“Non farai mai i conti con la loro sofferenza”, dice lo straordinario villain Dementus/Chris Hemsworth alla giovane Furiosa/Ana Taylor Joy in cerca di verità e vendetta per essere stata strappata dal luogo verde della sua infanzia. Nell’articolata cosmogonia dei motivi narrativi che sorreggono dal 1979 la saga di Mad Max, il personaggio di Furiosa (apparso per la prima volta in Fury Road del 2015 e interpretato in quel caso da Charlize Theron) si conferma l’unico a dialogare apertamente con un mito delle origini che possa prescindere dal traumatico collasso ambientale, culturale e tecnologico del “vecchio mondo”. Ecco che quest’ultimo prequel-spinoff – Furiosa: A Mad Max Saga è stato presentato in anteprima mondiale nel recente Festival di Cannes – espande lucidamente l’iconografia del franchise post-apocalittico per antonomasia ripercorrendo gli archetipi classici del racconto di formazione per poi trasformarli in furiosa azione. Un movimento nel vuoto, ovviamente, in quel deserto della morale dove «non c’è speranza», come sentenzia Dementus (personaggio che riecheggia il Lord Humungus di Interceptor – Il guerriero della strada, 1981), quindi dove ogni azione non può che essere finalizzata alla sopravvivenza (come ama ripetere il personaggio di Max che qui intravediamo solo per pochi frame in un filologico cameo).

Facciamo un passo indietro: Mad Max – Fury Road aveva già ottenuto un posto importante nella storia del cinema. Un film a suo modo epocale che nel 2015 ha (re)settato molti modelli di messa in scena dell’action movie contemporaneo in una travolgente sinfonia visiva che fonde i lacerti di struttura classica (la carovana nel deserto attaccata dai predoni) alla radicale astrazione delle forme del cinema sperimentale (i cromatismi esasperati degni di un film Stan Brakhage), producendo un’esperienza di visione difficilmente replicabile dallo stesso Miller. Insomma, in quest’ultimo Furiosa il minor livello di coinvolgimento sinestetico è un rischio ampiamente calcolato nell’approfondimento della backstory di un personaggio ormai divenuto principale: dal rapimento da bambina sino alle soglie della cittadella di Immortan Joe. Un personaggio che, a differenza di Max, torna ad avere un obiettivo palese (raggiungere il Posto verde delle tante madri), instaurando un conflitto (la libertà dai signori della guerra) e manifestando un’intima speranza/elisir (la fondazione di un nuovo mondo ordinario diverso dal caos delle Wasteland).

Cosa non muta dal 1979 a oggi? Il fascino della saga milleriana continua a essere legato all’ambientazione spaziale e temporale: le terre desolate rese acide dalle crisi energetiche, dall’inquinamento atmosferico e dalle guerre di un indeterminato passato hanno prodotto il collasso della tecnologia e la rinascita di conflitti elementari mossi solo dalla menzogna e dalla propaganda. Nel XXI secolo, pertanto, il racconto delle origini di Furiosa assume una nuova urgenza politica: gli uomini hanno perso ogni utopia e ogni linea d’azione, mentre le donne riescono ancora a immaginare il futuro del mondo instillando il movimento nello spazio come possibile nuovo mito di fondazione. Da questo punto di vista la trasformazione di Furiosa da spettatrice degli orrori della storia – «guarda» o «non guardare» continua a ordinargli Dementus che la tiene in ostaggio da bambina –, in eroina scatenata da action movie – sparigliando le sterili diatribe dei signori della guerra – riesce nuovamente a creare una dialettica tra i campi lunghissimi delle narrazioni epiche e gli improvvisi primi piani dei conflitti interiori. Basterebbe solo la prima ipnotica mezz’ora di film con il rapimento di Furiosa da un eden originario, l’inseguimento negli spazi desertici colmati dai sentimenti in tumulto di una madre e una figlia, e infine la tempesta di sabbia che sconvolge le nostre percezioni in un nebuloso campo visibile. Del resto, tutti i personaggi continuano a essere braccati da incubi provenienti da un passato rimosso (una costante sin dal film del 1979) che riemerge in immagini traumatiche come glitch della narrazione presente.

Insomma, George Miller si conferma un magnifico regista d’azione che dosa perfettamente economia dei set e cura maniacale dei dettagli scenici, fascinazione analogica per i mezzi meccanici e limitato innesto di computer grafica. L’archivio delle forme novecentesche, pertanto, non è mai percepito come un museo da attraversare con nostalgia o citare con ironia, bensì come un fiammeggiante vocabolario visivo che riesce ancora a creare originali sintassi filmiche. I campi lunghissimi di David Lean e i primissimi piani di Sergio Leone, le performance acrobatiche di Buster Keaton e la suspence nel montaggio parallelo di Hitchcock, gli inseguimenti di bighe di William Wyler e la Monument Valley/Cittadella di John Ford, gli improvvisi rallentamenti lirici di Kurosawa e il senso dell’orizzonte di Spielberg, sono tutti motivi iconografici e referenze stilistiche ritornanti ma ancora capaci di sondare nuove frontiere di senso. Ecco che persino il film della saga più delegato alle strutture drammaturgiche classiche riesce comunque a testare i limiti del dispositivo cinematografico in un’esperienza di visione da vivere rigorosamente in sala tra Dolby Atmos e popcorn.

Fermiamoci qui. Il cinema di George Miller, muovendosi tra la narrazione catartica della Hollywood classica e l’esperienza di flusso delle narrazioni transmediali dei media contemporanei, sembra ancora capace di cogliere nel profondo lo spirito del nostro tempo. Queste nuove cronache dalla terra desolata sembrano uscire dal libro dei racconti del precedente Tremila anni di attesa (2022), ossia dal cinema concepito ancora come un antico dispositivo di rivelazione dei nostri desideri – Alithea, aletheia, è non a caso il nome della protagonista di quel film – in un’epoca dove tutte le immagini sembrano aspirare alla profilazione algoritmica dei nostri pensieri.

Furiosa: A Mad Max Saga. Regia: George Miller; sceneggiatura: George Miller, Nico Lathouris; fotografia: Simon Duggan; montaggio: Margaret Sixel; interpreti: Anya Taylor-Joy, Alyla Browne, Chris Hemsworth, Lachy Hulme, Tom Burke; produzione: Village Roadshow Pictures Kennedy Miller Mitchell; distribuzione: Warner Bros. Pictures; origine: Australia, Stati Uniti d’America; durata: 148’; anno: 2024.

Tags     George Miller, Mad Max
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