Sull’estremità di un esile stelo in fil di ferro, poggiato su una superficie di legno, spicca una conchiglia bianca, che raffigura la corolla di un fiore accartocciato. L’altro lato del piano è occupato da una catapulta in tensione, la cui traiettoria è rivolta proprio verso il fiore tanto che, osservando la composizione nella sua interezza, si ha l’impressione che da un momento all’altro il filo possa rompersi. Eppure, il delicato equilibrio tra le due differenti aree del basamento consente al fiore di mantenere intatta la propria posizione, determinando al contempo la sospensione di ogni azione.

Il libro di Paulo Barone dal titolo Giacometti et la fleur en danger (Mimesis 2023) prende avvio dall’opera realizzata nel 1932 dallo scultore svizzero per ragionare sulla capacità della filosofia di riflettere sul presente del tempo. La fragilità del fiore è associata, invero, all’immagine del pensiero contemporaneo, chiamato a confrontarsi costantemente con l’unicità dell’evento. In effetti, il fiore in pericolo raffigurato da Giacometti si trova «in una posizione disperata, immerso in un tempo sospeso e raccolto nell’istante della propria esistenza» (Barone 2023, p. 17).

Come il mondo si riduce a un insieme di momenti destinati a svanire rapidamente, così il ragionamento astratto, tradizionalmente incline a indagare su ciò che non è presente, deve assumere una postura corrispondente per cercare di afferrare il flusso del tempo nella sua istantaneità. Una missione audace, questa, che sembra intensificarsi con l’invito di Gilles Deleuze a chiedersi che cosa accada nell’attimo in cui la filosofia perde la sua naturale inclinazione a conoscere la verità per addentrarsi nelle proprie «zone d’ombra» (ivi, p. 19), rinunciando eventualmente a farsi discorso. Si rivela opportuno, allora, riflettere sulla configurazione paradossale del pensiero contemporaneo, che deve fare i conti con la «sparizione istantanea del presente» (ibidem): se le cose, mostrate nella loro caducità, rivelano sempre più la consistenza di un soffio d’aria o di un fiore sul punto di appassire, la filosofia ha oggi il compito di costruire un’adeguata rete di riferimenti, in grado di cogliere tale unicità, formulando i suoi giudizi proprio a partire dall’incontro immediato con ciò che arriva dal mondo esterno.

In questa cornice, Barone esamina le potenzialità della filosofia concentrandosi sulla vasta produzione artistica di Giacometti, che si configura come un autentico laboratorio concettuale. Ad esempio, nel libro Parigi senza fine (1969), raccolta di centocinquanta litografie realizzate a matita, l’autore svizzero esplora, in un neutro contesto cromatico, gli aspetti inconoscibili della città francese, dando spazio alla «ricchezza illimitata» (Giacometti 2016, p. 70) dei suoi diversi volti. Lo sguardo di Giacometti si posa allora sulle strade, i giardini, gli ateliers e i caffè parigini, senza mai fornire rappresentazioni occasionali: consapevole del carattere inevitabilmente incompiuto di ogni immagine, l’artista traccia sulla carta «tutto quello che colpisce il suo sguardo, dal più anodino al più spettacolare», conducendo l’osservatore «in una visita dei più bei monumenti della capitale» (Wuhrmann 2016, p. 221).

Tale incompiutezza delle immagini pone in risalto il modo del tutto peculiare in cui «lo sguardo smette di essere in funzione del movimento» (Barone 2023, p. 92) per aprirsi al mistero del reale. Parigi diviene così l’emblema di «un mondo che emerge dal tempo della scomparsa» (ivi, p. 95), uno spazio privo di confini al cui interno il carattere non ripetitivo degli eventi consente di coglierne l’assoluta singolarità. La natura imprevedibile dell’incontro conduce, infatti, a una ricerca continua, che permette di raccontare in maniera non lineare i numerosi episodi autobiografici richiamati dall’autore: in questa direzione, tutta l’attività artistica di Giacometti può essere definita come «uno sparpagliamento di sensazioni, di riflessioni, di visioni, una filatura di sogni e di evocazioni dell’infanzia, una collisione di parole e d’immagini che vira alla poesia, all’esplosione ludica e al grido» (Dupin 2001, p. 24).

Nell’immagine litografica lo scultore svizzero intravede, dunque, l’occasione per mettere in scena il tempo, inteso non tanto nei termini di una successione cronologica, quanto piuttosto come insieme multiforme d’istanti: è la mancanza di un preciso legame con l’azione a determinare il carattere aperto delle opere di Giacometti, che invitano a percorrere direzioni diverse e orientano il pensiero verso la dimensione dell’immediato.

In questa prospettiva, la definizione dell’esperienza estetica come “incontro unico e irripetibile” (Ichi-go Ichi-e) trova un punto di riferimento fondamentale nel pensiero orientale. Segnatamente, in Giappone tale presupposto è ben rappresentato dal fenomeno dell’hanami, usanza di assistere alla fioritura dei ciliegi, la cui breve vita simboleggia la finitudine dell’esistenza umana: la bellezza del fiore, perfettamente sbocciata nei mesi primaverili, risiede nella sua naturale caducità. Ed è proprio «l’esperienza del transitorio» (Ricca 2023, p. 128) a suscitare in chi osserva una gioia profonda: se, indubbiamente, la contemplazione dei ciliegi in fiore o della luna d’autunno (otsukimi) produce una sensazione di tristezza, essa non deve però essere considerata in senso negativo. Tale condizione appartiene, infatti, a una peculiare «visione estetica in cui la vita è letta nel flusso incessante del tempo che scorre inarrestabile, segnando l’irreversibilità dei fenomeni trasformativi» (ivi, p. 127). Ecco, allora, che la caducità del fiore in pericolo raffigurato da Giacometti, cogliendo la transitorietà dell’esperienza, costituisce nel panorama artistico occidentale l’espressione di una filosofia aperta, protesa a catturare la vita che in ogni istante si rinnova.

Riferimenti bibliografici
G. Deleuze, L’immagine-tempo. Cinema 2, Einaudi, Torino 2017.
J. Dupin, Una scrittura senza fine, in A. Giacometti, Scritti, Abscondita, Milano 2001.
A. Giacometti, Parigi senza fine, Morcelliana, Brescia 2016.
Y. Kawabata, Esistenza e scoperta della bellezza, in Id., La danzatrice di Izu, Adelphi, Milano 2016.
L. Ricca, La tradizione estetica giapponese. Sulla natura della bellezza, Carocci, Roma 2015.

Paulo Barone, Giacometti et la fleur en danger, Mimesis, Milano 2023.

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