È il 1976 quando nelle edicole statunitensi appare il primo numero di The Eternals, scritto e disegnato da Jack Kirby, da poco tornato a lavorare per la casa delle idee dopo la lunga parentesi nella concorrente DC Comics, dove tra l’altro aveva dato vita ad una sorta di universo supereroistico con la creazione del “Quarto mondo”, un universo parallelo a cui facevano riferimento diverse pubblicazioni della DC.

Gli Eterni sono sin dall’inizio per Kirby – probabilmente uno dei più grandi creatori del fumetto mondiale – il naturale proseguimento del progetto ambizioso del Quarto mondo: il progetto di creazione di una cosmogonia in cui il corpo del supereroe è parte integrante di un racconto mitologico di fondazione del mondo. È in fondo sempre stata questa l’ambizione della Marvel Comics, sin dall’inizio della sua storia: disegnare, attraverso la miriade di personaggi che via via arricchivano il suo pantheon, una nuova mitologia, fatta di eroi-divinità, di figure che attingevano a piene mani dalle narrazioni mitiche di tutto il mondo. Mentre l’altra figura creatrice della Marvel, Stan Lee, spingeva per alimentare il conflitto tra superpoteri e dimensione umana, troppo umana dei personaggi (come nel caso di Spiderman, creato da Lee insieme a Steve Ditko), Kirby pensava al comic come lo spazio dove recuperare una narrazione perduta, una lettura del mondo come cosmogonia, come racconto dell’ascesa e dell’avvento degli dei.

Se Quarto mondo si pone come una prima tappa di questo percorso di avvicinamento al racconto fondatore, Gli Eterni si rivela l’esplicitazione della cosmogonia kirbiana nella sua forma compiuta. Il suo rifiuto di collegare i personaggi della nuova testata al mondo dei supereroi della Marvel, nonostante le ripetute pressioni editoriali, sta proprio nel senso stesso del progetto: Gli Eterni non sono umani con superpoteri, o mutanti o alieni, ma esseri divini, creati dagli dei più potenti dell’universo, i Celestiali. Nei loro nomi echeggiano quelli di divinità terrestri o personaggi mitologici, molto spesso derivati dal pantheon dell’antica Grecia o Roma – da Ikaris (Icaro) a Zuras (Zeus), da Thena (Atena), a Makkari (Mercurio) – la loro potenza è immensa: sono immortali, potentissimi. Sono stati creati dai Celestiali così come creati dai potenti dei sono gli esseri umani e i Devianti, figure mostruose, dedite alla distruzione, che osarono sfidare la potenza dei Celestiali.

Kirby riscrive la storia dell’universo sotto forma di nuova mitologia, spingendo all’estremo la logica del mondo dei supereroi. Nell’epoca del crepuscolo degli dei, Kirby costituisce una sacca di resistenza, la dimostrazione di una fiducia incrollabile nella grande narrazione. Questa determinazione nel voler creare un mondo a sé, isolato dal resto dell’universo dei supereroi, diventa un ostacolo per la prosecuzione del progetto e la testata viene chiusa dopo pochi numeri dalla Marvel, per continuare poi con nuovi archi narrativi, miniserie o apparizioni sporadiche degli Eterni, scritti e disegnati però da altri autori, più attenti a creare ponti tra gli esseri divini e gli eroi della casa delle idee.

L’ambizione visionaria di Kirby si scontra allora con la politica editoriale della Marvel. I nuovi archi narrativi, come quello scritto da Neil Gaiman e disegnato da John Romita jr. nel 2006, sono operazioni in cui i personaggi scoprono la loro fallibilità, la loro ambigua relazione con gli umani, persino la volontà di ribellarsi ai Celestiali. È in questa nuova visione dell’universo che nasce uno dei titoli della fase quattro del MCU, appunto Eternals di Chloé Zhao. Aver chiamato la regista di Nomadland a dirigere la versione cinematografica di un titolo problematico come Gli Eterni è per Kevin Feige, il deus ex-machina della nuova Marvel, la soluzione ideale. Zhao ha dato mostra di un cinema attento ad una marginalità fatta di volti e di personaggi erranti, immersi in uno spazio che è quello che resta della wilderness americana. Corpi legati alla terra, che ne portano la sofferenza e il peso. Lo sguardo della regista cinese è uno sguardo ad altezza uomo, capace di lavorare le molteplici sfumature dell’esistenza, che osserva senza giudicare (come fa il personaggio interpretato da Frances McDormand nel film); che, soprattutto, lavora gli spazi come estensione dell’esistenza, del senso stesso della vita di uomini e donne.

La cosmogonia è dunque bandita: la macchina spettacolare del MCU si mette in moto trasformando il mito in narrazione umana, non tanto perché gli eterni mostrano passioni ed emozioni più che umane – Druig soffre l’interdetto di non poter intervenire negli affari umani e si ribella di fronte al massacro degli indios da parte dei colonizzatori spagnoli; Sprite, immobilizzata nel suo aspetto di tredicenne, soffre per l’impossibilità di crescere, amare e morire; Thena è affetta da forme di delirio psicotico incontrollabili, e così via – né perché il film rappresenta molti dei personaggi maschili del comic come personaggi femminili o sofferenti, come Ajak, Sprite o Makkari (che nel film è una donna che comunica a gesti perché priva di parola); e neppure perché mostra l’omosessualità di uno dei personaggi. Lo scarto non sta neanche nello spostamento dell’equilibrio dei generi: in Kirby il principio di autorità degli Eterni è depositato in Zuras, figura autoritaria e paterna (e assente nel film), mentre in Zhao è Ajak, una donna ad assumere la leadership, che passerà poi a Sersi, un’altra donna, il perno intimo del gruppo.

Tutti questi elementi non sono affatto nuovi ed esistono da tempo all’interno dell’universo fumettistico Marvel e non solo. No, non è questo l’elemento portante del film. Ciò che cambia radicalmente è il movimento stesso della narrazione, che da verticale si fa orizzontale. La cosmogonia di Kirby si fondava sulla meraviglia, sulla fantasmagoria di tavole sature di elementi, in cui i corpi e le macchine sembravano prolungarsi gli uni nelle altre; gli spazi erano essi stessi saturi: il cielo ricoperto di linee continue, attraversato da scie, volute di fumo riempite di macchie. Kirby disegnava mondi altri, collettivi, affollati, mondi radicalmente diversi, in cui appunto una nuova venuta degli dei era possibile. Divinità assolute, conflittuali certo, come gli dei dell’antica Grecia, radicali nelle loro scelte e nelle loro passioni, ma assolutamente potenti, inscalfibili, immortali, eterni.

Zhao compie uno scarto rispetto a questa visione, filma gli Eterni in spazi aperti, in scenari naturali disabitati; li osserva nel loro isolamento, nella loro impotenza. Non sono immortali e non sono divini: sono stati costruiti per uno scopo diverso da quello di proteggere la Terra, le loro memorie sono cancellate ogni volta che una loro missione su un pianeta terminava e riprogrammate da zero. Sono strumenti di un piano ideato dai Celestiali, sono macchine organiche potenziate, ma caratterizzate da desideri profondamente umani. Ecco che la verticalità di Kirby, che si muoveva dall’Olimpo dove vivevano gli Eterni alle profondità marine dove si rifugiavano i Devianti, viene annullata. La narrazione rimane sulla Terra, dove gli Eterni da secoli si mimetizzano tra gli umani, vivendo vite in apparenza realizzate.

Quello che la regista cinese immette nel corpo-memoria dei personaggi Marvel è il senso dello smarrimento, dell’erranza, qui certo solo accennata, ma presente nelle sequenze in cui Ikaris e Sersi si ritrovano più volte nello stesso anfratto di rocce in un deserto, o nei luoghi solitari e isolati in cui si rifugiano Ajak o Druig o, infine nella battaglia finale, in cui lo spazio aspro, inospitale e al tempo stesso aperto diventa il luogo di un conflitto che è solo in parte esterno, ma che riguarda in realtà il senso stesso dell’esistenza degli Eterni.

Se il desiderio di Kirby era quello di far rivivere gli dei all’interno del mondo dei comic, quello di Eternals è il desiderio opposto: i personaggi di Zhao (e Feige) desiderano diventare umani, come Sprite, o vivere la loro contraddizione di esseri potenti e fragili allo stesso tempo. Non è questo il tempo degli dei, che sono ormai fuggiti.

Eternals. Regia: Chloé Zhao; sceneggiatura: Chloé Zhao, Patrick Burleigh, Ryan Firpo, Matthew K. Firpo; fotografia: Ben Davis; montaggio: Craig Wood, Dylan Tichenor; musiche: Ramin Djawadi; interpreti: Gemma Chan, Richard Madden, Kumail Nanjiani, Lia McHugh, Brian Tyree Henry, Lauren Ridloff, Barry Keoghan, Don Lee, Harish Patel, Kit Harington, Salma Hayek, Angelina Jolie; produzione: Marvel Studios; distribuzione: Walt Disney Studios Motion Pictures; origine: Stati Uniti d’America; durata: 156′; anno: 2021.

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