Ci sono libri che, per un attimo, possono sembrarci i nostri stessi diari: taccuini zeppi di riflessioni, quaderni in cui abbiamo collezionato e organizzato le suggestioni ereditate dall’esperienza di quella e di tutte le altre giornate. Registri segnati dalle parole che abbiamo detto e sentito, dai movimenti che abbiamo incorporato. Questa sensazione è la stessa che si ha leggendo Moleculocracy. Ecologie, Conflitti, Turbolenze (NERO, 2023), l’ultimo testo di Emanuele Braga. Nelle scorrevoli pagine del volume, arricchito da intriganti tavole illustrate, Braga ci invita a un’ermeneutica ecologica e critica della prassi, che potremmo a tutto diritto definire artivista. Non si tratta di un’analisi accademica, né di uno sforzo puramente teoretico, bensì della restituzione entusiasta di una scoperta, o meglio, della ri-scoperta di un entusiasmo ambientalista: «[Non] basta vedere le cose in modo differente per determinare di colpo rapporti di forza materiali differenti. Per cambiare questi rapporti di forza, per riconfigurare il concetto di natura in un nuovo assemblaggio, occorre il conflitto, occorre la lotta» (Braga 2023, p. 14).
Braga continua l’oliatura del concetto di natura, mostrando che «[forse] la natura che rifiutiamo quando ci definiamo contro natura è quella definita dal capitalismo. Essere contro natura in questo senso significa forse aprire la possibilità di generare nature altre» (ivi, p. 17). Questa operazione, seguendo il discorso del volume, sarà necessariamente transdisciplinare e auto/biografica, così come il vocabolario da utilizzare: «[Abbiamo] passato tutta la nostra vita di attiviste ad affermare il valore politico dell’auto-organizzazione e dell’autodeterminazione. Solo dopo anni scopro che sono due concetti centrali nella fisica, nella chimica e nella biologia da almeno un secolo» (ivi, p. 20). Date queste premesse, vengono ora passate in rassegna le varie nozioni per farne qualcosa di nuovo, dando così un carattere pragmatico all’intero libro.
Uno dei punti di contatto più importanti, e che risuona nella struttura del testo, è quello con il lavoro del chimico e fisico Ilya Prigogine sui sistemi dissipativi. In sintesi, un sistema dissipativo definisce in termodinamica uno stato per cui il sistema in questione dissipa la propria entropia, ovvero scambia energia con l’esterno per riorganizzarsi a discapito della naturale tendenza alla disorganizzazione. Questo processo, detto pertanto neghentropico, sarebbe all’origine di agenti naturali come i cicloni, e in generale dell’autopoiesi alla base dell’organizzazione organica della vita. In breve, «l’organizzazione in un sistema di elementi chimici nasce sempre da un certo stato di turbolenza» (ivi. p. 28). Il discorso intavolato è vicino a quello della caosmosi guattariana (Guattari, 1996), per cui nell’immanenza del caos e della turbolenza si otterrebbero l’apparenza della forma e l’intensità della vita: «Dietro la maschera di una forma c’è una congiuntura del caos» (ivi, p. 29). Si tratta dunque di calcare la mano sul superamento della mentalità moderna che, alla potenza generativa del caos, ha sempre anteposto un’epistemologia e una prassi del controllo (Braga, cit., p. 26). Nella meccanica newtoniana è teoricamente tutto prevedibile, poiché il sistema lavora secondo un modello di reversibilità temporale che consente un dominio ipotetico delle condizioni, e di conseguenza è possibile applicare questo tipo di logica ad altri livelli e declassare le catastrofi ecologiche al rango di cambiamenti, da raddrizzare con un’inversione di rotta che si può asintoticamente allontanare all’infinito. Questa sarebbe la soluzione del sistema (bio)capitalistico e delle sue varianti green: «[Così] come il moderno soffre della sindrome di Frankenstein, di voler trattare la vita come una macchina, il capitalismo è intrappolato nella figura tragica di Dracula» (ivi, p. 45).
Il paradigma quantistico e la teoria cibernetica cambiano le carte in tavola, e in questo modo informano la teoria critica, fornendo non solo una conoscenza altra, ma anche un immaginario altro con cui rapportarsi alla realtà e all’ambiente. Qui si intrecciano ecologia, scienza, politica e arte, quando informandosi criticamente a vicenda ci mostrano che «la nostra percezione è generativa» (ivi, p. 47). Le scoperte della fisica contemporanea infatti si sono storicamente intrecciate con la stagione del decostruzionismo, del postmoderno, e del post operaismo italiano, ma Braga suggerisce che a un certo punto vi è stato un fallimento delle potenzialità rivoluzionarie di questi saperi, quando cioè, in quanto attiviste impegnate, «[abbiamo] fatto l’errore di voler politicizzare il post-moderno, portarlo al suo estremo, e abbiamo ottenuto solo l’estetizzazione della lotta come nuovo prodotto mercificabile da mettere in vetrina» (ivi, p. 95). Meditare il linguaggio dei codici ma riportare la lotta nella materialità, questo è il compito che gli ambientalisti e le soggettività attiviste avrebbero ereditato, e l’artista può contare su degli strumenti particolarmente utili per questa sfida. Ed è proprio nei passaggi in cui Braga inscena la propria esperienza artistica che ci offre gli spunti più originali per seguirlo: «Mi hanno sempre affascinato le quinte, i tendaggi, i pannelli di polistirolo che costruiscono questo limite, il confine finto per costruire la narrazione di un mondo […]. Il problema non è dove sta il confine, dov’è il cielo finto o dove sono le quinte nere dello studio televisivo, ma come costruiamo la percezione di questo confine» (ivi, pp. 99-100).
Questa resa evocativa del rapporto tra attore e scenografia rende immediata l’associazione col rapporto tra un corpo e lo spazio, così come tra gli enti che costituiscono un ambiente, tra le molecole che ne costituiscono la mole. Così, l’umano può trovare un nuovo rapporto con la natura. Braga segue le orme della riflessione Latouriana, quando afferma che «[un] corpo costituente genera nuove estetiche, un corpo costituente non è mai fatto da agency solo umane, genera nuove ritualità e non deve avere paura di essere alternativo alle forme di governance del capitale e sostituirle» (ivi, p. 117). A questo punto però non segue la corrente del post umanesimo radicale, ma sottolinea sapientemente che «stiamo sostenendo la tesi per cui l’umano ha una sua specificità ed è diverso dal non umano, ma allo stesso tempo rifiutiamo il dualismo cartesiano che vede contrapporre pensiero (res cogitans) e natura (res extensa). L’umano è allo stesso tempo differente dalla natura ma nella natura» (ivi, p. 120). Il lessico spaziale è centrale per comprendere questa specie di epoché (ivi, p. 139), e quello coreografico, che Braga richiama attraverso il proprio vissuto in Balletto Civile, interviene per chiarirne l’aspetto politico: «Danzare con la natura significa superare una cultura basata sulla rappresentazione e il dualismo. Ma allo stesso tempo parlare di monismo non significa perdere la condizione umana, o attribuire alla natura una proprietà agente come la attribuiamo all’essere umano nella sua accezione moderna. Essere interdipendenti non significa non essere più nulla. Essere interdipendenti non significa antropomorfizzare il non-umano. Credo sia evidente a chiunque balli bene» (ivi, p. 141)
Nel complesso, Moleculocracy è un piccolo sedimento del caos che l’ha originato, la restituzione personale di concetti masticati, per così dire, sul luogo di lavoro: palchi, piazze, assemblee. Fucine disincantate d’immaginari parzialmente possibili, e quindi testabili e praticabili. Braga non offre qui del materiale necessariamente nuovo per chi ha attraversato spazi sociali assembleari, o una classe di filosofia contemporanea, bensì un appoggio maturo per chi, come lui, sta cercando una forma di meta-stabilità nella turbolenza quotidiana che viviamo in quanto abitanti di questo pianeta e di questa o quella città. «Dobbiamo pensare che siamo capaci di tenere assieme i concatenamenti molecolari della micropolitica con le grandi sfide geopolitiche di Gaia. Come? Non lo so. Facciamolo e basta.» (ivi, p. 150).
Riferimenti bibliografici
F. Guattari, Caosmosi, Costa&Nolan, Genova 1996.
B. Latour, La sfida di Gaia. Il nuovo regime climatico, Meltemi, Milano 2020
Emanuele Braga, Moleculocracy. Ecologie, Conflitti, Turbolenze, NERO, Roma 2023.