Contro metaverso. Salvare la presenza, tassello più recente della produzione filosofica di Eugenio Mazzarella, va a comporre insieme ad altri due brevi, e densi, volumi pubblicati negli ultimi anni – Colpa e tempo. Un esercizio di matematica esistenziale (Mazzarella 2020) ed Europa, cristianesimo, geopolitica. Il ruolo geopolitico dello «spazio» cristiano (Mazzarella 2022b) – un trittico capace di riannodare i fili di quello che, dopo oltre quattro decenni, va assumendo i crismi di un Denkweg.
Il volume si compone di sette brevi capitoli, muovendo dall’annuncio della nascita di Metaverso/META nell’ottobre 2021 (capitolo 1), del quale indaga le implicazioni profonde. Vale a dire: che Metaverso rappresenta il pendant della cosiddetta infosfera (capitolo 2); che la posta in gioco connessa all’avvento dell’infosfera è la questione della presenza, ovvero che salvare la nostra presenza somatico-carnale corrisponde all’«imperativo del presente» (capitolo 3); che con la questione della presenza sta e cade la nostra persistenza in quanto specie (capitolo 4); che l’aspirante neo-speciazione postumana poggia sulla fede nell’idolum IA, alimentata da una «truffa linguistica» che intende trasformare in verità la metafora della intelligenza artificiale (capitolo 5); che il ruolo sempre più invasivo delle neuroscienze è quello di facilitatrici di un tale autosuperamento dell’umano, attraverso una capillare farmacologia tesa a «riprogrammare la stessa psichicità umana» (capitolo 6); che il blurring (sfocamento) coatto tra reale e virtuale alla base del paradigma infosferico (lo onlife) mira a svellere l’umano da se stesso. Di qui l’imporsi di un «dossier digitale», la cui urgenza è pari a quella «dei dossier sul nucleare e l’ingegneria genetica che abbiamo dovuto aprire dopo Hiroshima e Nagasaki e la doppia elica del DNA» (capitolo 7).
L’evoluzione naturale di Facebook in META è la punta di un iceberg al cui fondo si palesa uno «shock antropologico», consistente nella «ri-ontologizzazione digitale, agita dalle ICT e dalla AI, della realtà, trasformata in infosfera». In altri termini: il «passaggio dal primato delle entità al primato delle interazioni» (Mazzarella 2022a, p. 37). Il raggiungimento di questo traguardo esige il prezzo di un’antiquarizzazione dell’umano; un (auto)disincanto dell’uomo, a completamento di quel disincanto del mondo che è il telos connaturato alla modernità.
Proprio il tema della modernità, della sua impasse, rappresenta una costante nel lavoro recente di Mazzarella, in dialogo con le posizioni di Ulrich Beck. Preso atto di una tale impasse, le alternative sono: rilanciare la sfida della modernità, alzandone la posta, oppure ripensarla per capire se tra le zavorre di cui ci siamo sgravati non si celi qualche arnese ancora utilizzabile. Con l’avvento di Metaverso/infosfera si ripropone esattamente questa alternativa: non più come speculazione, ma come orizzonte concreto.
L’interlocutore diretto delle pagine di Mazzarella è Luciano Floridi, al quale si deve il successo planetario del termine infosfera, connesso a una serie di neologismi – da «quarta rivoluzione» a «onlife», da «iperstoria» a «inforg» –, che nel loro insieme restituiscono un’aspirante filosofia della storia. Nella lettura di Mazzarella, l’ontologia del presente elaborata da Floridi patisce un vulnus. A questa filosofia «troppo integrata nel suo tempo, troppo poco inattuale» (ivi, 29) manca quel pathos della distanza senza il quale l’analisi filosofica decade a giustificazionismo e apologetica. Nella sua versione updated, il celebre mantra hegeliano suona: «ciò che è reale è informazionale e ciò che è informazionale è reale» (Ibidem; cfr. Floridi 2017, p. 45).
L’infosfera – «lo spazio semantico costituito dalla totalità dei documenti, degli agenti e delle loro operazioni» (Mazzarella 2022a, p. 31) – rappresenta ormai un inedito spazio vitale: uno oikos o neo-ambiente che come tale pretende l’adattamento da parte di coloro che vi sono ospitati. Più che di infosfera, sarebbe perciò il caso di parlare di info-verso o info-cosmo: una cornice epocale nella quale l’informazione ambisce a farsi totalità onnicomprensiva.
Gravata da questa ostruzione critica, la prospettiva di Floridi non è in grado di cogliere il carattere subdolamente normativo della svolta infosferica. La ri-ontologizzazione digitale della realtà passa infatti per la già menzionata antiquatezza dell’uomo che però, Günther Anders docet, equivale a un’ingiunzione. L’elemento normativo di questo dispositivo è ben espresso da quella legge di Gabor, più volte richiamata nel testo, nella quale ancora Anders – e con lui Jacques Ellul – riconoscevano l’imperativo categorico dell’epoca della tecnica: «Ciò che si può fare si deve fare. Il possibile si trasforma in ineluttabile» (Anders 1992, p. 11).
Affinché l’antiquatezza si imponga come cifra antropologica epocale c’è bisogno che il «dislivello prometeico» divenga «vergogna prometeica» e con ciò una nuova forma di idolatria – una tecno-latria. C’è bisogno che l’essere umano accetti di valutare (misurare) la propria umanità secondo parametri che non le sono propri e quindi letteralmente inumani, se non disumani. Su tutti, un principio di prestazione elevato a dogma. L’antiquatezza corrisponde così a «l’attitudine negativa dell’uomo nei confronti del suo essere-umano», alla sua voluptas di diventare «sicut machinae» (ivi, p. 270). L’(auto)disincanto dell’essere umano si rivela un occulto cupio dissolvi, espresso nella «pulsione neo-gnostica (tecno-gnostica)» alla base dell’infosfera; un vero e proprio «disprezzo per il corpo, odio per la carne» (Mazzarella 2022a, p. 21).
In gioco c’è dunque la presenza, un valore che la rivoluzione informazionale considera negoziabile. L’esperienza pandemica, prova tecnica di tecnocosmo (Cera 2022), ci ha invece (re)insegnato il valore non negoziabile di questa piena presenza, facendoci esperire la frustrazione da presenza amputata: quella “a distanza”, “da remoto”. La nostra ansia di “tornare in presenza” è l’ansia di reincarnarci, di riappropriarci della carne che siamo. Il nostro esserci, così come lo abbiamo esperito, conosciuto e (auto)riconosciuto, non è tanto spirito incarnato, bensì carne già sempre spiritualizzata. «Il corpo come salvezza dello spirito» (Mazzarella 2022a, p. 61).
Salvare la presenza per esistere, dunque. Di fronte alla svalutazione di essa promossa dall’infosfera appare chiaro che per esistere dobbiamo resistere e per resistere dobbiamo «insistere, restare dentro, quanto più possibile nel carattere di presenza viva, reale e non virtuale dell’umano» (ibidem). Ebbene, insistere, salvaguardare qualcosa (la sua presenza) vuol dire conservare. Salvare la presenza significa conservarla. Paradossalmente, il conservatorismo si accredita come uno dei fronti più avanzati dell’etica contemporanea, con l’ecologia che ha funto da apripista per una tendenza che si affaccia anche nella sfera antropica. Qui il discorso di Mazzarella incrocia nuovamente i sentieri andersiani.
All’indomani di Hiroshima, Anders decretava che l’istanza etica del nostro tempo consistesse nel garantire la presenza, il conservarsi, sia nostro che di un ecosistema abitabile. «Oggi non basta cambiare il mondo, bisogna innanzitutto conservarlo» (Anders 2008, p. 78). Nell’epoca della tecnica «soggetto della storia», il nostro rapporto con il futuro muta in maniera sostanziale. Adesso il futuro non è più soltanto la dimensione del «non ancora», ma anche quella del «non più». Guardare al futuro non può più significare soltanto volgerci a “ciò che non siamo ancora mai stati”, ma sempre più guardare a “ciò che vale la pena di continuare a essere”.
Al netto di tutto ciò, il discorso di Mazzarella non ha il tenore di un’ordalia. Il suo è piuttosto un invito rigoroso e appassionato a riconquistare lo spazio della critica. Di fronte alla ri-ontologizzazione digitale della realtà, occorre ri-assiologizzare l’ethos teoretico, riabilitare il valore del pathos della distanza quale condizione di possibilità per «apprendere il proprio tempo in pensieri» (citazione hegeliana che ricorre più volte, a mo’ di bussola, nell’intera produzione mazzarelliana).
Il punto non è concordare con la prognosi e la terapeutica proposte nel testo, ma di riconoscere l’importanza della sua diagnosi, il suo sforzo pervicace a prendere atto di cosa davvero ne va allorché ne va di infosfera e metaverso. In effetti, l’evidenza più inquietante dello scenario attuale risiede nel fatto che un mutamento di tale portata possa accadere tra la sostanziale indifferenza generale; in primis di quei saperi chiamati a presidiare certe soglie.
Varrebbe sempre la pena chiedersi il perché di un libro. Vale tanto di più, al cospetto di un testo così diretto e così poco compiacente. Parafrasando il titolo di un fortunato pamphlet di Nuccio Ordine (Ordine 2013), si potrebbe rispondere che il volume di Mazzarella metta a tema non solo l’utilità bensì la necessità dell’inutile, il valore incalcolabile (incomputabile) di una testimonianza tanto inattuale da poter diventare, di qui a non molto, un messaggio non più recepibile.
Ad avviso di scrive, infatti, l’operazione di Mazzarella possiede essenzialmente il valore della testimonianza: a dimostrare che non solo un altro modo di pensare (di “agire teoreticamente”) sarebbe stato possibile, ma che possibile lo è stato. Perché qualcuno lo ha fatto. In sintesi: si tratta di un tentativo tanto difficilmente destinato a ricevere il riscontro che meriterebbe quanto necessario. Inutile e necessario. Esattamente per le stesse ragioni.
Riferimenti bibliografici
G. Anders, La distruzione del futuro, in Id., Il mondo dopo l’uomo. Tecnica e violenza, Mimesis, Milano-Udine 2008.
Id., L’uomo è antiquato 2. Sulla distruzione della vita nell’epoca della terza rivoluzione industriale, Bollati Boringhieri, Torino 1992.
A. Cera, Nella società pandemica. Prove tecniche di tecnocosmo, Aras, Fano 2022.
L. Floridi, La quarta rivoluzione. Come l’infosfera sta trasformando il mondo, Raffaello Cortina, Milano 2017.
E. Mazzarella, Contro metaverso. Salvare la presenza, Mimesis, Milano/Udine, 2022a.
Id., Europa, cristianesimo, geopolitica. Il ruolo geopolitico dello «spazio» cristiano, Mimesis, Milano-Udine 2022b.
Id., Colpa e tempo. Un esercizio di matematica esistenziale, Neri Pozza, Vicenza 2020.
N. Ordine, L’utilità dell’inutile. Manifesto, Bompiani, Milano 2013.
Eugenio Mozzarella, Contro metaverso. Salvare la presenza, Milano-Udine, Mimesis, 2022.