Non si può fare cinema senza riflettere su di esso. Se le prime teorie del cinema nascono dall’urgenza di legittimare il suo campo d’azione, al giorno d’oggi, riflettere sul cinema, è riflettere sulla persistenza dei meccanismi che lo costituiscono, meta-operando sull’opera stessa. In particolare, attraverso lo sviluppo di una forte coscienza meta-cinematografica, i registi meditano sulla concezione dello spettatore come complesso e cooperativo, preso in una rete di vari interagenti, sottolineando la centralità del suo apporto creativo.
La filmografia di Christopher Nolan è uno dei maggiori esempi di come si possa spiegare il cinema col cinema: partendo da una riflessione sulla ricezione spettatoriale e non tralasciando l’empowerment dei consumatori, il caso Nolan diviene il manifesto di come, prima di essere spettatori in sala, si è creatori di contenuti che proliferano producendo discorsi sul cinema anche in mancanza dell’effettiva visione del film. Infatti, la scelta d’annunciare Oppenheimer un anno prima rispetto all’uscita in sala, fornisce allo spettatore il tempo giusto per farne un enorme fenomeno mediatico. Sono video, testi, immagini e audio ad essere condivisi e resi accessibili a chiunque, producendo un gigantesco processo creativo, che consiste nell’appropriarsi di contenuti e ricombinarli infinitamente, personalizzandoli.
Oltre che produrre contenuti, lo spettatore, impaziente di vedere Oppenheimer, potrebbe domandarsi in quale punto della sua produzione cinematografica si trovi Nolan e come ci sia arrivato: è, dunque, necessario riconsiderare Following (1998), il primo lungometraggio diretto dal regista. Il film, distribuito per la prima volta nelle sale italiane negli stessi giorni di Oppenheimer, ci consegna la possibilità d’aprire la scatola nolaniana e ripensare alla sua opera dagli esordi fino alla contemporaneità.
La prima sequenza di Following, che mostra delle mani indossare dei guanti in lattice e accingersi ad aprire una scatola, veicola un’atmosfera nostalgica, intrisa, però, di sensibilità noir: i guanti, indossati come in una scena del delitto, costruiscono, infatti, un’idea di dissezione perpetrata nei confronti delle vite altrui. Come suggerisce il protagonista Bill, raccontando la sua storia a un poliziotto, al centro della narrazione si trova l’interesse per le persone sconosciute: di solito, Bill, si ritrova a pedinare persone per curiosità, cercando materiale per i suoi personaggi. Pian piano, però, questa pratica apparentemente innocua, diviene un’ossessione da tenere sotto controllo: non bisogna inseguire una donna per strada di sera o persone precise, tutto dev’essere casuale e imprevisto.
Da Following, Memento (2000), Inception (2010), Interstellar (2014), fino ad Oppenheimer (2023), Nolan si è sempre interessato alle vite altrui, cercando di coglierle negli scarti dell’identità, della memoria e del tempo. Il regista, attraverso precise tecniche di montaggio, costruisce narrazioni disorientanti, a più linee temporali in cui, manipolare il tempo, diviene un modo per riflettere sulla temporalità del cinema stesso. «Il processo temporale, invisibile alla percezione ordinaria, si esprime quando il cinema mette in primo piano in modo autoriflessivo i propri meccanismi, come la sintesi delle inquadrature attraverso il montaggio e i ritmi innescati dalla sequenza dopo esser stata montata» (Powell 2007, p.140).
Following, dunque, oltre ad essere un manifesto di tecniche e narrazioni nolaniane, apre ad un’analisi sull’autoriflessività nel cinema contemporaneo: i personaggi in scena divengono figure simboliche, riconducibili agli agenti della macchina cinema. «Come in molti film di Nolan, Following si sviluppa come una meditazione sull’atto della creazione. I due personaggi principali sono presentati come dei voyeur, osservatori della natura umana» (Mooney 2018, p.15).
Il giovane protagonista, infatti, nella sua azione del following, impersona il ruolo dello spettatore cinematografico: attraversato da una forte pulsione scopica, viene spinto a spiare, all’inizio a distanza, le vite altrui. La distanza, condizione essenziale della ricezione spettatoriale, si riduce drasticamente quando il protagonista inizia a irrompere nella vita quotidiana dei soggetti spiati. L’intrusione dell’esterno nel microcosmo intimo rappresenta, simbolicamente, una delle caratteristiche immanenti dello spettatore cinematografico: la sua attiva passività.
Riprendendo le parole di Edgar Morin:
Da ciò deriva la “passività’' del pubblico del cinema, della quale non vogliamo certo lamentarci. Vi è passività nel senso che il cinema apre incessantemente i canali entro cui la partecipazione ha solo da riversarsi. Ma in fin dei conti la pompa irrigante proviene dallo spettatore, è in lui. Senza di essa il film è una successione di immagini inintelligibile e incoerente, un puzzle di ombre e di luci... Lo spettatore passivo è nello stesso tempo attivo; come dice Francarci, egli crea il film proprio come lo creano i suoi autori (2016, p.104).
Probabilmente, il giovane protagonista acquista la consapevolezza del suo status da spettatore attivo proprio quando incontra Cobb, che lo convince a rovistare nelle scatole altrui. L’eccessiva vicinanza alle vite degli altri e al mondo immaginario, creato dal dispositivo cinematografico, è insopportabile per lo spettatore, che viene sopraffatto dal potere della narrazione cinematografica. È proprio di questa sopraffazione e inconsapevolezza che il cinema di Nolan si nutre: lo spettatore, come anche i personaggi del film, vivono in un livello di inconoscibilità e incertezza sostenuto da precise scelte di montaggio, di connessione temporale e di strutturazione dei personaggi.
Following diviene così una guida all’uso del cinema nolaniano che, fin dagli esordi, presenta alcuni elementi caratterizzanti, mai sconfessati in tutta l’opera del regista. Cosa aspettarci dalla sua opera futura? Certamente il mantenimento delle sue costanti stilistiche, ma mai una chiusura totale nei confronti del mondo, del cinema, dei suoi cambiamenti e delle sue persistenze: senza alcun dubbio, Nolan continuerà sempre ad interrogare la sua scatola.
Riferimenti bibliografici
A. Powell, Deleuze: Altered States and Film, Edinburgh University Press, Edimburgo 2007.
D. Mooney, Christopher Nolan A Critical Study of the Films, McFarland & Company, Inc., Publishers Jefferson, North Carolina 2018.
E. Morin, Il cinema o l’uomo immaginario, Raffaello Cortina Editore, Milano 2016.
Following. Regia: Christopher Nolan; sceneggiatura: Christopher Nolan; fotografia: Christopher Nolan; montaggio: Gareth Heal, Christopher Nolan; musiche: David Julyan; interpreti: Jeremy Theobald, Alex Haw, Lucy Russell; produzione: Next Wave Films; distribuzione: Mikado, Movies Inspired; origine: Regno Unito; durata: 70’; anno: 1998.