«Il cinema non mi interessa come mestiere, ma come modo di vivere collettivo»: questa dichiarazione di Robert Guédiguian sintetizza la sua intera filmografia e la sua poetica. In ventitré lungometraggi, realizzati in un arco temporale di oltre quarant’anni di carriera, Guédiguian ha costruito un’idea di cinema che, con termine derivato da Bertrand Westphal, potremmo definire «geocentrato» (2009), restituendo un peculiare senso del luogo e dell’appaesamento. I suoi film fanno parte di un’isotopia identitaria e comunitaria, tanto in termini genetico-biografici (lo stesso gruppo di attrici e attori, la stessa città) quanto in termini narrativi (personaggi e storie simili). Il vivere collettivo, in questa vasta opera-mondo ambientata a Marsiglia, consiste anzitutto nell’abitare, che significa (ce lo dice Agamben) «creare, conservare e intensificare abiti e abitudini, cioè modi di essere» (2018).
Nel cinema di Guédiguian il soggetto è anzitutto un “essere abitante” e questa soggettività è sempre pensata in termini collettivi (famiglia, classe, comunità). In particolare, E la festa continua! (fin dal titolo improntato alla prosecuzione dell’esperienza marsigliese) è incentrato sulla rottura del rapporto tra costruire e abitare: la premessa drammaturgica, tratta dalla cronaca, consiste infatti nel tragico evento del crollo di un edificio fatiscente che ospitava otto inquilini, tutti periti a seguito dell’incidente.
Il fatto di cronaca aggrega la comunità che si riversa nelle piazze per chiedere dignità, e il film inizia con le immagini di repertorio che raccontano la protesta popolare. Il film vuole raccontare dunque la reazione politica dal basso, la ricostruzione di un senso del luogo, la ri-abitazione intesa come riaffermazione di un diritto. Dalla premessa tragica, però, Guédiguian sviluppa un intreccio commedico, basato cioè sul gioco delle relazioni. Il soggetto collettivo è costituito da una famiglia di origine armena, e il gioco delle relazioni si sviluppa a partire dall’impatto delle nuove acquisizioni familiari.
C’è una madre che ha in carico tanto la vita familiare quanto quella della comunità (è un’infermiera), al punto da mettersi a disposizione della città attraverso la propria candidatura alle elezioni amministrative; ad interpretare il personaggio è Ariane Ascaride, moglie del regista e attrice nella maggior parte dei suoi film, figura centrale di quel “modo di vivere collettivo” che è il cinema secondo Guédiguian. Ci sono i figli adulti, che hanno già famiglia o che se la stanno costruendo, poi le nipoti in età scolare e uno zio comunista, tutti uniti dalle origini armene (le stesse del regista).
Questo senso di appartenenza, però, non è escludente rispetto ai nuovi arrivi e ai nuovi legami: in casa dello zio vive una giovane infermiera, collega della madre; il figlio non ancora sposato si innamora di una ragazza socialmente impegnata, che dirige un coro misto all’interno di un’associazione di volontariato, immagine allegorica dell’agire insieme per un obiettivo comune. La nuova relazione è raddoppiata da quella che nasce tra la madre dell’armeno e il padre della ragazza, un libraio in pensione che legge Umberto Eco ed Edgar Morin e attraversa il film con il sorriso storto e malinconico del grande Jean-Pierre Darroussin. La famiglia si allarga, mentre incombono le elezioni e tante altre emergenze.
Proprio per lo stretto legame tra biografia e storia, tra piano genetico e piano generativo, il cinema di Guédiguian può sembrare monocorde, lineare e affermativo, ideologico e chiuso sia alla possibilità aleatoria sia alle norme dell’ontologia dell’azione. Le cose non stanno proprio così. In termini di struttura narrativa, il film è costruito su un grande conflitto tra classi subalterne e “sistema”, forse politicamente naïf ma drammaturgicamente molto efficace: per Guédiguian c’è sempre un potere che determina le sorti dei deboli, e a cui i deboli devono tentare di opporsi (“Proletari di tutta Marsiglia, unitevi!”). Questo è il conflitto storico, sullo sfondo.
I percorsi individuali, a loro volta, sono disseminati di piccoli ostacoli: ciascun personaggio vive la propria crisi e si rimbocca le maniche per risollevarsi, sempre con un piccolo aiuto dagli amici. La direttrice del coro è infertile e teme che il suo compagno non accetti la situazione, perché in passato le era accaduto di essere rifiutata dal partner per lo stesso motivo; l’infermiera giovane è esausta per i turni di lavoro e sopraffatta dal dolore per la morte di un paziente, al punto da voler rinunciare al lavoro; la protagonista è disorientata dalla relazione inaspettata con un uomo della sua stessa età. Ovviamente tutti superano la crisi, primo perché ci sono gli altri a supportarli, secondo perché c’è sempre una causa più grande dell’individuo, una causa che aiuta a mettere tutto in prospettiva: una scuola da ridipingere, una campagna elettorale da vincere per dare valore alla comunità, una manifestazione per ricordare i morti della palazzina crollata (evento che riannoda l’ultima parte del film al prologo).
La città di Marsiglia è, come sempre, parte integrante della commedia “mondana” di Guédiguian, una città che i personaggi si fermano spesso a contemplare, da una finestra, da una terrazza, da un qualsiasi vantage point strutturato o transitorio, una possibilità offerta dalla successione mai incalzante di piccoli eventi. Anche queste brevi suggestioni contemplative sono però poca cosa rispetto al grande piacere di stare insieme che ispira la messa in scena: l’inquadratura, per Guédiguian, è una registrazione della vita in comune che sta al di qua e al di là della macchina da presa. Come ha scritto Joseph Mai, il progetto di Guédiguian consiste nel «fare un cinema impegnato e storicamente consapevole, in uno spazio locale, per un lungo periodo di tempo, ma soprattutto con gli amici» (2017). Allora l’ultima frase della protagonista, davanti al mare, riassume tutto il cinema fatto e quello ancora da fare: “Bisogna continuare ad affermare che niente è finito e tutto comincia”, anzi continua.
Riferimenti bibliografici
G. Agamben, Abitare e costruire, in “Quodlibet”, 7 dicembre 2018.
J. Mai, Robert Guédiguian, Manchester University Press, Manchester 2017.
B. Westphal, Geocritica. Reale finzione spazio, Armando Editore, Roma 2009.
E la festa continua! Regia: Robert Guédiguian; sceneggiatura: Robert Guédiguian, Serge Valletti; fotografia: Pierre Pilon; montaggio: Bernard Sasia; interpreti: Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darroussin, Lola Naymark, Robinson Stévenin, Gérard Meylan; produzione: Agat Films & Cie, France 3 Cinéma, BiBi Film; distribuzione: Lucky Red; origine: Francia; durata: 106′; anno: 2023.