio un paesaggio bucolico in cui, nella terza inquadratura, Sydney e Amanda giocano come fossero bambini, in una fase innocente del loro sentimento, una purezza originaria che non recupereranno mai più. Ogni episodio ci presenta la natura del Cambridgeshire nelle modalità pittoresche fissate nel XIX secolo da teorici come Uvedale Price, Richard Payne Knight e Humpry Repton, variamente impegnati nel riflettere sulla composizione dell’immagine delle comunità rurali, come evidenziato da Stephen Daniels in The iconography of landscape (1988).
Gli elementi che concretizzano sullo schermo la trasformazione dello spazio in paesaggio sono i campi lunghi e lunghissimi in aperta campagna o ai margini dell’abitato, numerosi e caratterizzati da un’attenta composizione dell’inquadratura, priva di figure o con figure umane del tutto subordinate al paesaggio, che può presentare architetture isolate a bilanciare la composizione; sebbene la durata di queste inquadrature sia piuttosto esigua, esse vengono sovente raccordate con primi piani del riguardante. Si tratta di scene esclusivamente contemplative, prive di azione; situazioni ottico-sonore, nei termini di Deleuze, in cui la concatenazione causale di eventi è sospesa per un momento. La natura introspettiva di questi momenti è sottolineata dal commento musicale raccolto e intimista di John Lunn, forse il più grande compositore inglese di musica per la televisione attualmente in attività (Downton Abbey, The Last Kingdom).
Questo raccoglimento nella natura offerta alla contemplazione si ritrasforma spesso in “discourse space” quando una voce (che può essere di Amanda o di Geordie) irrompe nel campo sonoro riattivando il dialogo tra i personaggi. C’è poi una tematizzazione del paesaggio nel secondo episodio della prima stagione, quando Amanda regala a Sydney un quadro che raffigura uno scorcio delle campagne di Grantchester, ma non una veduta qualsiasi; dice la donna offrendo il dono: “è dove ti piace passeggiare, un paesaggio molto poco cristiano”. Quasi un riferimento a quel gruppo di intellettuali neo-pagani che frequentavano Grantchester e la sua sala da tè negli anni venti: «surveying nature with a calm eye», per dirla con le parole di Rupert Brooke.
Riferimenti bibliografici
G. Bertellini, Italy in Early American Cinema. Race, Landscape and the Picturesque, Indiana University Press, Bloomington 2010.
D. Cosgrove and Stephen Daniels (eds.), The iconography of landscape, Cambridge University Press, Cambridge 1988.
A. Higson, “The landscapes of television”, in Landscape Research, 12:3, 1987, 8-13.
Grantchester. Ideazione: Daisy Coulam; interpreti: Robson Green, Tessa Peake-Jones, Al Weaver, Kacey Ainsworth, James Norton, Skye Lucia Degruttola, Morven Christie; produzione: Lovely Day/Kudos, Masterpiece; origine: Regno Unito; anno: 2014-in produzione.