Il cinema ha rappresentato una parte importante della biografia di Gianni Rodari secondo tre prospettive. In primo luogo, Rodari come redattore di testi per il cinema. In secondo luogo, i film tratti dalle opere dello scrittore. Infine, le riflessioni di Rodari sul ruolo del cinema e le sue recensioni cinematografiche. Il lavoro di Rodari come autore per il cinema è poco conosciuto perché è stato limitato a due film-documentari prodotti dal Pci. Non è da escludere, però, che abbia lavorato come ghost writer in altre produzioni degli anni cinquanta e sessanta.
Il primo documentario, Modena una città dell’Emilia rossa, del 1950, è un film importante nella cinematografia di propaganda del Partito Comunista Italiano, che in quegli anni propose una propria comunicazione alternativa a quella dei cinegiornali. Faceva parte di un dittico, per la regia di Carlo Lizzani, con I fatti di Modena, in cui si voleva raccontare la strage compiuta dalla polizia del ministro dell’Interno Mario Scelba nel gennaio 1950. Entrambi i film subirono i tagli, pretestuosi, della censura: se I fatti di Modena fu scorciato di metà, anche il testo di Rodari per Modena una città subì una serie di interventi censori. Modena una città dell’Emilia rossa doveva dimostrare, alla luce della strage di operai e di altri fatti che avevano portato il nome della città emiliana all’attenzione dell’opinione pubblica nazionale, che non si trattava del “Messico d’Italia” ma di un’operosa città dell’Emilia rossa, dove la buona amministrazione della sinistra stava portando avanti progetti concreti per favorire il benessere e il lavoro. In questa celebrazione del “riformismo padano”, il testo di Rodari era al servizio di questo discorso, e tutto sommato seguiva le convenzioni di genere di allora. Il tono dello speaker era perentorio mentre scorrevano immagini, invece, tranquillizzanti.
Grande spazio, inoltre, era dato al lavoro operaio: “Anche contro la fatica c’è una battaglia da combattere per la liberazione dell’uomo”. Qualche spunto più personale Rodari lo introdusse nella parte finale del film dedicata alle politiche per l’infanzia: “Quando i bambini cantano è uno scroscio, una cascata che ci viene incontro; è buon segno quando i bambini gridano così senza scopo come gli uccelli: possano domani cantar così tutti i bimbi d’Emilia e d’Italia”.
Nel 1962, un Rodari più maturo e ormai noto scrisse il commento sonoro per il documentario La marcia della pace, un cortometraggio dedicato a un evento significativo come fu la prima marcia della pace Perugia-Assisi promossa da Aldo Capitini, che, sul modello delle iniziative pacifiste del filosofo Bertrand Russell, si era svolta il 24 settembre dell’anno precedente e a cui avevano partecipato, tra gli altri: Guttuso, Ernesto Rossi, Calvino. Il racconto della manifestazione e il formato tradizionale del film non diedero a Rodari la possibilità di sbizzarrirsi più di tanto nel commento off. Il tono era accorato e andava collocato però all’interno della sincera e condivisa preoccupazione rispetto alla possibilità di un olocausto atomico che contraddistinse gli anni della guerra fredda. D’altronde, pochi giorni dopo la marcia, nell’ottobre del 1962, ci fu la crisi dei missili a Cuba.
Il successo dei libri di Rodari nei paesi comunisti portò alla trasposizione cinematografica di alcune delle sue opere. Nel 1961 fu realizzata in Urss una prima versione a cartoni di Cipollino, regia di Boris Dëžkin. Il film fu realizzato dal Sojuzmul’tfil’m, il principale studio sovietico di film di animazione. Il personaggio di Cipollino, apparso per la prima volta sul “Pioniere” diventò alcuni anni dopo il protagonista anche di una serie di cartoni animati trasmessi dalla televisione.
Nel 1973 e nel 1974 furono tratti altri due film dalle opere di Rodari, il primo senza il contributo diretto dello scrittore e il secondo con la sua collaborazione: l’italiano La Torta in cielo e il sovietico Le avventure di Cipollino, questa volta interpretato da attori in carne e ossa. La Torta in cielo era interpretato da Paolo Villaggio e fu realizzato da due autori – Lino Del Fra e Cecilia Mangini – che appartenevano all’estrema sinistra e che enfatizzarono la tematica antiautoritaria che, dunque, si sovrappose alla connotazione antimilitarista e pacifista del libro di Rodari (una “favola sulla bomba atomica”). Il film, tra l’altro, riscosse un modesto ma non irrilevante successo e fu recensito positivamente da “l’Unità”.
Nel sovietico Le avventure di Cipollino (1972), regia di Tamara Lisician, invece, compariva lo stesso Rodari, che presentava agli spettatori gli eroi della sua favola girovagando per Roma. Visto il successo di questo film, la stessa regista produsse anche un “telefilm”: La voce magica di Gelsomino, tratto da Gelsomino nel paese dei bugiardi. Questa serie fu trasmessa dalla televisione sovietica nel 1977 e venne vista, secondo “l’Unità”, da oltre trenta milioni di telespettatori.
Rodari scrisse molto sul cinema, in particolare nel corso della sua collaborazione con “Paese sera”. Lo scrittore teneva in grande considerazione specialmente il cinema italiano, che era il modo, a suo giudizio, attraverso cui la cultura italiana era «tornata a parlare da pari a pari all’Europa, e al resto del pianeta, facendosi ascoltare, o addirittura facendo scuola». L’Italia era uno dei paesi che con maggiore intelligenza e creatività aveva saputo padroneggiare la nuova lingua universale.
In secondo luogo, Rodari condusse una battaglia perché anche in Occidente fosse creato un circuito di sale destinato ai bambini e un’organica produzione di film dedicata a loro: che si ispirasse direttamente alle loro esigenze «di fiaba, per i piccoli, di avventura, per i più grandi»; che interpretasse il loro mondo; che rappresentasse il loro punto di vista sul mondo; che si schierasse, insomma, dalla loro parte, anche nel loro scontro con il mondo adulto.
Le caratteristiche di “un buon film per bambini”, di conseguenza, andavano – per Rodari – inventate volta per volta, partendo da una certa conoscenza del livello di comprensione dei bambini ma anche della loro
attitudine a reagire a stimoli nuovi, non standardizzati; da un’intuizione del mondo infantile, ma anche del desiderio del bambino di crescere, di essere trattato da uomo; dalla sua disponibilità per ogni sorta di esperienza morale (dunque per l’avventuroso ma anche per il comico, per il mondo dei sentimenti ma anche per il gioco più sfrenato); dal suo diritto a essere trattato con lealtà, senza trucchi edificanti, senza sopraffazioni pedagogiche o d’altro genere (propagandistiche, per esempio).
Riferimenti bibliografici
A. Medici, M. Morbidelli, E. Taviani, a cura di, Il PCI e il cinema e la cultura di propaganda (1959-1979), Annali AAMOD, Roma 2001.
Pino Boero, Vanessa Roghi, a cura di, “Rodari A-Z”, Electa, Milano 2021.
*Il presente testo è tratto dalla voce “Cinema” di Ermanno Taviani del volume enciclopedico Rodari A-Z (Mondadori Electa) a cura di P. Boero e V. Roghi.