Dopo sei stagioni e sessantatré episodi distribuiti nell’arco di otto anni, Better Call Saul (BCS) si è conclusa. Ma, come sovente accade per le serie tv e più in generale per le opere capaci di ridefinire le potenzialità di una forma espressiva e di influenzare profondamente l’immaginario, il finale non esaurisce la produzione discorsiva che, al contrario, smargina dai confini prestabiliti dalla sua durata per riversarsi nei commenti del pubblico, nei dibattiti di critici e teorici.
Per il pubblico dei fan gli interrogativi suscitati dalla conclusione di BCS riguardano la coerenza del progetto e i suoi errori, le valutazioni sull’evoluzione dei personaggi, il rinvenimento dei rimandi a Breaking Bad (BB, 2008-2013), le speculazioni sui progetti futuri e le ulteriori espansioni dell’universo narrativo. Per chi si occupa di cinema, televisione e soprattutto di serialità la fine di BCS è l’occasione per continuare a riflettere sulle caratteristiche e sull’impatto culturale di un formato che, in un periodo compreso tra gli scampoli del secolo scorso e gli anni dieci del nuovo millennio, è stato e, seppur in misura minore, continua a essere attraversato da molteplici trasformazioni a livello produttivo, distributivo e creativo.
Quali sono le peculiarità che nell’attuale, forse troppo affollato, panorama seriale rendono BCS un’opera degna di meritare sia il culto dei fan sia un’approfondita analisi critica? Jason Mittell, attento studioso degli elementi e degli attori che concorrono a determinare la complessità della serialità contemporanea, ha dedicato un’analisi approfondita al pilot di BCS, utilizzando il concetto di prestige spinoff (Mittell 2020). Superando lo scetticismo iniziale, legato all’importanza assunta da BB, tutt’ora considerata un riferimento imprescindibile per gli amanti e gli studiosi della serialità, BCS è stata capace di introdurre elementi stilistici, nuovi personaggi e di sperimentare soluzioni narrative capaci di dialogare con la sua matrice narrativa e al contempo di introdurre delle differenze. In quanto opera derivata, lo spinoff creato da Vince Gilligan e Peter Gould è riuscito a costruire e imporre la sua originalità attraverso la ripresa e la variazione degli elementi che hanno caratterizzato BB, come lo spessore psicologico attribuito alla figura dell’antieroe, la combinazione di ritmi narrativi in cui la tensione e l’azione concitata si convertono nella stasi e nella rarefazione dei dialoghi o viceversa, infine il confronto con i generi cinematografici. In altri termini: se la serialità è strutturalmente connessa alla dialettica tra ripetizione e differenza, nello spinoff tale relazione viene elevata al quadrato, poiché il racconto e la sua fruizione rimandano, rielaborano ed espandono un sostrato narrativo preesistente. Questo dialogo sollecita la curiosità degli spettatori verso le sequenze ripetute o esplorate attraverso prospettive inedite e sollecita una riflessività funzionale a esporre e comprendere i meccanismi di funzionamento dell’universo narrativo e delle sue propaggini. Nel caso di BCS è possibile parlare di ripiegamenti e riavvolgimenti sia rispetto alle forme del testo fonte sia a quelle del testo derivato.
Il primo livello in cui il processo di ripiegamento delle forme si manifesta sono i titoli di testa, quella soglia paratestuale di accesso al mondo narrativo, di riattivazione delle aspettative di visione, nonché uno dei luoghi testuali privilegiati per l’esercizio delle pratiche di remix da parte delle comunità di appassionati (Re 2016). Se già nei titoli di testa si attiva il dialogo tra identità e trasformazione tipico della struttura seriale, nel caso di BCS le sequenze video della sigla sono diverse per ciascun episodio della stessa stagione e si ripetono, mantenendo lo stesso ordine, da una stagione all’altra, mentre il brano di Luchii “Better Call Mole” non cambia all’interno della colonna sonora. La ripetizione delle sequenze subisce però delle variazioni: con l’avanzare della serie tv la qualità delle immagini decresce, fino al decimo episodio della sesta stagione in cui il flusso audiovisivo, disturbato da un rumore di fondo e dalla distorsione analogica tipica delle vhs deterioriate, si arresta per poi lasciare spazio ad una inquadratura blu su cui campeggia il titolo della serie tv. La Statua della Libertà gonfiabile, la Cadillac DeVille bianca, la tazza con il simbolo della giustizia, i cellulari usa e getta e gli altri elementi che si alternano nella sigla, voluta dai due ideatori e messa in opera dal montatore Curtis Thurber, richiamano gli spot realizzati da Saul per pubblicizzare la sua professione legale attraverso un’estetica kitsch che non resiste all’usura del tempo. Riversati su delle videocassette ormai logore, questi spot vengono avvolti e interrotti all’inizio di ogni puntata. Il passato, rimediato attraverso una tecnologia obsoleta, tenta di riemergere all’inizio di ogni puntata, ma con il progredire dei tentativi i ricordi si fanno sempre più sbiaditi. La loro illeggibilità si palesa nel momento in cui le linee temporali si allineano e la sovrapposizione tra le diverse identità del protagonista conducono quest’ultimo alla rovina. Non è un caso se, a livello dello sviluppo della trama, nell’incipit dell’episodio pilota Saul è intento a rivedere in tv, proprio grazie a una vhs, i suoi slogan da avvocato imbroglione e se è proprio grazie agli spot ancora disponibili in rete che quest’ultimo viene scoperto e incriminato (6×12).
Il tempo, accompagnato da specifici effetti cromatici, è il secondo livello a dover essere approfondito. Rispetto a BB, BCS è contemporaneamente un prequel – la linea narrativa principale è inerente alle vicende che precedono l’incontro di Saul Goodman con Walter White e Jesse Pinkman – e un sequel, in quanto la linea narrativa in bianco e nero, che prende il sopravvento a partire dal decimo episodio già menzionato, concerne gli avvenimenti successivi alla rottura del sodalizio con White e alla fuga di Saul da Albuquerque. Alle relazioni temporali tra le due serie, che approfondiscono i rapporti tra i personaggi e accendono le discussioni tra i fan, si affianca il trattamento discorsivo della temporalità specifico di BCS. Le sequenze in bianco e nero costituiscono dei flashforward rispetto alla cronologia degli avvenimenti narrati nella serie tv e di solito compaiono all’inizio delle puntate. Nelle ultime quattro puntate della sesta stagione, queste sequenze prendono il sopravvento, imponendo un cambiamento cromatico di forte impatto visivo e uno spostamento spazio-temporale altrettanto evidente, da Albuquerque in Nuovo Messico a Omaha in Nebraska, dalla nascita di Saul alla sua fuga e ulteriore trasformazione. Contestualmente, il colore viene reintrodotto nelle ultime puntate per marcare lo statuto di flashback che riportano il racconto e gli spettatori ad alcuni momenti importanti per l’evoluzione del protagonista e ne illuminano alcuni dettagli rimasti nell’ombra. Infine, questo processo di reversibilità nel trattamento delle linee temporali e nell’utilizzo del colore è riflessivamente tematizzato nella puntata finale di BCS. In “Conviene salutare Saul” sono ben tre i flashback a colori in cui il gioco sul e con il tempo è esplicitato attraverso il tema del viaggio temporale. Nel primo ritroviamo Saul durante la disperata traversata nel deserto assieme a Mike (5×08): i due intraprendono una conversazione sulla possibilità di poter ritornare alle fasi salienti della propria vita e riviverle agendo diversamente. Nel secondo flashback Saul discute di rimpianti con Walter in un rifugio, nell’attesa che entrambi possano cambiare identità e fuggire. Infine si ritorna nella casa di Chuck e ai classici battibecchi tra i due, ma questa volta, assieme alla spesa a domicilio, Jimmy (il passaggio a Saul è di là da venire) lascia all’irreprensibile fratello maggiore anche una copia del romanzo di H. G. Wells La macchina del tempo.
Anche la spazialità è attraversata da processi di reversibilità. Tra BB e BCS molti sono i luoghi topici che ritornano, tra cui il deserto, il camper-laboratorio nel quale Walter e Jessie iniziano la loro carriera di produttori e spacciatori di metanfetamina, lo studio legale di Saul, il fast food che funge da copertura per le attività illecite di Gustavo Fring. Ma al di là delle ricorrenze topografiche tra le due serie, alcuni spazi di BCS subiscono un trattamento tale da renderli dei luoghi del ritorno e della variazione. In essi le situazioni e le passioni si ripetono, a patto di subire delle trasformazioni. In particolare, nelle ultime due stagioni la casa di Kim e Saul è sia il luogo della routine, che i due intervallano ordendo le trame dei loro raggiri più eclatanti, sia l’ambiente violato da una minacciosa estraneità. Nelle ultime due puntate della quinta stagione Kim riesce a convincere Lalo Salamanca dell’innocenza del suo compagno e ad andarsene. Nel finale della settima puntata della sesta stagione, il narcotrafficante fa ritorno nell’abitazione e uccide Howard Hamlin, che nel frattempo aveva compreso il piano architettato dalla coppia per screditarlo. In queste sequenze si raggiungono i vertici della tensione narrativa, attraverso un sapiente utilizzo della drammaturgia, della scelta delle inquadrature e della costruzione del punto di vista sullo spazio dell’azione.
L’ultimo livello in cui si le forme si ripiegano su se stesse è la costruzione dei personaggi. In BB la trasformazione di Walt in Heisenberg è una parabola discendente e irreversibile. In BCS si scopre come il personaggio interpretato Bob Odenkirk, nonostante la triplice mutazione anagrafica dall’imbranato e poco promettente aspirante avvocato Jimmy McGill a Saul Goodman, il dispensatore di consigli legali che ogni criminale vorrebbe al proprio fianco, fino a Gene Takavic, l’anonimo e dimesso gestore di un Cinnabon in Nebraska, acquisisca la possibilità di invertire la sua maschera, riappropriandosi dei tratti caratteriali più consoni alle contingenze dell’intreccio. Il twist che precede il finale dell’ultima puntata della serie tv è il culmine delle strategie di camouflage messe in atto da questo personaggio durante la sua esistenza narrativa. Braccato e infine catturato dalla polizia, il protagonista di BCS rende due confessioni: la prima, in qualità di Saul Goodman, di fronte a una commissione di federali, la seconda, in cui rivendica il suo nome James McGill, durante l’udienza in tribunale alla quale è presente anche Kim. Se nella prima confessione Saul aveva ottenuto un patteggiamento e un notevole sconto di pena, durante l’arringa al processo James ritratta il suo statuto di vittima costretta a prendere parte alle macchinazioni di White e si dichiara suo complice. Saul è dunque costretto a scontare la sua pena, ma Jimmy sopravvive e potrà fumare, anche se in prigione, l’ultima sigaretta con la ritrovata Kim.
Dalla sigla alle temporalità dispiegate nel racconto, dalle ambientazioni fino ai personaggi che le popolano: ora che gli elementi di permanenza e trasformazione hanno rivelato la loro natura di ingranaggi interni a una strategia seriale in cui un mondo già noto si ripiega su stesso e al contempo si espande, non ci resta che rivedere lo spinoff.
Riferimenti bibliografici
J. Mittell, Better Call Saul: The Prestige Spinoff, in How to Watch Television (Second Edition), a cura di E. Thompson e J. Mittell, New York University Press, New York 2020, pp. 13-22.
V. Re, From Saul Bass to participatory culture: Opening title sequences in contemporary television series, in “Necsus. European Journal of Media Studies”, n. 1 (2016), pp. 149-175.
Better Call Saul. Ideatore: Vince Gilligan e Peter Gould; Interpreti: Bob Odenkirk, Jonathan Banks, Rhea Seehorn; produzione: High Bridge Productions, Crystal Diner Productions, Gran Via Productions, Sony Pictures Television; origine: USA, anno: 2015-in produzione.